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lunedì 12 febbraio 2018

Quando la storia è fatta dagli ignavi


Il precedente post è diventato un articolo pubblicato su MicroMega on line. Buona lettura.
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Il 28 ottobre 1922 il re rifiutò di controfirmare lo stato d’assedio che avrebbe evitato la Marcia su Roma, consegnando di fatto il paese a Mussolini. Il re voleva evitare disordini, voleva evitare una guerra civile ma per eterogenesi dei fini destinò l'Italia al fascismo e a quella guerra civile che voleva evitare. Anche oggi si vogliono evitare disordini e per farlo lo Stato deroga al suo compito fondamentale: quello di affermare quotidianamente la propria costituzione antifascista.

di Antonio Caputo

La storia appare come una serie di eventi determinati dalle “azioni delli uomini grandi”, come scrive Machiavelli nel Principe. E' tuttavia evidente come molti tornanti della storia siano determinati dall'assenza di azioni. Nulla di nuovo sotto il sole, Antonio Gramsci scrisse chiaramente che “l'indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera.” Allora appare evidente che privilegiare l'azione rispetto alla non azione per la ricostruzione degli eventi storici costituisca non solo un necessario metodo di ricerca per evitare futili elucubrazioni su improbabili eventi mai realizzatisi ma anche un modello morale che premia l’assunzione di responsabilità di ogni azione. Virgilio sbaglia quando dice a Dante di non ragionare degli ignavi, forse non resta fama di loro ma lasciano tracce profonde nella storia del mondo, eccome se ne lasciano. Non è quindi futile immaginare che alla visione della storia fatta da grandi uomini faccia da contraltare, o potremmo dire da contrappasso, una visione della storia in cui il principale volano siano i piccoli uomini, gli ignavi.
«Mi creda, maestà, basterebbero quattro cannonate a farli scappare come lepri», con queste parole Luigi Facta, Primo Ministro già dimissionario, si rivolse a Vittorio Emanuele III di Savoia la mattina del 28 ottobre del 1922. Il re rifiutò di controfirmare lo stato d’assedio, approvato dal consiglio dei ministri all’alba del 28 ottobre. Seguirono la marcia su Roma, la consegna del governo a Mussolini e l'inizio della dittatura fascista. I motivi per cui il re si rifiutò di controfirmare lo stato d'assedio sono molti e tutti oggetto di analisi storica. Il re voleva evitare disordini, temeva la reazione delle forze armate che simpatizzavano per il fascismo, probabilmente pensava che il movimento fascista gli sarebbe tornato utile per porre freno ai disordini del biennio rosso. Il re voleva evitare una guerra civile ma per eterogenesi dei fini consegnò l'Italia al fascismo e la destinò a quella guerra civile che voleva evitare. La storia italiana di quegli anni tra le tante cose ci ha insegnato che le guerre civili non si evitano, si rinviano. O si stronca sul nascere il rischio di una guerra civile o la guerra civile si rinvia ad altra data. O si costruiscono le basi della convivenza civile e se ne chiede costantemente il rispetto o le guerre civili covano nelle ceneri della storia. L'ignavia del re di allora dice qualcosa sull'ignavia di oggi? La storia ci dice cosa è successo nel passato ma a saperla leggere ci dice cosa può succedere nel futuro.
Dopo il raid terrorista e razzista a Macerata commesso da un folle che si richiama a movimenti fascisti, dichiaratamente xenofobi e chiaramente anticostituzionali e soprattutto dopo l’evidente giustificazione, quando non plauso, che tale folle ha ricevuto da più parti c'è stata una massiccia mobilitazione popolare per una manifestazione antifascista e antirazzista. Una reazione fisiologica, si direbbe in un paese i cui valori fondanti sono l’antifascismo e l’antirazzismo. Invece le autorità, a diversi livelli istituzionali, hanno chiesto di non manifestare in nome di un incomprensibile appello al silenzio e all’ordine pubblico. In seguito alla evidente volontà di organizzare il corteo indipendentemente dall’autorizzazione le autorità hanno tardivamente autorizzato la manifestazione ma questo ritardo apre più falle di quante ne chiuda.
