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mercoledì 12 dicembre 2012

Io antidemocratico? Allora fuori dalle palle!

"La reazione immediata dei commentatori occidentali al crollo del sistema sovietico fu che esso ratificava il trionfo permanente sia del capitalismo sia della democrazia liberale, due concetti che gli analisti nordamericani meno sofisticati tendevano a confondere. [...] D’altro canto nessun osservatore serio nei primi anni ’90 potrebbe essere così ottimista sul futuro della democrazia liberale come lo è su quello del capitalismo. Il massimo che si possa prevedere con una certa fiducia (tranne, forse, per i regimi fondamentalisti di carattere teocratico) è che in pratica tutti gli stati continueranno a proclamare il loro profondo attaccamento alla democrazia, a organizzare elezioni di qualche tipo, a tollerare un’opposizione soltanto formale, proprio mentre ciascuno di essi interpreterà a suo modo la democrazia." Eric J. Hobsbawm, Il secolo breve. 1914-1991. BUR, 1997, pagg. 663-664.

"L'epilogo è stato la vittoria, che ha prospettive di lunga durata, di quella che i Greci chiamavano la «costituzione mista», in cui il «popolo» si esprime ma chi conta sono i ceti possidenti: tradotto in linguaggio più attuale, si tratta della vittoria di una oligarchia dinamica e incentrata sulle grandi ricchezze ma capace di costruire il consenso e farsi legittimare elettoralmente tenendo sotto controllo i meccanismi elettorali. Scenario beninteso limitato al mondo euro-atlantico e ad «isole» ad esso connesse nel resto del pianeta. Pianeta che, altrove, viene messo in riga le armi in pugno. [...]
[...] Per parte sua, anche la democrazia ha avuto i suoi momenti di grandezza. [...] Ma questi momenti alti non hanno alla fine prevalso se non temporaneamente. La democrazia (che è tutt'altra cosa dal sistema misto) è infatti un prodotto instabile: è il prevalere (temporaneo) dei non possidenti nel corso di un inesauribile conflitto per l'eguaglianza, nozione che a sua volta si dilata storicamente ed include sempre nuovi, e sempre più contrastati, «diritti»." Luciano Canfora, La democrazia. Storia di un'ideologia. Laterza, 2004, pagg. 331-332.

"Data la difficoltà di sostenere una qualche forma di democrazia che si avvicini al modello più ambizioso, bisogna accettare come inevitabile il declino della fase democratica, fatte salve nuove fasi di crisi e cambiamento che consentano un nuovo impegno o, il che è più realistico in una società in cui sia stato raggiunto il suffragio universale, l'emergere all'interno del sistema esistente di nuove identità in grado di mutare le forme della partecipazione popolare. [...] Per la maggior parte del tempo, tuttavia dobbiamo aspettarci una condizione di entropia della democrazia. [...] E' probabile che in futuro molte delle conquiste relative alla trasparenza dei governi fatte negli anni Ottanta e Novanta saranno revocate, tranne quelle che sono essenziali agli interessi finanziari." Colin Crouch, Postdemocrazia. Laterza, 2003, pag. 17.

***

Che la democrazia sia in crisi si sa da tempo. Questo è un argomento serio che ha impegnato e impegna molti pensatori, ognuno con la sua prospettiva, ma devo ammettere che nessuno ha esposto la crisi della democrazia, anzi la morte della democrazia, più chiaramente di Beppe Grillo. Adesso restiamo in attesa di qualche milione di veri democratici, di autentici sacerdoti della purezza grillina che voteranno il movimento a 5 stelle.

E' possibile immaginare che questo paese non si meriti di passare da un conducator all'altro? E' ragionevole desiderare un popolo che si appassioni agli argomenti di chi parla con la testa e con un po' di cuore anziché alle persone che parlano solo con la pancia? E' ancora possibile sperare che chiunque voglia impegnarsi in politica, direttamente o indirettamente, lo faccia avendo la consapevolezza che è una materia complessa, che merita una visione complessa e non quattro battutine messe in fila in un monologo scatarrato in un blog o in faccia ad un pubblico desideroso di cambiamento e qualche vaffanculo?

