E' estremamente facile licenziare 200 persone, ancora più facile se si tratta di 200 risorse umane, se poi si tratta di 200 unità lavorative allora è proprio una passeggiata. E' così che le cose drammatiche diventano facili facili. Probabilmente è un modo per rimuovere un evento drammatico dall'orizzonte della propria emotività, probabilmente è l'unico modo di esprimersi di una emotività ormai afona, probabilmente è ciò che resta dopo la soppressione dell'emotività. (A scanso di equivoci e per farla breve io intendo per emotività ogni esperienza cognitiva intima e profonda che mi pone in relazione empatica con l'altro, un'esperienza che muove dal riconoscimento consapevole della propria inevitabile incompletezza e che cerca nell'altro, altra faccia di me stesso, il proprio complemento).
In un tempo lontano, diciamo tra 5 e 10 anni prima, un Ente statale prende 200 soggetti, tutti con la loro esperienza di lavoro, a volte pluriennale, gli fa un contratto come lavoratori a progetto, come collaboratori coordinati, collaboratori a partita IVA, li fa lavorare in attività istituzionali, di quelle attività la cui rilevanza, anche economica, richiede una continuità contrattuale compatibile con un contratto a tempo indeterminato, ma questi sono dettagli per gente naif (così si rischia di essere etichettati oggi se si ha ancora un codice etico).
Naturalmente il lavoro che fanno non è compatibile con altri incarichi, l'Ente chiede l'esclusiva e anche se non sono pagati tanto non possono crearsi una rete di relazioni professionali che assicuri un altro lavoro. Questi soggetti credono e gli hanno fatto credere, a buona ragione, che quello che fanno non può essere in alcun modo sospeso per cui il loro contratto sarà sempre rinnovato ed un giorno, chissà, saranno definitivamente assunti dopo un concorso. Invece ad un certo punto il loro contratto viene lasciato scadere, nel silenzio assordante dei più ed il giorno dopo i duecento non hanno più lavoro.
Dopotutto erano lavoratori a progetto, in tutti questi anni avrebbero dovuto abituarsi alle intemperie della flessibilità!
Visto! Non è così difficile. Basta un artificio linguistico, basta parlare di un gruppo di soggetti.
Più difficile, assai più difficile è passarle in rassegna tutte e 200 queste persone, con i loro nomi e cognomi, con le loro biografie, le loro aspirazioni, le loro storie familiari, le loro storie individuali. Cominciare con il primo e proseguire uno dopo l'altro, lentamente, fino all'ultimo:
Chiara A. 35 anni, lavora nello stesso istituto da 5 anni, è una biologa, adora il suo lavoro ed ha un compagno, vorrebbero cambiare casa ma non possono avere un mutuo, anche lui lavora in maniera saltuaria ....
Lucia C. 41 anni, ingegnere ambientale, lavora da 7 anni nello stesso istituto, sua madre non sta bene e non sa nulla che lei sta per perdere il lavoro, Lucia non le ha detto nulla per non farla preoccupare....
Alfredo S. 50 anni, sistemista di rete, lavora nello stesso istituto da 8 anni, è sposato ed ha una bambina di 6 anni, non sa come dire a sua moglie che domani non andrà al lavoro....
Raffaele R., 36 anni, è un chimico e lavora nello stesso istituto da 6 anni, vive con i suoi ma vorrebbe andare a vivere per conto suo, suona la chitarra, si è innamorato ma non si sente ancora pronto....
Luca A. 40 anni, lavora nello stesso istituto da 7 anni, è uno statistico, ha due figli, è divorziato, sua moglie non riusciva a vivere una condizione di continua instabilità professionale, lui vorrebbe un'altra famiglia ma ha paura che si ripeta la stessa storia che ha già vissuto....
Maria L. 37 anni, lavora nello stesso istituto da 5 anni, quando si è laureata in fisica ha promesso ai suoi genitori che li avrebbe aiutati a ristrutturare la loro casa in campagna, ma a Roma la vita è cara e da quando si è trasferita per il lavoro non riesce a mettere da parte molti risparmi....
Federica V. 39 anni, è una biologa marina ed è appassionata del suo lavoro, quando 9 anni fa è entrata in questo istituto ha pensato che aveva una grande responsabilità, sono più di dieci anni che continua a viaggiare tutti i fine settimana per stare con la sua famiglia, vorrebbe comprare una casa qui ma nessuna banca è disposta a darle un mutuo, il suo contratto non lo consente....
