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sabato 11 ottobre 2025

Fatti e narrazione

C'è un personaggio nei vangeli che mi è particolarmente simpatico, forse perché la storia lo ha relegato a un ruolo che non è esattamente quello che lui potrebbe aver vissuto. Simone di Cirene è l'epitome della distanza, spesso abissale, tra i fatti e la narrazione. Se per fatti intendiamo lo scarno messaggio riportato nelle fonti, allora la narrazione è l'esegesi che segue quei fatti. La menzogna può vestirsi di nobili abiti, ma resta menzogna. La verità la sappiamo nuda.

In tre dei quattro vangeli, riporto in fondo i versetti, Simone viene letteralmente costretto dai soldati romani a portare la croce di Gesù fino al Golgota. Solo il vangelo di Giovanni, successivo ai sinottici, dice con puntigliosa precisione che Gesù portò "egli stesso la croce". Quale narrazione è seguita? La gran parte delle rappresentazioni mostra che Gesù porta la croce e al massimo Simone "aiuta"! Sì, sull'aiuto di Simone si è costruito un edificio retorico, per certi versi nobile, ma pur sempre falso. 

Oggi si sta costruendo la narrazione dei fatti di pochi giorni fa. Milioni di persone sono scese in piazza in più punti del mondo. Sono scesi in piazza perché non potevano più sopportare il colpevole silenzio dei propri governi di fronte al genocidio del popolo palestinese. Dopo quella sollevazione popolare, Trump, il principale fornitore di armi a Netanyahu, ha imposto a Netanyahu di fermare la guerra. Nessun altro poteva farlo, è vero. Ed è falso che post hoc, ergo propter hoc, quindi non possiamo onestamente attribuire al sollevamento popolare la causa dell'avvio del processo di pace ma sappiamo riconoscere la disonestà morale e intellettuale delle tante mosche cocchiere che oggi si intestano il merito della pace e incolpano i manifestanti di ieri e i volontari della Global Sumud Flotilla di aver ostacolato quel processo di pace, dicendo persino che sono terroristi quanto Hamas. Questa è la narrazione di questi giorni. Noi che abbiamo manifestato per non tacere di fronte all'orrore avremmo ostacolato quelli che avrebbero operato nel silenzio! Bel rovesciamento per chi fa virtù politica della propria vigliaccheria e del proprio servilismo al potente di turno.

Che sia stato avviato un processo di pace è una buona notizia, vedremo in seguito se si tratta di vero processo di pace, di affare edilizio o di altro inganno sulla pelle dei palestinesi. Intanto già sappiamo quale distanza c'è tra fatti e narrazione.

Un giorno i fatti saranno dimenticati da quasi tutti, eccetto forse quei pochi atei che leggono i vangeli, forse perché trovano simpatici quei personaggi che non hanno mai detto "chi non è con me è contro di me"! (Mt 12,30; Lc 11,23).


Matteo 27,32 Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a prender su la croce di lui.

Luca 23,26 Mentre lo conducevano via, presero un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna e gli misero addosso la croce da portare dietro a Gesù.

Marco 15,21 Allora costrinsero un tale che passava, un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e Rufo, a portare la croce.

Giovanni 19,17 Presero dunque Gesù; e, portando egli stesso la croce, si avviò verso il luogo detto del Teschio, che in ebraico si chiama Golgota,

(Versione CEI per i tre sinottici, Nuova riveduta per Giovanni, perché quel "portando egli stesso la croce" merita attenzione.)

venerdì 10 ottobre 2025

Leggi quasi universali

Questa è la famosa legge di gravitazione universale, la dobbiamo a Newton che nel 1687 descrisse con questa formula come si attraggono due masse.  Date due masse m1 m2, queste si attraggono con una forza direttamente proporzionale al prodotto delle masse e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza. 

F è l'intensità della forza,

G è la costante di gravitazione universale,

m1 è la prima massa,

m2 è la seconda massa,

r è la distanza tra i centri delle masse. 

