"Noi sappiamo aspettare", dice mio nonno. Ha 80 anni, mi ha insegnato l'arte dell'attesa, io ho la metà dei suoi anni ed ho ancora tanto da imparare. L'attesa non è una cosa che viene naturale, non si può attendere alla leggera, non basta stare seduti. L'attesa chiede partecipazione, l'attesa vuole partecipazione. A volte serve a volte no, ma è importante che la partecipazione ci sia.
Al 50° post di questo blog auspicavo la caduta di Berlusconi, anche se a me sta più a cuore la caduta del berlusconismo. Avevo pensato ad un termine temporale più ampio di quanto non si prospetti adesso, al 100° post.
Chissà magari a breve potremo davvero ringraziare il grande complottatore, il tempo.
"Noi sappiamo aspettare" e presto o tardi questo "sistema" di non pensiero cadrà.
Già, perchè la domanda adesso è più evidente che mai, per quanto tempo ancora questo paese potrà accettare di essere governato da "un personaggio improprio", come lo definisce El Pais? Questo paese è disposto a perdere anche quel poco di credibilità di cui ancora dispone nei confronti degli altri Stati democratici? Per quanto tempo l'Italia potrà fare la corte a Putin, Gheddafi e Ahkmadinejad offendendo gli USA di oggi e l'Europa? Poi vengono le domande sulla mignottocrazia, quelle che fino all'altro ieri avevano divertito il presidente del consiglio e che oggi lo stanno distruggendo.
In 150 anni sono passate tante cose, nei prossimi 150 altrettante ne passeranno.
"Noi sappiamo aspettare." Prima toccherà a Berlusconi, poi dopo un paio di generazioni o forse di più, passerà anche il berlusconismo, e del "miglior politico" degli ultimi 150 anni resterà poco o niente.
"Noi sappiamo aspettare."
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