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venerdì 19 dicembre 2014

Buone feste

Perché non si dica che il mio blog tace durante le feste natalizie...
Con i miei sinceri auguri di buone feste vi lascio anche alcune "preghiere" tratte da un libro di qualche tempo fa. E' un testo satirico del 1887 di Paul Lafargue ma nella farsa Lafargue intravede già la tragedia descritta da Walter Benjamin pochi decenni dopo.

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ORAZIONE DOMENICALE

Capitale, padre nostro, che siete di questo mondo, Dio onnipotente, che cambiate il corso dei fiumi e bucate le montagne, che separate i continenti e unite le nazioni; creatore delle merci e fonte di vita, che comandate ai re e ai sudditi, ai padroni e ai salariati, che il vostro regno si stabilisca su tutta la terra.
Dateci molti compratori che prendano le nostre merci, quelle cattive e anche quelle buone;
Dateci dei lavoratori miserabili che accettino senza ribellarsi tutti i lavori e si accontentino del più vile salario;
Dateci dei babbei che credano nei nostri prospetti;
Fate che i nostri debitori paghino interamente i loro debiti e che la Banca sconti i nostri effetti;
Fate che la prigione di Mazas non si apra mai per noi e allontanate da noi il fallimento;
Accordateci rendite perpetue.
Amen.


CREDO

Io credo nel Capitale che governa la materia e lo spirito;
Io credo nel Profitto, suo figlio legittimissimo, e nel Credito, lo Spirito Santo, che procede da lui ed è adorato assieme a lui;
Io credo nell'Oro e nell'Argento, che, torturati nella Zecca, fusi nel crogiolo e strappati al bilancista, ricompaiono al mondo come Moneta legale e che, divenuti troppo pesanti, dopo aver circolato su tutta la terra, discendono nei depositi della Banca per risuscitare come Carta-moneta;
Io credo nella Rendita al cinque per cento, al quattro e anche al tre per cento e nell'autentico Listino dei valori;
Io credo nel Gran Libro del Debito pubblico, che garantisce il Capitale dai rischi del commercio, dell'industria e dell'usura;
Io credo nella Proprietà individuale, frutto del lavoro altrui, e nella sua durata fino alla fine dei secoli;
Io credo nell'Eternità del Salariato che toglie al lavoratore le preoccupazioni della proprietà;
Io credo nel Prolungamento della giornata lavorativa e nella Riduzione dei salari e anche nella Adulterazione dei prodotti;
Io credo nel sacro dogma: COMPRARE A BUON MERCATO E VENDERE CARO; e similmente io credo negli eterni princìpi della nostra santissima chiesa, l'Economia politica ufficiale.
Amen.


SALUTAZIONE

(Ave Miseria)
Salve, Miseria, che schiacciate e soffocate il lavoratore, che dilaniate le sue viscere con la fame, infaticabile tormentatrice, che lo condannate a vendere la sua libertà e la sua vita per un boccone di pane; che spezzate lo spirito di rivolta, che infliggete al produttore, a sua moglie e ai suoi figli i lavori forzati dei penitenziari capitalisti, salve, Miseria, piena di grazia.
Vergine santa, che generate il Profitto capitalista, dea temibile che ci consegnate la classe avvilita dei salariati, siate benedetta.
Madre tenera e feconda di Superlavoro, generatrice di rendite, vegliate su di noi e sui nostri cari.
Amen


ADORAZIONE DELL'ORO

Oro, merce miracolosa, che porti in te le altre merci;
Oro, merce primigenia, in cui si converte ogni merce;
Dio che sa tutto misurare,
Tu, la perfettissima, la idealissima materializzazione del Dio capitale,
Tu, il più nobile, il più magnifico elemento della natura,
Tu, che non conosci né la muffa né le tarme né la ruggine;
Oro, inalterabile merce, fiore fiammeggiante, radioso sprazzo, sole risplendente; metallo sempre vergine, che, strappato alle viscere della terra, l'antica madre delle cose, ritorni a nasconderti, lontano dalla luce, nelle casseforti degli usurai e nelle cantine della Banca e che, dal fondo del nascondiglio dove ti pigi, trasmetti alla vile e miserabile carta la tua forza che raddoppia e decuplica;
Oro inerte, che muovi l'universo, dinanzi alla tua sfavillante maestà i secoli viventi s'inginocchiano e ti adorano umilmente;
Concedi la tua grazia divina ai fedeli che ti implorano e che, per possederti, sacrificano l'onore e la virtù, la stima degli uomini e l'amore della donna del loro cuore e dei figli della loro carne, e che sfidano il disprezzo di se stessi.