***

Per reverenza nei confronti di un Maestro devo dire che Norberto Bobbio era molto critico nei confronti delle tesi sulla fine della democrazia nonostante fosse ben consapevole delle promesse non mantenute della democrazia. Nella nota all'edizione del 1995 di Il futuro della democrazia (Einaudi, 1995) scriveva:
"Ed ecco che, mentre stavo scrivendo queste pagine, arriva sul mio tavolo la traduzione italiana di un libriccino francese che ha per titolo La fine della democrazia, e comincia con questa domanda «Sopravviveranno le democrazie sino al 2000?» Non vorrei sbagliare, ma è una caratteristica dei periodi di decadenza il vezzo di abbandonarsi, compiacendosene o deplorandola, all'idea della fine. Ieri abbiamo sentito parlare addirittura della fine della storia. L'altro ieri, di fine della rivoluzione. Da alcuni anni, di fine del mito del progresso. Chi ritiene che sia cominciatà l'età post-moderna, proclama la fine della modernità. L'idea della fine della democrazia rientra perfettamente in questo nuovo millenarismo. C'era da aspettarselo. La fine della democrazia è però soltanto una congettura esattamente come quella opposta. Non ho argomenti razionali sufficientemente fondati per difendere la prima ipotesi piuttosto che la seconda. Soltanto, se cerco di seguire non la mia debole facoltà di capire e quella ancor più debole di prevedere, ma la mia forte facoltà desiderare e, nonostante tutto, di sperare, non ho dubbi sulla risposta."

Io sono meno progressista di Bobbio, del resto anche le mie facoltà di capire e prevedere sono ancora più deboli di quelle di Bobbio ma "la mia forte facoltà desiderare e, nonostante tutto, di sperare" mi impone un approccio ben preciso nei confronti della democrazia. Un grande analista delle dinamiche sociali come Gaetano Mosca "fece ricorso, a sostegno della sua tesi, certo pessimistica, dell'inesistenza della democrazia, «all'apologo - come scrive - di quel padre che morendo confidava ai figli che nel campo avito era sepolto un tesoro, ciò che fece sì che quelli ne sollevassero tutte le zolle, non trovando il tesoro ma aumentando notevolmente la fertilità del terreno». L'apologo può essere messo a frutto in molti modi, per esempio a sostegno della tesi che la fiducia nella possibile esistenza della democrazia ha di per sé effetti migliorativi («democratici» appunto); certo esso esprime bene l'inesistenza fattuale, e insieme l'indispensabilità della «democrazia» (beninteso nel suo senso pieno e originario)". Luciano Canfora, op. cit., pag. 333.

6 commenti:

  1. Mi sembra che tutto il post, interessantissimo, sia una premessa chiara alla (alle?) democrazia che ci aspetta, ogni volta che giriamo l'angolo sempre più personificata.
    Ciao, che dio ce la mandi buona, perché buona da altri è inutile aspettarsela.

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  2. Letto il tuo post molto accuratamente mi convinco
    ogni giorno di più che stiamo amdando incontro a brutti tempi ed io tremo ma non per me in quanto ormai sono arrivato al capolinea, ma per i più giovani, i ragazzi. Che fine farete/faranno?

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  3. Mi sa che hai proprio, proprio ragione.

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  4. La "democrazia" che temo, oltre a quella governata dagli interessi finanziari, è anche quella della banalizzazione, quella di chi dice che "la politica è una cosa semplice, se hai i soldi fai altrimenti non fai", Grillo dixit, è quella di chi ha solo una dimensione territoriale e pensa di poterla estendere a scala nazionale. Saranno anche tanto simpatici e impegnati i militanti di M5S ma oltre a non volere inceneritori e farsi il dentifricio in casa molto probabilmente un paese ha altri temi da affrontare! Da parte mia comincerò a prendere sul serio questa gente quando parleranno di politica economica e fiscale, di politica estera, di diritti civili e temi etici, di politica del lavoro e delle pensioni, di istruzione e ricerca, di politica energetica e industriale, tutte cose di cui non hanno mai speso una parola e quando Grillo lo ha fatto ha mostrato una strana parentela con la Lega. Hanno parlato e straparlato di ambiente ma non basta dire che vogliono le rinnovabili, anch'io voglio le rinnovabili ma il paese non va avanti solo con le rinnovabili, ha bisogno anche di altro, forse non se ne sono accorti perché troppo innamorati del loro capo e quelli meno innamorati e dotati di "quel tarlo mai sincero che chiamano pensiero" se ne stanno accorgendo adesso. Non è mai troppo tardi.