In parole semplici, più sono grandi e vicine le masse più intensa è la forza di attrazione. La forza diminuisce per masse più piccole e più lontane. 

Il povero Newton era un eccellente matematico ma ai suoi tempi non poteva afferrare tutte le implicazioni psicologiche e sociali della sua importantissima legge. Oggi noi abbiamo capito queste implicazioni e lo dobbiamo al fascista tipo che è un caso estremo di underdog! Infatti la legge va benissimo per chiunque soffra di un qualche senso di inferiorità ma il fascista la rende evidente perché il suo senso di inferiorità è ben oltre il limite medio. Mi spiego.

Se m1 è la massa del potente e m2 è la massa del fascista, inevitabilmente  il fascista e il potente si attraggono con la forza descritta dalla legge di Newton. C'è da dire che in questo caso la G non è costante ma varia a seconda del quoziente di fascismo e servono calcoli complicatissimi per elaborare la G adatta. Ma il succo non cambia, da lontano il fascista non sente l'attrazione del potente e può persino avanzare qualche debole critica ma quando è vicino è tutta un'altra storia. 

Il problema della legge di Newton è che descrive come si attraggono due masse ma non dice perché. Newton non lo aveva capito. Per capirlo abbiamo dovuto aspettare la legge di relatività generale di Einstein. Per farla breve, il potente curva lo spaziotempo intorno a sé e il fascista che si avvicina nel suo campo gravitazionale cade in questa sorta di imbuto...mbuti, su rieduchescional ciannel! 

Ripeto, purtroppo funziona così quasi per tutti, sia pure con G moooolto diverse, ma al fascista tipo, che ha G straordinariamente elevate, dobbiamo riconoscere il merito di averci fatto capire cose della fisica che nemmeno i suoi più grandi maestri avevano immaginato. Gliene siamo grati!

venerdì 12 settembre 2025

Quanto manca alla catastrofe?

Quanto manca alla catastrofe?
Quanto manca perché la cenere
copra i nostri corpi e li lasci intatti,
senza posteri che vogliano scoprirli?
È già caduta la cenere o stiamo sognando?

Nessuno inventerà la tecnica per fare il calco
di corpi sepolti dal tempo,
immobili, in un gesto eterno.
Nessuno racconterà la cronaca,
secondo per secondo,
della distruzione di una Pompei
eretta solo per noi.

I libri di storia non raccontano storie.
Per questo,
a volte,
ci lasciamo cullare dalla ninna nanna
che la cenere piroclastica
non sia mai caduta.

venerdì 4 luglio 2025

Elogio dell'imperfezione


Sarà la malinconia dell'ultima parola, sarà l'emozione che prende davanti ad ogni confine, sarà quel che è ma le lastre tombali mi hanno sempre parlato. Più di ogni altra mi toccano quelle con errori. Sono quelle che più di tutte mi affascinano. Testimonianze di imperfezione, quasi un inconsapevole elogio all'imperfezione. Incise con amore, con nessuna voglia di sbagliare che a far notare l'errore la gente se ne vergognerebbe ed è per questo che quell'errore è letteratura e va conservato.
Nel cimitero del mio paese sono quelle lastre le più preziose per me. Su quella del mio bisnonno manca una r nel suo cognome. C'è chi sarebbe vissuto 700 anni per una D in meno - i numeri romani fanno questi scherzi - accenti incisi con generosità, perché le anime siano accolte nel regno "che solo amore è luce ha per confine." Quando vado in giro e scorgo qualcuno di questi errori ne resto ammirato, proprio perché li leggo come un elogio dell'imperfezione. Mai avrei pensato di trovarne in una delle basiliche maggiori di Roma e proprio sulla lastra di un Papa.
Le lettere del nome, la loro distanza così irregolare. Quella A, sola, distante dalla R e dalla N, come a dover tenere il braccio teso verso FR e con l'altro tentare di aggrappare il resto del nome. Lo avevano già notato, ne avevano già discusso ma vederlo è tutt'altro. Davanti a quella A che cerca di tenere insieme i frammenti di un nome lacerato, una unità squarciata, ho la conferma che questi non sono errori. Sono letteratura, una delle più alte.

