Un amico mi fa notare che non ho scritto nulla sull'alluvione in Sardegna! Strana osservazione da rivolgere a uno che scrive quando, cosa e come gli pare senza alcuna regolarità. Ad ogni modo sulla faccenda quanto avevo da dire l'ho scritto in un commento all'ottimo post di Garbo. Il mio commento lo riporto qui ma sulla faccenda non ho altro da aggiungere né al mio amico né ad altri.
«Caro Garbo, questa "sciagura" è una delle tante, è l'ultima in ordine di tempo e non sarà l'ultima per molto tempo. Togli pure quel forse da "stiamo inquinando l'ambiente in cui viviamo in maniera, forse, già irreversibile", il nostro clima si sta tropicalizzando e se neanche il bacino mediterraneo è più in grado da fare da buffer agli sbalzi termici che originano i cicloni allora quel punto di non ritorno paventato da chi studia il clima è già alle nostre spalle. Metti questo in un paese come il nostro che tu descrivi in maniera pasolinianamente lucida e ad ognuno di questi "appuntamenti" con il cameriere della natura che presenta il conto risponderemo come in uno stucchevole refrain che ormai ha il sapore del déjà vu con le parole d'ordine della solidarietà, è il momento del cordoglio e non delle polemiche, raccogliamoci intorno al dolore e menate simili, buone per l'omelia domenicale di qualche prelato ma inutili per la giustizia terrena e ingiuriose per quella divina. E allora la si faccia finita una volta per tutte, che arrivi un ciclone e ci porti via tutti al più presto ma tutti veramente, non solo in questo paese dove ormai non vale la pena neanche di essere "disperatamente italiano", rimarrà alla terra il tempo di riprendersi da questo bubbone che è la specie sapiens. Non ho speso una parola per questa tragedia e non ne spenderò se non in questo commento, stiamo facendo morire questa terra di aterosclerosi, occludendo tutte le sue arterie, non ci sono più vasi sanguigni liberi per ossigenarla, per farla vivere e piangiamo morti annunciate ad ogni autorizzazione edilizia, per non parlare di condoni e di costruzioni abusive. Ebbene, io ho pianto ogni volta che vedevo una casa costruita troppo vicina ad un bacino fluviale o ogni volta che un alveo viene ristretto, ho pianto ogni volta che ho visto una nuova casa ai piedi del Vesuvio, piango ogni volta che vado nella spiaggia che frequentavo da piccolo e ci vedo sempre meno sabbia, piango ogni volta che vedo costruire una casa in campagna e case vuote nei paesi, piango per ogni albero di ulivo strappato alla sua terra o bruciato per fare posto ad un pannello solare o ad una strada inutile, piango in ognuna di queste occasioni. Adesso cosa ho da piangere? Cos'ho da rattristarmi? Per una tragedia annunciata da tempo? Adesso è solo elaborazione del lutto e io sono ben oltre la quinta fase della Kübler Ross. Un saluto caro Garbo.»
"Concludiamone dunque che il mondo sarebbe assai migliore se ciascuno si accontentasse di quello che dice, senza aspettarsi che gli rispondano, e soprattutto senza chiederlo né desiderarlo." José Saramago
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la penso come te...
RispondiEliminasebbene il dispiacere sia grande, ci sono circostanze che prescindono da noi...
Benvenuta, dalle poche poche parole che scrivi posso dire che non la pensi affatto come me. Io sottolineo proprio le circostanze che non prescindono da noi.
EliminaL'esempio di un giornalismo di serie C ha convinto le persone che si debba per forza parlare tutti delle stesse cose, e nello stesso modo. (Basti vedere i compitini da quinta elementare che tappezzano i nostri giornali per la ricorrenza tonda tonda rotondissima di Jfk).
RispondiEliminaBene hai fatto a tenerti fuori dal coro, e poi entrarvi un breve attimo per "stonare", cioè per dire cose oneste, intelligenti, difficili, sofferte e soprattutto scomode.
Caro Nicola ho a mio vantaggio il non avere alcun editore se non me stesso e il principio guida di non curarmi troppo di piacere. Non dico che "spiacere è il mio piacere" come Cyrano di Guccini ma quasi...
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