L'epilogo della vicenda di Marino rivela come Roma e l'Italia, nella misura in cui la politica nazionale emana da Roma, siano assoggettate ai vecchi arcana imperi vaticani. Una repubblica a autonomia limitata, una democrazia azzoppata dove qualsiasi ducetto 2.0 può sventolare il vessillo della novità fino al successivo rimpiazzo.
Marino non è mai stato gradito al suo stesso partito. Con Renzi lo scontro, pure dissimulato, era evidente anche ai sassi. Tutto però è collassato quando il papa ha detto di non avere invitato Marino al suo tour negli USA, "io non l'ho invitato, chiaro?" Oggi Marino non è più sindaco di Roma e nessun media menziona questo decisivo episodio nella "rottura" dei rapporti dell'ex sindaco con la città, rottura forse avvenuta da tempo ma senza che questo fosse sufficiente per far decadere un sindaco regolarmente eletto. Nessuno parla di Francesco perché il papa è infallibile e poi questo papa è tanto simpatico!
A Roma, oggi come 150 anni fa, regna il papa re. Renzi ne ha approfittato per sbarazzarsi di Marino. L'Italia resta la stessa provincia dello stato pontificio di sempre, con una borghesia postfascista che ha sostituito la vecchia aristocrazia, una borghesia postfascista da sempre di cui il fascismo non è stato origine bensì culmine. Irretiti nell'autorità pontificia sono quanti non capiscono che questa vicenda prescinde da ogni partigianeria per la persona di Marino e per la sua azione politica ma inficia i fondamenti della democrazia e dell'autonomia delle istituzioni da ogni potere esterno alle stesse. Evidentemente il potere di cui parlo non è esterno alle istituzioni laiche bensì consustanziale, perché di laico resti solo l'etichetta.
Oggi il papa intervistato sulla caduta di Marino potrebbe rispondere irritato: " io non l'ho votato, chiaro?"
"Concludiamone dunque che il mondo sarebbe assai migliore se ciascuno si accontentasse di quello che dice, senza aspettarsi che gli rispondano, e soprattutto senza chiederlo né desiderarlo." José Saramago
sabato 31 ottobre 2015
giovedì 29 ottobre 2015
Ogni volta che mi credo
Ogni volta che mi credo
intelligente vedo
che c'è altri che ha già detto
ciò che avrò modo
di dire dopo
per ciò più non lo dico,
per ciò io mi nascondo
ah, amico mio
v'è tanta gente intelligente a questo mondo!
[1918]
Fernando Pessoa, in Il mondo che non vedo. Poesie: Poesie ortonime. BUR, 2009.
intelligente vedo
che c'è altri che ha già detto
ciò che avrò modo
di dire dopo
per ciò più non lo dico,
per ciò io mi nascondo
ah, amico mio
v'è tanta gente intelligente a questo mondo!
[1918]
Fernando Pessoa, in Il mondo che non vedo. Poesie: Poesie ortonime. BUR, 2009.
domenica 25 ottobre 2015
senza titolo, né capo né coda
Portare l'orologio indietro di un'ora è come rifare la piega al lenzuolo sotto il cuscino. Un po' di tempo ripiegato su sé stesso che la sera entri nel letto e ti copri con quel lembo di lenzuolo ripiegato intorno alla coperta per stare caldo.
Portare indietro l'orologio di un'ora è come dire "rifaccio tutto", è il ripensamento sulle cose fatte, è darsi un'altra occasione, è vivere due volte, ritornare sui propri passi, ripetere gli stessi errori. Portare indietro l'orologio di un'ora è nascere due volte, morire due volte.
Tutto nell'intervallo di un'ora, poi torna tutto come prima, come se nulla fosse cambiato, neanche la pagina bianca prima di queste parole.
Portare indietro l'orologio di un'ora è come dire "rifaccio tutto", è il ripensamento sulle cose fatte, è darsi un'altra occasione, è vivere due volte, ritornare sui propri passi, ripetere gli stessi errori. Portare indietro l'orologio di un'ora è nascere due volte, morire due volte.