Anche oggi si vogliono evitare disordini e per evitarli il detentore della forza, lo Stato, deroga al suo compito, quello di affermare quotidianamente i propri principi e di farli rispettare. Evita di schierarsi tra i diversi movimenti popolari mantenendo una inaccettabile equidistanza, se non a parole nei fatti. Si chiede che vengano sospese manifestazioni antirazziste e antifasciste anziché promuoverle, come se tra i principi fondanti di questo Stato non ci fossero antirazzismo e antifascismo.
Lo Stato ha il potere/dovere di affermare i suoi principi e valori. Sia chiaro, potere e dovere è un binomio inscindibile e rinunciare al dovere significa rinunciare al potere e il potere non ama i vuoti. Il potere è un sistema di vasi comunicanti, quando un vaso si svuota, il livello è assicurato dal passaggio di potere da altri vasi comunicanti. Se il tessuto sociale è un intricato sistema di vasi connessi allora non si dà vuoto di potere che non porti passaggio di potere che può avere effetti deleteri. E’ ciò che accade quando le autorità istituzionali perdono credibilità e fiducia. Le autorità di una data società non possono sottrarsi al dovere/potere di essere continuamente garanti dei principi costitutivi che stanno all’origine della loro stessa autorità, pena la perdita di autorità.
Vietare manifestazioni antifasciste dopo un attentato terroristico commesso richiamandosi alla matrice fascista significa mettere sullo stesso piano fascisti e antifascisti. È irrilevante che il fascismo di oggi sia una pantomima di quello storico. È irrilevante che il richiamo a quel periodo venga da chi a malapena sa quando e come si sono svolti i fatti di allora. Ciò che continua a contare oggi e sempre conterà è la ferma opposizione a ogni forma di autoritarismo nazionalista, di volontà di sopraffazione, di infondate dichiarazioni di superiorità.
La richiesta che si solleva dalla manifestazione di sabato scorso è che le istituzioni di questo Paese si assumano la responsabilità di esercitare la forza, morale prima di quella materiale, per affermare la validità dei principi fondanti dello Stato, che siano all’altezza di questa grave responsabilità. L’ordine pubblico non è assenza di movimento ma il risultato dell’affermazione continua e quotidiana dei valori della civile e democratica convivenza. Senza questo l’ordine pubblico è la bonaccia che prepara la tempesta.
In capo alle responsabilità politiche del raid di Macerata non si tratta di chiamare in causa miracolati vari della politica da commedia all’italiana, le responsabilità, come dice Vauro, sono trasversali e a mio avviso vanno in ultima analisi (o prima analisi) individuate nella mancata assunzione di responsabilità di chi è investito pro tempore delle responsabilità istituzionali, dal livello comunale a quello nazionale. Assunzione di responsabilità, questo è il grave compito che diventa sempre più urgente di fronte alla marea irrazionale che sta montando in questo paese. Questo chiede il corteo di sabato a Macerata. Che si dica chiaro e forte che le manifestazioni di antifascismo non hanno la stessa valenza di quelle fasciste e questo non vale solo per i cortei nelle strade ma per qualunque manifestazione del pensiero. Abbiamo fatto l’abitudine a qualunque rovesciamento semantico, ci si appella alla libertà di pensiero e espressione per professare opinioni che negano libertà di pensiero e espressione! No, non tutte le opinioni sono uguali, alcune sono concime per il crimine e vanno fermate all’origine. E’ tempo che lo Stato affermi i suoi principi. Non è tempo per l’ignavia. E’ tempo che i cittadini sensibili ai valori democratici pretendano dalle autorità di questo Paese di essere all’altezza della sua Costituzione e lo hanno fatto con la partecipata manifestazione di sabato scorso a Macerata. E’ tempo di riaffermare la forza del diritto perseguendo i reati e chi ne fa apologia. Senza questo nessun discorso di ordine pubblico e di civile convivenza è credibile. Ma non basta la cura, servono i vaccini e il vaccino è il recupero della dignità della politica, della credibilità delle istituzioni e il mantenimento delle promesse della democrazia.