PS - uscendo dalla basilica mi sono chiesto se il successore di Francesco lo hanno eletto. Fatemi sapere.

domenica 18 maggio 2025

Sui cieli di Gaza

Notte faticosa, dover ricomporre membra e lacerti di carne, perché questi poveri resti siano riuniti, per chissà quale resurrezione. Passami quel braccio. Eccolo, tu passami quella gamba, dovrebbe essere messa qui. No, ne ho altri pezzi qui, insieme alla testa e al tronco. Non vedi che è la gamba di un bambino? È vero, davanti a questo scempio non capisco più nulla, tu come fai a rimanere lucido? Non lo sono, la tua lucidità è la mia, come il tuo smarrimento. Anche noi siamo corpi smembrati dopo una notte di bombardamenti. Ricomponendo questi poveri resti cerchiamo di ricomporre il nostro corpo. Uno smisurato dolore ci unisce in questo tragico lego, immaginato per pietà. Mettere insieme i corpi, onorare i morti. A tale macabro gioco ci tocca giocare, per avere almeno la magra consolazione di una morte serena. È tutta qui la nostra onnipotenza, è tutta qui la nostra misericordia.

venerdì 25 aprile 2025

Una festa sobria

Il 25 aprile è una festa sobria, perché è commemorazione silenziosa e intima, anche quando implora partecipazione, anche quando invoca il canto corale della liberazione. Il 25 aprile è l'albero che celebra le sue radici, la foglia che ringrazia la terra per l'acqua che la disseta, è la terra che ringrazia il cielo per l'acqua lustrale che la benedice. Il 25 aprile è il filo d'erba che resiste al vento della barbarie che spesso indossa gli abiti della storia. Il 25 aprile si nutre di sobrietà, da sempre, nonostante i meschini inviti di oggi alla sobrietà, perché il 25 aprile è il dolore rappreso della memoria, il sangue che scorre nei 139 articoli dell Costituzione della Repubblica italiana del 1948, nelle sue 18 disposizioni transitorie. Il 25 aprile è data solenne come la Pasqua, perché è la Pasqua civile di questa nazione, la resurrezione dopo vent'anni di morte. Invitare alla sobrietà per una data solenne è ridicolo, ingiurioso, ignobile, esattamente come chi inviterebbe alla sobrietà chi desidera festeggiare la solennità della Pasqua. Il 25 aprile è la festa dei patrioti di questo e di altri Paesi, che hanno resistito e resistono, ora e sempre, ai servi volontari, di ieri e di oggi.

Viva il 25 aprile, viva ogni partigiano della libertà, fieramente divisivo, com'è giusto e doveroso che sia chi sa vedere la distanza incolmabile tra pensieri diversi e volontà di sopraffazione che ogni differenza sopprime. Viva chi, ora e sempre, mette una cesura netta tra democratici e fascisti, di ieri e di oggi.

sabato 29 marzo 2025

Note di viaggio

Sono chiodi le parole, per appendere al muro i quadri più belli, e se non avremo più parole, perché tutte le usammo, avremo i nostri sguardi più puntuti, per inchiodare al muro la blasfema eternità del respiro.

L'inferno è la deriva morbosa, perversa, la degenerazione patologica di quel grandioso edificio che nasce per dare senso al dolore, per sistematizzare la morte, spiegarla, renderla coerente in qualche modo, accettabile, meno assurda, infine necessaria. Se il dolore e la morte sono il risultato del peccato, individuato il peccatore lo si an-nega nell'inferno. Eliminato il peccatore, eliminato il peccato, eliminati il dolore e la morte: questa la crudele illusione. Eppure l'inferno ha una sua dimensione etica che l'esangue Paradiso non può avere, solo il Purgatorio ne condivide alcuni aspetti, dove all'inesorabile subentra il perdono. Al dramma dell'irreversibile subentra la speranza di un altro inizio, per cadere in un'altra eternità. L'inferno sopravvive nella sua forma più alta nell'inferno che ciascuno vive con se stesso, senza alcuna promessa, senza alcuna eternità. Non è un caso che dei tre regni sia l'inferno quello che ha più attenzione nell'arte e nella letteratura.
 
