Sono l’Impero alla fine della decadenza,
che guarda passare i grandi Barbari bianchi
componendo acrostici indolenti dove danza
il languore del sole in uno stile d’oro.
Soletta l’anima soffre di noia densa al cuore.
Laggiù, si dice, infuriano lunghe battaglie cruente.
O non potervi, debole e così lento ai propositi,
o non volervi far fiorire un po’ quest’esistenza!
O non potervi, o non volervi un po’ morire!
Ah! Tutto è bevuto! Non ridi più, Batillo?
Tutto è bevuto, tutto è mangiato! Niente più da dire!
Solo, un poema un po’ fatuo che si getta alle fiamme,
solo, uno schiavo un po’ frivolo che vi dimentica,
solo, un tedio d’un non so che attaccato all’anima!
Paul Verlaine, in Poesie, trad. di L. Frezza, Rizzoli, 1974
La poesia che diede il nome al grande movimento culturale dell'intero novecento è fin troppo onore per un omuncolo siffatto.
RispondiEliminaVero, ma vuoi mettere come suona bene quel "Sono l’Impero alla fine della decadenza"? E quel "Ah! Tutto è bevuto! Non ridi più, Batillo? / Tutto è bevuto, tutto è mangiato! Niente più da dire!", quando m'è tornata in mente questa mattina ho goduto come quando da piccolo mia mamma mi puliva le orecchie, non potevo non metterla, Verlaine capirà ;-)
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