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martedì 20 febbraio 2018

Salentitudine

Salentitudine
M'incantano i passaggi, le porte di legno, marcio di sole e pioggia, le chiese lebbrose, i muri scorticati dal vento e incrostati di storie. Viavai di eterni viandanti, ante sgangherate attraversate da uomini, donne, animali, spiriti con il tempo fuori dai cardini. M'incanta la luce che urla e trafigge, coltre quieta al tramonto che tinge d’attesa i paesi di poche anime, le piazze stanche d'essere eterne, i muri bianchi di calce, pallidi fantasmi e tempo che crolla lento, l'accartocciarsi frettoloso delle foglie che fuggono i morsi del sole che brucia sassi e pelle. M'incantano i volti di pietra e le mani di contadini e pescatori, corteccia d'ulivo solcata di rughe e sentieri di mappe lacere di viaggi da raccontare. Il vento m'incanta che pettina gli alberi, le case dirute di desolate campagne, i muri a secco di pietre tenute insieme da tele di ragni, le piante timide e generose di segreti solo per reverendi custodi, la pioggia avara che lava sete antica e fango inghiottito da vore campestri, fiumi sotterranei e pozzi artesiani, sorgenti profonde che corrono nel mare madre ansimante che rimbrotta figli disattenti e terra rosso sangue, dorso di drago e scaglie d'arenaria e sterpi, canali secchi di giunchi e serpi. Volto d'ulivo ha la mia gente, pelle di cippo di vite, latte urticante di fico il sangue, fico d'india il cuore, irto di spine e di inattesa dolcezza. M'incanta la mia terra quando mi visita la sua memoria di odori di sugo della domenica, di canti non ancora spenti dai campi di tabacco, di donne velate e vecchi che masticano tempo.

giovedì 8 febbraio 2018

L'ignavia che evita disordini

«Mi creda, maestà, basterebbero quattro cannonate a farli scappare come lepri» Luigi Facta, 1922 Primo Ministro (dimissionario) del Regno, la mattina del 28 ottobre, quando venne ricevuto dal re. Il re rifiutò di controfirmare lo stato d’assedio, approvato dal consiglio dei ministri all’alba del 28 ottobre, seguirono le dimissioni di Facta, la marcia su Roma e l'inizio della dittatura fascista. Il re voleva evitare disordini, voleva evitare una guerra civile, consegnò l'Italia al fascismo e la destinò a quella guerra civile che voleva evitare. Le guerre civili non si evitano, si rinviano. O si stronca sul nascere il rischio di una guerra civile o la guerra civile si rimanda. L'ignavia del re di allora dice qualcosa sull'ignavia di oggi? Anche oggi si vogliono evitare disordini e per evitarli il detentore della forza, lo Stato, deroga al suo compito. Evita di schierarsi mantenendo una vergognosa equidistanza, se non a parole nei fatti. Si chiede che vengano sospese manifestazioni antirazziste e antifasciste anziché promuoverle, come se tra i principi fondativi di questo stato non ci fossero antirazzismo e antifascismo. La storia ci dice cosa è successo nel passato ma a saperla leggere ci dice anche cosa può succedere nel futuro.

lunedì 5 febbraio 2018

Il vecchio sarto

Steve McCurry, Tailor in Monsoon, Porbandar, India (1983).
Il tempo è un sarto meticoloso che ci prende le misure ogni giorno per cucirci addosso un abito che ci stia a pennello.
È un abito fatto di scampoli di memorie, rattoppi di storie, alcune felici, altre tristi, tutte ugualmente importanti. Senza quell'abito saremmo nudi, esposti alle intemperie.
Ognuno ha il suo abito, non si possono indossare abiti altrui.
Eppure a volte accade il miracolo di potersi scambiare i vestiti con qualcuno.
È un miracolo tremendo perché scambiarsi i vestiti può essere fatale se non è fatto con cautela e poi ci vuole attenzione a capire quali vestiti scambiarsi, perché non è possibile scambiarseli tutti. Per molti abiti è possibile solo dirsi a vicenda come ci stanno addosso e anche questo non è da poco.
Scambiarsi i vestiti è arte che si impara tra errori e speranze, quando il tragico miracolo accade si scambiano i vestiti della festa e quelli che si vorrebbe lasciare nell'armadio. I vestiti della buona e della cattiva sorte, fino a quando il vecchio sarto continuerà a prendere le misure.

giovedì 1 febbraio 2018

Della temperanza

Dettaglio dalla Temperanza di Piero del Pollaiolo, 1470
Metti anche ti tornasse essenziale oltraggiare somari, affronta la violenta intenzione, non inciampare, è utile non cadere ostaggio, giova lasciare inespresso ogni nascente epiteto.
Metti per esempio un soggetto che per sventura o altro accidente di natura rappresenti una quotidiana offesa all’intelligenza dei topi, mica puoi dargli impunemente del coglione! No, non puoi e non puoi neanche dare del coglione a chi lo segue, rischieresti di passare dalla parte del torto e di essere tacciato di propensione all’offesa e di scarsa attitudine all’argomentazione. Allora è meglio tacere, il silenzio farà di te una persona moderata e dedita alla virtù della temperanza.
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