Davanti a un corpo immobile non riusciamo a non vederlo respirare, le dita intrecciate sul petto si sollevano e si abbassano. Ci inganna ogni tanto il pallore del volto, delle mani, ma quell'inganno rimuoviamo subito perché quando tornerà a respirare non ci trovi impreparati, davanti alla assurda convinzione che abbia smesso di farlo. Sono i nostri occhi che respirano. Con gli occhi respiriamo, con gli occhi facciamo respirare gli altri.
 
In una foto di tanti anni fa noi tre avevamo intenzione di digrignare i denti per spaventare il mondo, per farlo arretrare davanti alla gioia di stare insieme. Non ho mai avuto la stoffa per spaventare nessuno. Il massimo che mi riuscì fu un mezzo sorriso imbarazzato, nascosto dietro la convinzione di fare paura al mondo. Lei sì che fece arretrare ogni tristezza, è capace di farlo ancora adesso.
 
Quando salutiamo per l'ultima volta una persona amata le auguriamo buon viaggio, per dove nessuno lo sa. Io saluto dicendo "alla prossima", perché c'è sempre una prossima volta per ritrovarsi. Ci troveremo nell'aria, nell'acqua, nella terra, mescolati tra miliardi di altri atomi. Così siamo venuti al mondo, così torneremo a esserci.
 
Vivere nel dolore non è dignitoso. Dobbiamo distinguere il dolore dalla sofferenza. Il primo riguarda la psiche, l'anima, chiamiamola come vogliamo. La seconda riguarda il corpo. Il dolore dell'anima ha una sua sublimazione, la sofferenza del corpo non ne ammette alcuna, se non attraverso qualche perversione. L'anima è suscettibile di una fluidità, di una sfuggevolezza, che non è consentita al corpo. Il corpo ha contorni e confini che l'anima ignora. Questa si concede erranza che al corpo è negata. È vivere nella sofferenza che non è dignitoso. Il dolore ha una sua dignità, l'anima se l'è conquistata attraverso millenni di prove e errori, compreso l'orrore di imporre la sofferenza nel corpo di chi non la vuole.
 
Pietra su pietra, ogni pietra un giorno, così costruiamo la casa del tempo, così le nostre vite diventano gli edifici che abitiamo. Pietra su pietra, muri in rovina e passanti ignari di lacerti di storie. Nessuno si accorgerà che una pietra fuori posto ha reciso una vita. Nessuno si accorgerà di quella lieve increspatura lungo il muro, che pure ha interrotto la linea di desideri, passioni, attese che avrebbero potuto partorire futuri che non avremo più.
Questo si vede da lontano. Una linea perfetta, laddove il dolore ha lavorato a poca distanza dalla pelle e l'ha incisa rendendola una linea spezzata in mille punti, scabrosa come scoglio di mare tempestato di sale da milioni d'anni. Questa è la differenza tra la Storia e le storie. Un fattore di scala che ignora i dettagli. La Storia è una Monna Lisa dipinta con un pennello da imbianchino.
 
Se ho pregato, l'ho fatto perché la sofferenza avesse fine, ho pregato nonostante me, oltre me, malgrado me. Mi sono maledetto per averlo fatto e se devo bruciare all'inferno lo farò, intanto mi porto avanti. Ognuno deve sentire sulla propria carne il fuoco delle scelte, comprese quelle che non diventano azione, quelle mai fatte con la serena alterigia di chi è sempre certo delle proprie scelte. Forse solo alla fine dei tempi avrò un brandello di quella certezza ed è per questo che un po' mi auguro ci sia la fine dei tempi.
 
Nessuna morte viene da sola, si accompagna sempre alle sue sorelle, passate prima di lei ad accompagnare altri nel riposo senza risveglio.

