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sabato 25 agosto 2018

La cattura del gatto [Note (15)]

Un aspetto che ho trovato rilevante dei Dialoghi sulla religione naturale di Hume è relativo alla domanda se “questo lieve moto del cervello”[1], ovvero il pensiero, possa racchiudere la realtà dell’universo. Qui si manifesta il dubbio sulla capacità del pensiero di comprendere la realtà universale. Kant porterà a sublimi vertici questo assunto e dovrà colmare le lacune della ragion pura con gli imperativi della ragion pratica. Dopo i grandi filosofi dell’Illuminismo, che indagano al limite del pensiero umano è la volta dell’idealismo tedesco che, insoddisfatto dei risultati raggiunti, abbatte i confini di quel limite per fare del pensiero espressione totale dell’esistente.
Il pensiero, in barba a quanti lo vogliono espressione ultima dell’autoriflessività dell’essere, è innanzitutto modalità dell’interazione tra enti assoggettati dalla contingenza del presente. Abitiamo le gabbie del passato e sogniamo la libertà del futuro congiungendo queste dimensioni del tempo con linee rette facili da tracciare, ma la vita è il regno della contingenza e noi siamo i suoi sudditi ribelli che ogni giorno hanno il dovere di ordire rivoluzioni di cui ignoreremo l’esito. Questo è il nostro èschaton.

[1] D. Hume, Dialoghi sulla religione naturale, in La religione naturale, Editori Riuniti, 2006, p. 73.

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