Oro, signore sovrano, sempre invincibile, tu l'eterno vittorioso, ascolta le nostre preghiere;
Costruttore di città e distruttore d'Imperi;
Stella polare della morale;
Tu, che detti la legge alle nazioni e che pieghi sotto il tuo giogo i papi e gli imperatori, ascolta le nostre preghiere;
Tu, che insegni ai saggi a falsificare la scienza, che persuadi la madre a vendere la verginità del figlio e che costringi l'uomo libero ad accettare la schiavitù della fabbrica, ascolta le nostre preghiere;
Tu, che compri le sentenze dei giudici e i voti dei deputati, ascolta le nostre preghiere;
Tu, che produci fiori e frutti sconosciuti alla natura;
Che semini i vizi e le virtù;
Che generi le arti e il lusso, ascolta le nostre preghiere;
Tu, che prolunghi gli anni inutili dell'ozioso e che abbrevi i giorni del lavoratore, ascolta le nostre preghiere;
Tu, che sorridi al capitalista nella sua culla e che strappi il proletario al seno di sua madre, ascolta le nostre preghiere.

Oro, viaggiatore infaticabile, che ami i raggiri e i cavilli, esaudisci i nostri desideri;
Interprete di tutte le lingue,
Intermediario sottile,
Seduttore irresistibile,
Campione degli uomini e delle cose, esaudisci i nostri desideri;
Messaggero di pace e fautore di discordie;
Distributore del divertimento e del superlavoro;
Consigliere della virtù e della corruzione, esaudisci i nostri voti;
Dio della persuasione, che fai udire i sordi e sciogli la lingua ai muti, esaudisci i nostri desideri;
Oro maledetto e invocato da innumerevoli preghiere, venerato dai capitalisti e amato dalle cortigiane, esaudisci i nostri desideri;
Dispensatore dei beni e delle disgrazie;
Maledizione e gioia degli uomini;
Guarigione dei malati e balsamo dei dolori, esaudisci i nostri voti;
Tu, che streghi il mondo e perverti la ragione umana;
Tu, che abbellisci la laidezza e eviti le disgrazie;
Difensore universale, che rendi onorevoli la vergogna e il disonore e che rendi rispettabile il furto e la prostituzione, esaudisci i nostri desideri;
Tu, che attribuisci alla viltà la gloria dovuta al coraggio;
Che concedi alla laidezza gli omaggi dovuti alla bellezza;
Che alla decrepitezza fai dono dell'amore dovuto alla giovinezza;
Mago malefico, esaudisci i nostri desideri;
Demonio che scateni l'omicidio e spingi alla follia, esaudisci i nostri desideri;
Fiaccola che rischiara le strade della vita;
Guida e protettore, e salvezza dei capitalisti, esaudisci i nostri desideri.

Oro, re di gloria, sole di Giustizia;
Oro, forza e gioia della vita. Oro, illustre, vieni a noi;
Oro, amabile per il capitalista e temibile per il produttore, vieni a noi;Specchio dei piaceri;
Tu, che doni ai fannulloni i frutti del lavoro, vieni a noi;
Tu, che riempi le cantine e i granai di coloro che non zappano né potano le vigne; di coloro che non lavorano né mietono, vieni a noi;
Tu, che nutri di carne e di pesce coloro che non portano al pascolo le greggi né sfidano le tempeste in mare, vieni a noi;
Tu, la forza e la scienza e l'intelligenza del capitalista, vieni a noi;
Tu, la virtù e la gloria, la bellezza e l'onore del capitalista, vieni a noi;
Deh, vieni a noi, Oro seducente, speranza suprema, inizio e fine di ogni azione, di ogni pensiero, di ogni sentimento capitalista.
Amen

Preghiere capitaliste. Tratte da Paul Lafargue, La religione del capitale, 1887

mercoledì 17 dicembre 2014

La RAI è orgogliosa di presentare...

Dopo la mirabile lettura della Divina Commedia, dopo la toccante lettura della Costituzione Italiana, dopo l'appassionante lettura dei Dieci Comandamenti... Benigni leggerà per noi le Pagine Gialle.


martedì 9 dicembre 2014

Voci del Salento

Ho cercato in rete vecchie registrazioni di canti salentini, fortunatamente non ho dovuto cercare a lungo.
Ne ho fatto una raccolta. Sono tutte registrazioni originali, lontane da quella baraonda odierna che dei canti contadini, dei lamenti funebri, delle ninne nanne, della rivolta sopita e della necessità di assordare la morte ha dimenticato tutto. E' rimasto un gran vorticare di gambe, una distesa di bottiglie di birra, vino e coca cola, con un gran cerchio alla testa il giorno dopo.