Ragione e sentimento: un occhio che non sa più vedere può continuare a piangere. Veniamo al mondo piangendo e non sappiamo vedere. Il pianto viene prima della visione e se ne andrà per ultimo.
 
L'atto d'amore più estremo e doloroso è desiderare che una persona amata smetta di soffrire.

sabato 11 gennaio 2025

Scelte

 Tra tutta la "ricchezza" di Musk e questo, scegli.


“Quali tempi sono questi, quando / discorrere d’alberi è quasi un delitto, / perché su troppe stragi comporta silenzio!” Sono i versi di una celebre poesia di Bertolt Brecht. Dieci anni dopo Adorno rincarò la dose, dicendo che “scrivere una poesia dopo Auschwitz è un atto di barbarie”. Il nostro tempo non è così buio come quello di cui parlavano Brecht e Adorno ma certamente la situazione internazionale consente di dire che viviamo tempi difficili e in tempi difficili parlare d’alberi, se non è un delitto può sembrare un colpevole lusso. È quello che sta accadendo sotto i nostri occhi. Parlare di sostenibilità del pianeta è diventato un lusso, qualcosa di remoto, dal valore quasi spirituale. Roba per anime belle e poeti. Barbarie, appunto! Vorrà dire che mi concederò questo colpevole lusso perché mi pare che per questo tema valga la massima di Oscar Wilde: niente è più essenziale del superfluo!
Ed è essenziale parlare di sostenibilità, perché significa parlare del futuro del pianeta. Chiedersi se sia possibile un'economia sostenibile, significa chiedersi se questo pianeta avrà o no un futuro, se per i bambini nati in questi anni ci sarà un futuro, così come è stato il nostro passato o quello dei nostri genitori. La domanda vale anche per i giovani che oggi si affacciano nel mondo del lavoro o che fanno di tutto per affacciarsi, senza riuscirvi.
Ebbene, la risposta alla domanda se vi sia un futuro per questo pianeta è arrivata chiara e forte. L'ha data Musk. Questo pianeta non ha futuro! Il visionario multimiliardario è desideroso di colonizzare altri pianeti, non solo per spirito di conquista, ma perché non crede nel futuro di questo pianeta. Aggiungo che l'abbraccio tossico tra politica e economia, di cui Musk è uno degli illustri rappresentanti, pregiudica il futuro di questo pianeta. Il futuro dei Musk, sono tanti, è incompatibile con quello del pianeta, con quello delle prossime generazioni. E parlare di “prossime generazioni” è già atto di discolpa, perché per farlo veramente bisogna che tu che stai leggendo pensi a qualcuno che conosci, appena nato o adolescente, pensi a come vivrà quel giovane tra venti o trent'anni, a quali problemi climatici dovrà affrontare.
Se sia ancora possibile un futuro per questo pianeta passa per scelte radicali come quella che ho posto in apertura di questo scritto. Una proposta solo apparentemente provocatoria. Una scelta che ognuno è tenuto a fare. La scelta non è affatto di ordine economico. La scelta è di ordine etico, non solo estetico, come se peraltro si potesse veramente distinguere tra i due livelli. Nella mia visione del mondo la bellezza è un valore etico, perché giustizia è bellezza, uguaglianza è bellezza, libertà per tutti è bellezza. È questa la bellezza che salverà il mondo, di cui parla Dostoevskij. Capirlo richiede esercizio, una assidua cura dell’anima che nasce in famiglia ed è coltivata nelle scuole. Cosa ne è di questa cura? La scuola è stata svilita, umiliata. Professori sottopagati, precari. Ogni loro azione educativa è osteggiata proprio dalle famiglie. La ricerca, neanche a parlarne, è ridotta al lumicino, un fastidio per l'economia nazionale, invece di un investimento sul futuro. La famiglia declina la sua missione educativa, lasciando il compito ai media; prima era la televisione, oggi tablet e cellulari. I media, che in nome del rigetto del paternalismo (primo caduto, quando l'odierna guerra al patriarcato non era ancora cominciata), rinunciano a ogni ruolo pedagogico, lasciando campo aperto alla mistificazione tra libertà e caos. Assumersi un ruolo pedagogico è senz'altro rischioso, anche pericoloso, ma, fatto più importante, comportava responsabilità ed è questa che è stata lasciata cadere: non si vogliono responsabilità, ognuno pensi per sé. Quanto sono lontane le riflessioni di Gramsci sul ruolo degli intellettuali? Quanto sono lontane le riflessioni di Eco sul ruolo culturale del mezzo televisivo? 