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  5. La democrazia necessita di due ingredienti ineliminabili: la partecipazione e la formazione del cittadino. Nell’antica Atene la partecipazione era diretta, chiunque avesse qualcosa da dire o aspirasse a fare qualcosa, poteva farlo nel foro, poteva farsi ascoltare da tutti, poteva cercare il consenso per realizzare la sua idea. Questo tipo di democrazia aveva bisogno di un limite territoriale e di persone che potevano partecipare a pieno titolo (infatti era applicabile solo alla polis, che riteneva assurdo espandere i propri confini ed estendere il suo territorio occupandone un altro, ma non era assurdo estendere la propria influenza, proporsi come modello, e non a tutti i residenti, solo ai cittadini liberi, per cui venivano esclusi tutti coloro che non avevano entrambi i genitori ateniesi e gli schiavi).
    E aveva bisogno di una cultura etica che fosse capace di educare cittadini attivi e non sudditi, persone orgogliose di appartenere a quella città, orgogliose di essere state educate in quel modo e orgogliose di poter partecipare in prima persona alla cosa comune, piuttosto che darsi un tiranno e un padrone.
    Se, tutto sommato, oggi si potrebbe, con qualche accorgimento, con l’oculato uso della rete e creando una nuova grammatica del dialogo virtuale, ovviare al problema della partecipazione e permettere (anzi, obbligare) chiunque a partecipare alla cosa pubblica, a dedicare del tempo agli interessi comuni, magari riappropriandoci del tempo libero come facevano gli antichi greci grazie agli schiavi (noi potremmo farlo grazie alle macchine che svolgono il lavoro al posto nostro).
    Certo, niente a che vedere con l’attuale esercizio del voto che diventa un gesto di fiducia che spesso cade nel vuoto e che va a persone che non conosci, niente a che vedere con la “libertà dal vincolo di mandato”. Ma come, tu mi rappresenti e sei libero dal vincolo di mandato? Ma che democrazia è mai questa? Dovresti essere il mio rappresentante, dovresti consultarti con la tua base costantemente, non incassare il voto e capitalizzarlo in Parlamento, offrendolo al maggior offerente e trattando i tuoi elettori come pecore che hai già tosato e di cui stai andando a vendere la lana al mercato.
    Sull’educazione sono più scettico, abbiamo smarrito ogni eticità nell’insegnamento, oggi si formano burocrati non cittadini liberi, si creano consumatori e non persone fiere e mature, si privilegia l’insicurezza, l’instabilità, l’incoerenza, l’aggrapparsi alle concrete cose materiali piuttosto che avere il coraggio di osare i propri sogni e le proprie fantasie.
    Grillo è una forma apparentemente nuova, ma non inedita, del paradosso del potere; è paradossale l’affermazione che citi tu nel tuo post, come è paradossale che Fiorito aveva a suo tempo lanciato le monetine a Craxi e non si fosse reso conto di quanto fosse craxiano egli stesso, fino a quando si è trovato sul bordo anche lui delle monetine.
    Paradossale è chi festeggia i trionfi del capitalismo e del liberalismo all’indomani della caduta del sistema sovietico, senza rendersi conto di quanto i destini dell’uno fossero intrecciati a quelli dell’altro, di come ad una crisi profonda del primo sarebbe inevitabilmente seguita la crisi profonda dell’altro (e la crisi di oggi lo dimostra, ma forse la si poteva prevedere quando c’è stato l’esodo verso occidente dopo la caduta delle barriere est-ovest).
    E’ confermata dall’ormai ventennale balletto fra il PD di D’Alema, Occhetto, Fassino, Bersani, e il PDL di Berlusconi, si sostengono a vicenda, la vittoria di Bersani ha riesumato un Berlusconi (a proposito, con quegli occhi a mandorla mi chiedevo a quale dinastia del Celeste Impero appartenga: secondo te è un Xin, un Ming, o un Liao?), così come la vittoria di Veltroni e prima di lui quella di D’Alema e ancor prima quella di Occhetto.
    Ciao, buon fine settimana.

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  6. Caro Garbo rispondo solo su alcuni punti del tuo commento. "Senza vincolo di mandato" non significa né ha mai significato che l'eletto fa quello che gli pare, è stato il risultato di una composizione dei conflitti che come sempre avviene nel diritto non può mai essere definitiva. Si poneva l'esigenza di affermare l'autonomia dell'eletto da pressioni lobbistiche del proprio stretto elettorato perché emergesse il ruolo di rappresentante dell'intera nazione. I Costituenti avevano questo in testa non "una volta eletto fai quello che ti pare".
    Riguardo agli occhi a mandorla non so dirti non mi occupo di ufologia! Non so se la riesumazione sia dovuta a Bersani, temo che se avesse vinto Renzi avremmo avuto la progenie, ad ogni modo avremo modo di vedere.
    Un'ultima nota, solo per provocare, non credo si sia riflettutto mai abbastanza sul fatto che la democrazia è stata concepita in una società che ammetteva la schiavitù, forse molti dei suoi vizi o delle sue promesse mancate hanno le loro radici in quel peccato originale!
    Buona domenica a te.

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