"Concludiamone dunque che il mondo sarebbe assai migliore se ciascuno si accontentasse di quello che dice, senza aspettarsi che gli rispondano, e soprattutto senza chiederlo né desiderarlo." José Saramago
martedì 18 settembre 2018
La cattura del gatto [Note (34)]
Le città europee hanno un loro carattere, ognuna ha proprie caratteristiche che non appartengono ad altre. Ma dentro ogni città si apre un magma indistinto che sono le strade commerciali. Questi ghetti della libertà, dove ogni riferimento è uguale ovunque nel mondo e dove ognuno può sentirsi a casa propria solo perché non è effettivamente da nessuna parte, sono il pegno che l’Europa paga per la sua storia, per il suo pensiero, per le sue guerre. Dal pensiero unico alle insegne di Mc Donald e Coca Cola, il cammino è stato lungo e la stanchezza è più che evidente.
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E' il pegno che paghiamo alla globalizzazione, all'economia delle multinazionali che ha estirpato ogni radice culturale, ogni tradizione, sostituendola con origini fittizie. Sono frutto del narcisismo, dell'individualismo, della competitività estrema, della solitudine e dell'anomia che ormai ha invaso non soltanto le grandi città, ma anche i piccoli centri. Sono frutto della diffidenza reciproca, che può giungere fino alla xenofobia e al terrore che provoca tutto ciò che sentiamo come diverso. Sono frutto del manicheismo, di un dualismo esasperato, per cui per sapere ciò che siamo, dobbiamo guardare a ciò che non siamo e dobbiamo avere dei nemici su cui riversare tutto il male che sentiamo in noi e che non vogliamo riconoscere come nostro. Tutto ciò ha prodotto identità personali e collettive molto fragili, che devono essere sempre puntellate in maniera megalomanica e con atti energici ed anche violenti se occorre, un problema di autostima strutturale che va continuamente compensato, perché non esiste uno zocolo duro di base di stima di sé che possa rimanere saldo comunque vadano le cose e a paurose escursioni timiche il cui paradigma sono le ciclotimie e le psicosi bipolari della clinica psicopatologica.
RispondiEliminaAll'interno e all'esterno di noi, nell'individuale e nel sociale o socio-economico prevale l'omogeneizzato, la marmellata cosmica, il caos primigenio prima che le cose si differenziassero e prendessero forma, l'essere vivente prima del peccato, prima di conoscere il bene e il male, prima che Adamo desse nome alle cose, alla sua donna e a se stesso, togliendoli dal magma dell'indistinto, la spazzatura prima della raccolta differenziata, tutto ciò che gli israeliti gettavano nella Geenna.
Ciao
Sai Garbo,forse stiamo semplicemente morendo, stiamo andando verso una condizione di bassa complessità, la complessità sociale, produttiva, strumentale sta prendendo il posto di quella emotiva, psicologica. Stiamo derogando alla nostra umanità perché troppo costosa, conservare memoria, affetti chiede impegno, forza, meglio spostare tutto su cose più semplici, meno energivore. Stiamo elaborando il lutto per aver raggiunto il punto più alto di una qualche parabola, chissà quando, che ormai abbiamo alle spalle. Ciao
RispondiEliminaCredo che tu abbia ragione, sto rileggendo il libro di Christopher Bollas, Se il sole esplode. L’enigma della schizofrenia, e trovo molti parallelismi fra i meccanismi della schizofrenia e quelli analoghi delle masse che temono l’invasione, la frammentazione e la perdita della loro identità, e questo terrore li spinge a proiettare l’Io all’esterno di sé, evacuandolo, cercando così di renderlo innocuo soprattutto nei suoi aspetti più umani (sensibilità, pensiero, astrazione, immaginazione, sentimenti, empatia …), in modo da fare un vuoto interiore e potersi relazionare al mondo come cosa fra le cose, così da evitare i sentimenti spiacevoli.
RispondiEliminaFortunatamente, almeno nel caso dello schizofrenico, questa forma di difesa non è perfetta, e non lo renderà mai quell’oggetto insensibile che vorrebbe essere per evitare la sofferenza, l’insuccesso della proiezione fa si che abbiamo a che fare con persone sofferenti che talvolta ci trasmettono tutta la loro straordinaria umanità.
Quando ho a che fare con certe persone, non schizofreniche, invece, ho l’impressione non che soffrano per la loro eccessiva umanità e sensibilità e vogliano liberarsene, ma che la scintilla dell’umanità non ha mai albergato in loro; non si tratta di strapparsela di dosso per non soffrire, ma di costruire un marchingegno, come quello del dottor Frankenstein per infonderla, per insufflarla a chi non ce l’ha mai avuta.
Ma perché prendersela tanto, dico io, ma si dai, beviamoci sopra … magari una coca cola.
Ciao