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martedì 11 ottobre 2022

I fiori del cappero

“Io so per esperienza quanta bellezza portò seco Satana, quando cadde. Nessuno ha mai detto che gli angeli caduti fossero gli angeli brutti.“ Graham Greene, Il potere e la gloria.


Hai mai raccolto i capperi? La pianta del cappero è bassa, sembra eruttare dalla terra, come una polla verde. Ogni cappero è una goccia e per raccoglierli ti devi chinare. Li devi raccogliere uno ad uno, con la punta delle dita. Una leggera pressione delle unghie per tagliare il picciolo, senza strappare. Quando hai finito la raccolta fanno male le mani e la schiena. Così è nel mio confessionale. Raccolgo i peccati come i capperi, uno ad uno, schiena curva, senza strappare. Peccati innocenti, senza alcuna pretesa di guadagnarsi il paradiso con un perdono dispensato con malagrazia per avere osato considerare peccato una rivendicazione. Di questo passo si rischia il peccato di superbia!

Povera gente, se non avessero Dio con cui prendersela non avrebbero nessuno cui chiedere conto delle loro fatiche. Celebro messa con il vino di campagna, aceto nelle città e a volte prendo l’uno per l’altro. Abituato a mandare giù tutto neanche me ne accorgo, ché il corpo e il sangue di Cristo può avere le sue sante ragioni per essere di malumore e certo che deve averne di ragioni a vedere questa gente che attende la pioggia e poi ne arriva troppa, magari insieme alla grandine che distrugge tutto e sì che gli tocca invocare il sole come prima hanno chiamato l’acqua.

Come possono non prendersela con Dio se da lui vengono le promesse? Non doveva promettere fiumi di latte a questa gente abituata al vino guasto. Doveva dire “seguitemi anche se non so dove vi porto, ovunque sia ci arriveremo insieme.” Gli avrebbero chiesto “perché seguirti allora?” e lui avrebbe risposto “perché non avete nient’altro!”. Forse è proprio così che è andata ma poi hanno voluto credere ad altro. Si sa come succede tra gente ignorante. Dici una cosa e se ne capisce un’altra ed è quello che è successo visto il riverbero dell’incomprensione anche nelle alte sfere. Sono stati scritti poemi e divine commedie sul cammino ultraterreno quando qui crescevano i capperi e le mani per raccoglierli erano sempre di meno e facevano sempre più male.

Anch’io ho avuto le mie sviste. Ho studiato teologia per riconoscere Dio in un rospo nero e indurito al sole lungo una scala santa, aveva il volto del demonio e non vedere la somiglianza con quello che cercavo era la mia superbia. Ho studiato il pensiero dei senza Dio per capire che la rivolta era la preghiera di chi si sentiva abbandonato da Dio. Ho educato i miei occhi a vedere la luce che viene giù come acqua di temporale. Le cose e gli uomini non sono mai soltanto quello che dicono di essere.

Oh l’amore, va nominato con parsimonia, quasi pudore, come di una porta spalancata che lascia vedere segreti di famiglia che non si vuole far conoscere. La mia missione è parlare dell’amore e non ho mai conosciuto un Proteo più mutevole, sempre disposto a cambiare volto e abiti. Oggi si veste di acredine, in serata di odio, domani sarà di nuovo affetto e colpa e col passare delle ore il volto gli si infiamma d’ira e bastano pochi minuti perché abbia il volto sereno della buona morte. Quello è brutto come il peccato, si dice. Beata innocenza! Le cose non sono mai solo quello che sembrano.

Ho studiato a lungo per riconoscere i peccati e imparare a raccoglierli uno ad uno, prima che si aprissero, come fa il cappero con i suoi fiori. Hai mai visto i fiori dei capperi? Se non li hai mai visti non puoi capire la loro bellezza. È quasi un abuso chiedere a questa gente di pregare. Questa gente sgrana rosari di pietra per costruire case e ripari disseminati nelle campagne, perle unite da muri a secco in una collana di misteri che nessun libro di preghiere può svelare.







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