Tutto nell'intervallo di un'ora, poi torna tutto come prima, come se nulla fosse cambiato, neanche la pagina bianca prima di queste parole.
mercoledì 21 ottobre 2015
martedì 20 ottobre 2015
Poche considerazioni e alcune domande
La peculiarità della democrazia è il continuo interrogarsi sui limiti e punti deboli di tale forma di governo, sulle fallacie degli stessi presupposti. A differenza delle altre forme di archia, per assurdo compresa l'anarchia, la democrazia si sostiene sul crinale delle incertezze e si dà da sé i pilastri della propria sussistenza. Da qui la necessità di interrogarsi continuamente se ciò che chiamiamo e consideriamo democrazia sia effettivamente tale e quanto ciò che chiamiamo e consideriamo democrazia approssima quell'ideale che pare aleggiare nei pensieri e nei discorsi.
La vicenda di Erri De Luca pone questi interrogativi in maniera palese. Indagato per istigazione a delinquere per aver detto che la TAV va sabotata, infine assolto perché il fatto non sussiste. Poche brevi considerazioni al riguardo e alcune domande, appunto.
Il reato di istigazione a delinquere viene sollevato raramente quando l'atto di istigazione danneggia le persone, vedi casi di razzismo e discriminazione di ogni tipo, ma non si esita a sollevarlo quando si toccano interessi economici che calpestano la volontà popolare e decisioni politiche prese senza considerare le realtà territoriali, con processi consultivi farsa e studi di impatto inutilmente voluminosi.
Nella rete delle relazioni economiche i grandi interessi economici coinvolgono inevitabilmente e funzionalmente i piccoli interessi economici che entrano a far parte della maglia sociale. Inevitabilmente e funzionalmente per ragioni strutturali di organizzazione delle reti, una rete con molti buchi è debole. I piccoli interessi economici servono da cuscinetto di sicurezza ai grandi interessi facendo “percolare” la ricchezza utile a contenere gli impatti sociali. Da qui lo scontro delle comunità della Val di Susa con le aziende che lavorano nei cantieri della TAV. Evidentemente la percolazione della ricchezza non è un buon metodo per assicurare la tenuta della maglia sociale!
Congelare i movimenti sociali di opposizione nelle regole stabilite(*) significa congelare la storia e significa tradire lo stesso concetto di democrazia se si prescinde dalla dinamica che ha originato i movimenti sociali. L’opposizione delle comunità della Val di Susa alla TAV può dirsi lesiva di un’opera realizzata negli interessi, non solo economici, della collettività? Tale opera, fin dalle sue fasi progettuali, è stata “indirizzata e coordinata a fini sociali”? Oppure è legittimo chiedersi se l'opera è realizzata “in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”?
Sussumere i movimenti sociali di opposizione nel terrorismo, come ha fatto a suo tempo Caselli, è un atto di miopia intellettuale sconcertante.
Ieri Del Rio ospite a 8 e 1/2 della Gruber ha detto che “una cosa è buttare un fiammifero sulla sabbia, altra cosa buttarlo su una tanica di benzina”. Vero, ma chi ha ammassato le taniche di benzina senza rispettare le regole della sicurezza?
Quali azioni restano disponibili alle comunità quando la politica si inchina all’economia e la democrazia diventa mero puntello procedurale al servizio di interessi economici imposti dall'alto? Resta il boicottaggio e in ultima analisi resta il sabotaggio, perché e solo perché non resta altro. Ecco perché la parola contraria di Erri De Luca sussiste e con lui abbiamo atteso di sapere se costituisce reato.
