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venerdì 21 settembre 2018

La cattura del gatto [Note (37)]

Spesso la complessità dell’universo e in particolare della mente umana è posta a premessa della inevitabile assegnazione di ruoli morali e cognitivi perché l’universo veda sé stesso[1]. Al di là della facile confusione tra la nostra vanità e quella dell’universo mi pare che l’organizzazione possa essere più elegantemente, oltre che più coraggiosamente, concepita come un fardello dell’evoluzione dei sistemi complessi, biologici e non. Una volta imboccata una “biforcazione” (a decidere è la contingenza, non solo il fantomatico caso) se ne configurano altre possibili, mentre per altre si perde completamente e per sempre la possibilità che siano percorse. L’evoluzione dell’uomo, di cui andiamo così fieri, è storia di occasioni mancate, è storia di strade obbligate e svincoli imprevisti, anche di “scelte” sbagliate. Se l’universo voleva farsi guardare o meno questo non lo so dire, ma è certo che adesso non manco di dare una sbirciatina davanti a uno specchio, come è certo che non posso essere certo che lo avrei fatto se milioni di anni fa la savana non avesse preso il posto della foresta.

[1] Jean Guitton, Grichka Bogdanof, Igor Bogdanof, Dio e la scienza. Verso il metarealismo, Bompiani, 1994.

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