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venerdì 31 agosto 2018

La cattura del gatto [Note (17)]

In origine il diritto naturale ha avuto il merito di laicizzare il diritto togliendo la fondabilità dei principi giuridici dalla sfera divina per ricondurli alla sfera naturale. Il diritto naturale moderno si fa risalire al filone di pensiero illuministico del XVII secolo, sebbene siano note le matrici teologiche della filosofia scolastica, altra prova, se dovesse servire, che la moderna cultura laica si è nutrita delle briciole della teologia! Ad ogni modo, seppure con visioni differenti, i grandi giusnaturalisti del XVI e del XVII secolo (Grozio, Hobbes, Rousseau) fanno riferimento allo stato naturale per scongiurare il ricorso alle ragioni divine. La fondabilità del diritto naturale si richiama, sia pure in modi differenti, alla lezione della natura e all’oggettività di alcuni principi fondamentali come il diritto alla vita, alla libertà, “e così via”. Opposta alla corrente del diritto naturale vi è quella del diritto positivo, che si richiama alla determinazione storica dei principi giuridici e alla impossibilità di dedurli dalla natura, bensì dalla ragione.
In questi tempi di rigurgito religioso dopo il “fiero pasto” laico, diventa centrale, per chi si richiama a un’etica fondata sui valori religiosi, il goffo riferimento al diritto naturale. Un saggio di tale impostazione è stato dato da Clemente Mastella ad AnnoZero di Michele Santoro su Rai Due, in un appuntamento dedicato ai diritti civili e al confronto sui discussi PACS (NdA, gli appunti sono evidentemente datati, per fortuna adesso le cose stanno diversamente!). Nella trasmissione, ovviamente, si parlava anche del diritto di riconoscimento giuridico per le coppie di fatto, ma di fronte alla domanda di un ragazzo di 21 anni se tenere la mano del proprio compagno durante la malattia può dirsi atto che rovina la famiglia tradizionale, il ministro di Grazia e Giustizia ha faticosamente, e anche nervosamente se i rapidi movimenti degli occhi rivelano ancora qualcosa, invocato i principi del diritto naturale dicendo che il saccente ragazzo affastellava una serie di argomenti che non potevano stare insieme. Che dire di fronte a queste “superbe fole”?, “Non so se il riso o la pietà prevale”, diceva sconsolato il poeta.
Ma tentando di far prevalere il riso, ricordo che in quella occasione il ministro ha dichiarato di aver studiato filosofia per un certo periodo della sua vita e che successivamente ha dovuto smettere. A parte essere stato preso da insana curiosità nel chiedermi a quale filosofo fosse arrivato il signor ministro negli studi prima di imboccare altra strada, mi è tornata in mente la famosa frase di Jean Paul Sartre, un filosofo successivo ad Agostino di Tagaste, che sosteneva: “siamo condannati ad essere liberi”. Ai signori del potere in vesti laiche e di altra foggia potrebbe essere utile (anche se sospetto fortemente della riuscita dell’impresa) far sapere che non si chiede che questo, scontare la nostra pena, come tutti del resto!

4 commenti:

  1. Se la memoria non l'inganna, Mastella dichiarò una volta in tv ad Augias di essersi laureato in filosofia con una tesi su Gramsci.

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  2. Come dicevo gli appunti sono datati, forse del 2007. Si sarà preso un anno sabbatico per completare gli studi e contribuire così a quello spreco di carta filigrana che attualmente sono le università italiane ridotte a laureifici di emeriti somari.

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  3. (Intendevo scrivere "Se la memoria non m'inganna". Colpa del correttore automatico).

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  4. Mi piaceva più l'idea che fosse un lapsus calami... che poi con la tastiera è pure altra cosa...

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