La prima canzone è una registrazione di Alan Lomax che insieme a Ernesto De Martino fece parte della famosa spedizione di ricerca negli anni '50 alla (ri)scoperta del tarantismo salentino. La stessa canzone chiude la raccolta con l'unica registrazione contemporanea.


In questo sito sono disponibili i testi di molti canti.

giovedì 4 dicembre 2014

La solidarietà è un istinto primordiale

Quanto segue è ripreso dal blog di Dario Accolla. Raramente leggo recensioni prima di vedere un film, di solito le leggo dopo ma in questo caso avevo già letto la recensione di Natalia Aspesi e sono sicuro di aver fatto bene a contravvenire alla mia regola per due volte.

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“Pride” e la voglia di crederci ancora.
Pubblicato da elfobruno il 3 dicembre 2014

Londra, 1984. Al telegiornale scorrono le immagini degli scontri tra i minatori in sciopero contro il governo di Margareth Tatcher e la polizia. Mark, giovane attivista gay, ha una brillante intuizione: quei lavoratori hanno gli stessi problemi della comunità LGBT, poiché vessati dallo stato che non riconosce i loro diritti. Perché non aiutarli, cercando così nuovi alleati e sposando una causa giusta? Ne parla ai suoi amici. Non tutti lo seguono, ma la scelta sembra ormai fatta. Nasce quindi il gruppo LGSM, “Lesbians and Gays Support The Miners” e si raccolgono fondi per sostenere la protesta. Si fa qualche chiamata, ai vari sindacati. Troppi telefoni chiusi in faccia. Quella parola, gay, non va proprio giù. Fino a quando qualcuno risponde, forse per caso o per distrazione. E succede il miracolo…

Pride è una storia che parla di orgoglio. Quello di chi decide di starci, in questo mondo, per come è, perché stanco degli insulti della gente, dell’ignoranza che fa da padre a ogni pregiudizio possibile. Ed è anche la storia di un altro tipo di fierezza: la dignità che ti dà il lavoro, il senso del tuo stare su questo pianeta non solo per quello che sei, ma per quello che fai. Per te stesso, per la tua famiglia, per gli altri. E Mark raccoglie questa sfida, trascinando la sua comunità in un viaggio nell’Inghilterra degli anni ottanta.

Vari piani si intersecano dentro quella che è una storia vera e, allo stesso tempo, straordinaria e incredibile: c’è il tema dei diritti delle persone LGBT, certo, il dramma del coming out di Joe, l’incomunicabilità con famiglie più attente al perbenismo che alla felicità dei/lle propri/e figli/e. Ma c’è molto altro ancora. Il tema del lavoro, la sua dignità, quella cosa che ci lega a un’ispirazione, ai suoi valori, alla solidarietà tra pari. C’è la tematica femminile (e femminista), per cui le donne non sono viste (non più) come supplementari alla figura dominante, ma diventano soggetti autonomi, portatrici di solidarietà, di amore, di nuova intelligenza. Il mondo femminile rappresenta il primo di quei microuniversi che fanno cadere, uno dopo l’altro, i pregiudizi sulla “diversità”. E questo a un certo punto ti avvolge, ti fa sorridere, ti fa ridere e alla fine ti commuove. Profondamente. E poi c’è il tema dell’AIDS: è l’Inghilterra dei primi anni in cui la malattia fa la sua comparsa nella gay community britannica, mietendo le prime vittime. Argomento, anche questo, toccato con intelligenza e sensibilità, come tutto il resto della pellicola d’altronde.

Pride è un’opera fondamentale per ogni giovane (e non solo) attivista LGBT dell’Italia di oggi, perché ci ricorda quanto siamo indietro sul tema dei diritti civili che dovrebbero far parte di una battaglia più vasta, che è quella della dignità della persona. Ed è un film che ti ricorda che sì, esiste sempre una guerra tra buoni e cattivi, ma in mezzo a quella follia c’è sempre spazio per un profondo altruismo, che va oltre le apparenze e i luoghi comuni, che mette da parte il sospetto che sempre nasce tra chi non si conosce, per poi scoprirsi fondamentalmente uguali, capaci degli stessi sentimenti e delle medesime passioni.

Un film bello, delicato, a tratti forte e irriducibile nella gestione del dolore. Ma al di là della rabbia e delle lacrime che suscitano alcune scene e certi episodi, ti lascia la migliore cura a tutti i mali del mondo: la speranza e la voglia di crederci ancora. E solo per questo – tralasciando la qualità della regia e la bellezza delle immagini che Matthew Warchus, che lo ha diretto, ci offre – merita di far parte della nostra memoria affettiva. Perché ci aiuta a recuperare quel pezzo di noi che sa emozionarsi ancora per la politica e l’umanità di cui può essere capace.
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