Michele G. 37 anni, lavora nello stesso istituto da 5 anni, esperto informatico, vorrebbe....
E via e via e via, uno dopo l'altro fino al duecentesimo. Ci vorrebbe qualche ora solo a nominarli tutti dedicandogli poche righe per ciascuno. Alla fine ne saremmo stremati, solo con pochi cenni per ciascuno.
Invece è molto più facile dire che 200 unità erano in sovrannumero e che le esigenze di ottimizzazione delle risorse richiedevano un taglio delle unità lavorative.
Oggi nell'Istituto dove lavoro è successo questo, i vertici dirigenziali, inerti e invisibili, hanno onorato le esigenze dell'ottimizzazione del budget ed hanno lasciato scadere 200 contratti. Il ministero vigilante di cui l'istituto è l'organo tecnico non si è espresso. Del resto non è scontato che un ministro faccia gli interessi di un istituto pubblico quando si sta dando tanto da fare per far passare le attività dell'istituto pubblico ad uno privato con fondi pubblici!
Per loro licenziare 200 unità lavorative è stato facile facile, senza troppi dolori. Si tratta di numeri, i conti devono quadrare, e dopo, tutti a bere una birra e fare due rutti, con la mano sulla bocca perché è gente educata e solitamente veste bene.
Invece per me:
Chiara A. 35 anni, lavora nello stesso istituto da 5 anni, è una biologa, adora il suo lavoro ed ha un compagno, vorrebbero cambiare casa ma non possono avere un mutuo, anche lui lavora in maniera saltuaria....
Domani non avrà il suo lavoro.
Lucia C. 41 anni, ingegnere ambientale, lavora da 7 anni nello stesso istituto, sua madre non sta bene e non sa nulla che lei sta per perdere il lavoro, Lucia non le ha detto nulla per non farla preoccupare....
Domani non avrà il suo lavoro.
Alfredo S. 50 anni, sistemista di rete, lavora nello stesso istituto da 8 anni, è sposato ed ha una bambina di 6 anni, non sa come dire a sua moglie che domani non andrà al lavoro....
Domani non avrà il suo lavoro.
Raffaele R., 36 anni, è un chimico e lavora nello stesso istituto da 6 anni, vive con i suoi ma vorrebbe andare a vivere per conto suo, suona la chitarra, si è innamorato ma non si sente ancora pronto....
Domani non avrà il suo lavoro.
Luca A. 40 anni, lavora nello stesso istituto da 7 anni, è uno statistico, ha due figli, è divorziato, sua moglie non riusciva a vivere una condizione di continua instabilità professionale, lui vorrebbe un'altra famiglia ma ha paura che si ripeta la stessa storia che ha già vissuto....
Domani non avrà il suo lavoro.
Maria L. 37 anni, lavora nello stesso istituto da 5 anni, quando si è laureata in fisica ha promesso ai suoi genitori che li avrebbe aiutati a ristrutturare la loro casa in campagna, ma a Roma la vita è cara e da quando si è trasferita per il lavoro non riesce a mettere da parte molti risparmi....
Domani non avrà il suo lavoro.
Federica V. 39 anni, è una biologa marina ed è appassionata del suo lavoro, quando 9 anni fa è entrata in questo istituto ha pensato che aveva una grande responsabilità, sono più di dieci anni che continua a viaggiare tutti i fine settimana per stare con la sua famiglia, vorrebbe comprare una casa qui ma nessuna banca è disposta a darle un mutuo, il suo contratto non lo consente....
Domani non avrà il suo lavoro.
Michele G. 37 anni, lavora nello stesso istituto da 5 anni, esperto informatico, vorrebbe....
Domani non avrà il suo lavoro.
E via e via e via, uno dopo l'altro, lentamente, fino al duecentesimo.
"Concludiamone dunque che il mondo sarebbe assai migliore se ciascuno si accontentasse di quello che dice, senza aspettarsi che gli rispondano, e soprattutto senza chiederlo né desiderarlo." José Saramago
martedì 30 giugno 2009
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Mi hai fatto venire un groppo in gola...
RispondiEliminaa me una gran voglia di scappare via. da tutto.
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