Nel nostro "nuovo ordine", come è possibile ancora parlare di responsabilità verso le future generazioni?
È solo considerando tutto questo che la mia domanda perde la sua apparente provocazione e diventa concreta. Scegliere la ricchezza di Musk non richiede alcuna considerazione, se non il soddisfacimento di una brama smisurata. Gli antichi greci parlavano di hybris per dire della tracotanza che porta alla rovina. Gli antichi greci, chi erano costoro? Scegliere la ricchezza di Musk è quasi una risposta istintiva, perché una scelta consapevole si intreccia alla responsabilità delle sue conseguenze e allora dovremmo essere disgustati di possedere la ricchezza di interi Stati, di avere fatto una scelta che consuma un pezzo di pianeta per un solo individuo.
Scegliere una passeggiata in un parco colmo di testimonianze storiche, significa godere della profondità temporale. Significa apprezzare la conquista dei diritti sociali e civili che hanno consegnato alla mia fruizione questa bellezza. Significa essere schiacciati dalla domanda che Brecht poneva in un’altra poesia, quanta gente è morta per costruire quegli acquedotti? Scegliere di essere viandante passeggero in questo parco significa avere un apparato emotivo che fa godere di cose di cui nessuno può essere privato. Non sono così ingenuo da pensare che tutto questo sia indipendente dalle condizioni economiche, ed è proprio per l’importanza delle condizioni economiche che la disuguaglianza dovrebbe essere vista con orrore e, aggiungerei, anche con il dovuto disprezzo.
Ci riempiamo la bocca di "le cose vere della vita" ma quando siamo messi di fronte alla scelta che pongo si rivela la nostra umana ipocrisia. Nulla di nuovo, siamo gli eredi dei personaggi di Balzac! Ma allora l’ipocrisia era ancora l'omaggio che il vizio rendeva alla virtù, come disse secoli prima La Rochefoucauld. Oggi siamo in troppi perché l’ipocrisia non ci costi cara. La nostra tecnologia, la nostra economia, gli impatti sul pianeta, non hanno confronti con quelli dei tempi di Balzac.
Stiamo attraversando un periodo in cui mi sembra di riconoscere i sintomi di una psicosi collettiva. La guerra nel centro d'Europa, storica e geografica, non politica. La guerra in Medio Oriente. La tensione tra USA e Cina. C'è una vera e propria corsa agli armamenti che sembra, allo stato delle cose, la scelta più ragionevole da fare e questa "ragionevolezza" mi spaventa. Dovrebbe spaventarci tutti. È sulla scia di questa corsa agli armamenti che ci stiamo consegnando a squali come Musk e Trump. I ritardi dell'Europa, causati intenzionalmente dai suoi Stati membri, ci mettono di fronte al bivio tra Cina e USA. La nostra storia ci fa propendere verso la strada democratica. Solo nominalmente democratica, ormai è evidente. Una scelta frettolosa che anche personaggi attenti come Franco Bernabè e Lucio Caracciolo sembrano auspicare, in quanto inevitabile. Non ho la loro preparazione, non conosco i delicati equilibri geopolitici, ma resto convinto che avremmo bisogno di una pausa di riflessione prima di fare scelte di cui potremmo pentirci amaramente.
Una lunga pausa di riflessione, prima di rispondere alla mia “provocatoria” richiesta di scegliere tra la ricchezza di Musk e una passeggiata al parco.
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