E' arabesco senza orpelli la lingua di Busi. Pagine di incisi concentrici come onde nello stagno dopo il lancio di un sasso nel centro che non c'è più perché "come non esiste più un centro, non esiste più un pensiero principale. E' tutta una periferia. L'Europa stessa è periferia." Una vertigine insolita di questi tempi. "Già è tanto un pensiero, ma un pensiero nel pensiero! Al giorno d’oggi! Con la gente nella rete che o dice tutto quello che ha da dire in centoquaranta caratteri o ciccia!"
Inutile cercare la trama se non si ha intenzione di perdere l'ordito, perché qui la trama è lo scrittore e le digressioni sono gli altri e lo scrittore è calderone dove confluiscono le vite di tutti, del lettore per primo. Lo scrittore è "io universale collettore di ogni singolo io passato e presente, autobiografo dell’umanità" e se il lettore è di bocca buona sussulterà alla vista di brandelli della propria vita nel piatto che lo scrittore prepara con sapiente lentezza, come si prepara un ragù scegliendo bene gli ingredienti da usare e soprattutto quelli da evitare, perché nelle pagine di El especialista de Barcellona al detto fa da contrappunto il non detto che come il cuore "sta dove deve stare, anche sulla punta del naso, in un battito di ciglia, in un modo di stare zitti o di piangere non visti o in tre puntini di sospensione, por ejemplo"...
Del lettore si diceva, il lettore che cerca rassicurazioni non legga Busi per non correre il rischio di riconoscersi in qualche pagina e essere costretto a rinnegarsi per rimanere fedele, almeno di giorno, all'immagine che è convinto di essersi dato con il consenso di amici, parenti e colleghi. "Io ho letto tutti i libri che potevano essermi contrari e che mi potevano mettere in difficoltà rispetto a quanto avevo acquisito e credevo; gli altri libri, quelli che pretendevano di allisciarmi nelle mie certezze e pigrizie e compiacimenti, li ho sempre chiusi subito con uno sbadiglio." Busi gioca con le immagini e i piani narrativi, li sovrappone, li intreccia, li mette in scena nell'ordine indisciplinato del pensiero per costruire con precisione millimetrica la vita del romanzo, non il solito romanzo della vita.
La vita è accidente prezioso che Busi lascia intendere, non per narcisismo stilistico bensì per doveroso omaggio che la parola riconosce all'indicibile. "L'amore si fa o si sente, l'amore non si dice, non si reclama e non si commenta l'amore fatto, l'amore ha gli occhi per parlare e le mani per recargli doni", detto da chi sulla parola ha edificato il monumento della propria arte fa tremare i polsi e le fondamenta del monumento. Busi dissacra ciò che immeritatamente è considerato sacro e santifica ciò che immeritatamente è considerato empio o insignificante, come una lista della spesa, perché nel sacrario della vita "L’unica maniera per essere felice è essere infelice a modo tuo, non come lo ha deciso qualcun altro per te o almeno non solo, e evitare le corsie preferenziali, il cordone sanitario degli eletti, e, se ti tocca e per quella volta che ti tocca, bere tutto, anche la feccia, che non ha un valore nutritivo inferiore al mosto appena spremuto."
E' officiando il non detto che Busi tesse pagine fitte di memorie continuamente rinnegate nel tentativo... o tentazione... di rievocare l'amore che non ha più nome, nonostante ogni sforzo per ricordarlo. "Follie! follie! Delirio vano è questo!", sembra di ascoltare ad ogni cabrata di Busi mentre lascia cadere via un po' di dolore per niente. Non amano liberarsi del dolore per niente gli esseri umani e non amano chi se ne libera. E' questa l'imperdonabile bestemmia di Busi, aver osato dire che il dolore non è debito da ripagare e se pagato siamo noi i creditori di Dio o di chi per lui e quel credito va riscosso a qualunque costo. Il dolore per niente annulla il senso dell'esistenza di chi ha solo il dolore come moneta corrente e in quel dolore ripone l'autoinganno. Avere svelato l'autoinganno è la blasfema pietà di Busi.
El especialista de Barcellona è un romanzo che una volta letto resta magnificamente sconosciuto come una lussureggiante foresta tropicale, "sconosciuto come i libri che piacciono a me, quelli che, come certi uomini stupendi, restano sconosciuti anche una volta letti e che prima leggi e poi leggi, e non è una rilettura: resta la prima lettura che fai, e magari l'hai cominciata appena chiusa l'ultima pagina."
Capriccio n. 51 di Francisco Goya, 1790 ca. Repulisti.
Acquaforte, acquatinta e bulino, mm. 210x150
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