Quando ascolto un pezzo musicale al quale il mio orecchio è educato ne apprezzo le diverse sfumature, distinguo facilmente la lunghezza e il colore delle note e la distanza tra un suono e l’altro è musica essa stessa. Quando ascolto un genere musicale che mi è estraneo faccio fatica a distinguere un brano dall’altro. Per chi non ha paura dell’empirismo non è una novità che le capacità di discernere i diversi aspetti della realtà siano costruite attraverso l’esperienza e che la regolazione fine del nostro apparato percettivo sia il risultato dell’interazione biunivoca tra noi e l’ambiente in cui viviamo. Se questo è l’aspetto di microscala delle nostre percezioni che si sviluppa nell’arco di una vita non vi sono validi motivi per pensare che gli schemi percettivi non siano analoghi a macroscala, avvero nel contesto della sviluppo della sfera percettiva della specie umana. Questo gli antropologi lo hanno ampiamente dimostrato per le diverse popolazioni umane.
La capacità di distinguere i vari aspetti della realtà e la necessità o il bisogno di creare schemi di uniformità attraverso un processo di semplificazione, sono indissolubilmente legati alla facoltà di penetrare a fondo le faccende umane. L’uomo occidentale, lungi dal farsi sopraffare dalla straordinaria diversità degli uomini, li leva verso un modello, ovviamente altisonante, fatto di grandi eventi e di grandi uomini e nel processo di adeguamento tra le persone e il modello, solitamente sono le persone a perire.
E’ davvero inquietante riconoscere il possibile parallelismo tra lo schema di uniformità che emerge da una tale operazione di semplificazione e l’uniformità che emerge dall’incapacità di distinguere gli enti con cui abbiamo a che fare.
Nessun commento:
Posta un commento
Adoro lo scambio di opinioni e i commenti mi fanno molto piacere ma se stai scrivendo qualcosa che riterrò offensivo o di cattivo gusto allora il commento non avrà risposta e sarà cancellato.
Per evitare spam la moderazione è attiva solo per post pubblicati da più di 30 giorni.