(*) L’articolo del codice penale per cui Erri De Luca è stato processato risale al 1930. La democrazia non godeva di buona salute in quegli anni!
venerdì 9 ottobre 2015
Note di viaggio in Sicilia
8.12.15
Nelle città come Roma o Napoli il tempo si accatasta. In questi posti il tempo ha un peso, una dimensione fisica che non è solo quella temporale. A Roma il tempo è grande oltre a essere antico e la sua profondità è pesante. A Napoli l'accatastamento del tempo va insieme a quello dello spazio. Ogni casa cresce sopra un'altra e non c'è tempo perché ciò che precede si “sposti”. Se a Roma il passato si sposta negli strati più profondi, a Napoli tutto è compresente, spazio e tempo si accavallano. Tutto si tiene, non c'è nulla che abbia la precedenza. Ma tra tutti i posti che ho conosciuto finora è in Sicilia che il tempo gioca scherzi insoliti. Qui il tempo pervade ogni cosa, da sembrare quasi inesistente. A Segesta i resti di un tempio medioevale sono contemporanei e il tempo che passa è infinitesimo rispetto al tempo che è passato in queste valli. La brevità del mio tempo si misura davanti ai millenni e ne resta sconvolta. Il mio tempo resta attonito, immobile, annichilisce e vuole fuggire. L'immobilità del tempo in questi siti toglie il respiro perché in questa assenza di tempo puoi vedere il tempo. A Napoli nulla è fermo. A Napoli c'è l'attività frenetica di un tempo che nega il tempo, non gli dà il tempo di mostrarsi ma, come il Vesuvio, cova ed è sempre pronto a esplodere. In Sicilia l'eruzione è lenta e continua e, come il tempo, la lava incandescente copre ogni cosa e la congela in un manto di fuoco, appiccicosa colla di pietra che tiene tutto in un tempo sempre presente. Il tempo in Sicilia è appiccicoso, infuocato, come la lava dell'Etna, rosso e sanguigno, come pietra fusa. “Precipito in un abisso fatto di tempo...” scriveva Pessoa. Mi chiedo quali sensazioni mi tempesterebbero se dovessi visitare paesi come l'Egitto.
Il tempio di Segesta è incompiuto dal 400 a.C. I soliti lavori a rilento della Sicilia. Lo facessero sapere a Renzi che sblocca i lavori!
Nelle città come Roma o Napoli il tempo si accatasta. In questi posti il tempo ha un peso, una dimensione fisica che non è solo quella temporale. A Roma il tempo è grande oltre a essere antico e la sua profondità è pesante. A Napoli l'accatastamento del tempo va insieme a quello dello spazio. Ogni casa cresce sopra un'altra e non c'è tempo perché ciò che precede si “sposti”. Se a Roma il passato si sposta negli strati più profondi, a Napoli tutto è compresente, spazio e tempo si accavallano. Tutto si tiene, non c'è nulla che abbia la precedenza. Ma tra tutti i posti che ho conosciuto finora è in Sicilia che il tempo gioca scherzi insoliti. Qui il tempo pervade ogni cosa, da sembrare quasi inesistente. A Segesta i resti di un tempio medioevale sono contemporanei e il tempo che passa è infinitesimo rispetto al tempo che è passato in queste valli. La brevità del mio tempo si misura davanti ai millenni e ne resta sconvolta. Il mio tempo resta attonito, immobile, annichilisce e vuole fuggire. L'immobilità del tempo in questi siti toglie il respiro perché in questa assenza di tempo puoi vedere il tempo. A Napoli nulla è fermo. A Napoli c'è l'attività frenetica di un tempo che nega il tempo, non gli dà il tempo di mostrarsi ma, come il Vesuvio, cova ed è sempre pronto a esplodere. In Sicilia l'eruzione è lenta e continua e, come il tempo, la lava incandescente copre ogni cosa e la congela in un manto di fuoco, appiccicosa colla di pietra che tiene tutto in un tempo sempre presente. Il tempo in Sicilia è appiccicoso, infuocato, come la lava dell'Etna, rosso e sanguigno, come pietra fusa. “Precipito in un abisso fatto di tempo...” scriveva Pessoa. Mi chiedo quali sensazioni mi tempesterebbero se dovessi visitare paesi come l'Egitto.
Il tempio di Segesta è incompiuto dal 400 a.C. I soliti lavori a rilento della Sicilia. Lo facessero sapere a Renzi che sblocca i lavori!
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