(12 febbraio 2018)

8 commenti:

  1. Ottimo post e ricordiamo sempre che la Costituzione è antifascista.
    Saluti a presto.

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  2. Anch'io ho letto l'articolo. Proprio bello, ben fatto e scritto bene. Complimenti e un salutone

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  3. niente da fare in questo paese la storia nn si studia...

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  4. Ti faccio i miei complimenti, un post davvero ben scritto e ben pensato, che meritava una visibilità molto maggiore di quella che può avere in un blog, come già era successo per un tuo precedente post e come avrebbero meritato tanti altri.
    Molto appropriato il parallelismo fra l’ignavia del re “Sciaboletta” e quella di questo scialbo governo, il cui unico merito è quello di essere agli sgoccioli.
    In merito al fascismo, trovo stupefacente come la semplicità mentale che lo correda, ai limiti (e forse oltre i limiti9 della patologia mentale), riesca a propagarsi persino in chi fascista non crede di essere; il fascismo in fondo è semplificare al massimo la realtà, ridurla alla propria portata e alla portata di chiunque, e trovare la soluzione più semplice del mondo per ogni problema, la scorciatoia, una banalità qualsiasi, l’acqua calda.
    Credo che questa dinamica mentale illuda chiunque di poter risolvere agevolmente ogni problema, ti da un senso inebriante di potere e ti fa sentire estremamente adeguato, anche se per esserlo sei costretto a sopravvalutare enormemente le tue capacità e a sottovalutare enormemente le capacità altrui.
    Questo spiega in parte come mai dei perfetti ignoranti, completamente digiuni di ogni principio di medicina, di biochimica, di batteriologia e di epidemiologia contestino persino degli scienziati emeriti, solo sulla base di “informazioni” rastrellate malamente sul web.
    Potrebbe anche spiegare il dato storico del tentativo di risolvere i disordini sociali e il “pericolo” che avvertivano i latifondisti; gli imprenditori, la chiesa, la nobiltà, l’esercito e ogni potere conservatore costituito, affidando all’olio di ricino, al manganello e alla forza bruta delle squadracce fasciste il compito di riportare ordine nel disordine che essi stessi stavano artatamente creando.
    Concordo con la protesta antifascista, concordo col far sentire la voce dell’antifascismo e col richiamare alla memoria che questo Stato (e l’Europa in generale) si fonda sul ripudio di ogni fascismo; il rischio che vedo è quello di farsi agganciare dai movimenti che si ispirano al fascismo in spirali di violenza, volutamente ingigantiti, dove fascismo e antifascismo non si distinguano più.
    Il fascismo si neutralizza con contromanifestazioni di enorme portata, come è accaduto in Grecia con Alba Dorata, ad ogni loro manifestazione era presente un numero dieci volte maggiore di antifascisti che faceva sentire la sua voce; si combatte talvolta ignorando certe provocazioni, perché rispondere in alcuni casi è dare visibilità all’altro; si combatte con l’ironia e col senso del ridicolo, perché ogni fascismo è inconsapevolmente ridicolo, e se non sapessi l’orrore che hanno seminato in Europa Mussolini ed Hitler, ogni volta che li vedo, con le loro pose, con le loro arringhe, con i loro comizi urlati, col loro modo di fare, mi verrebbe da ridere.
    Ecco, se avessimo riso in faccia a Mussolini quando chiamava pomposamente “marcia su Roma”, quell’accozzaglia di banditi, quell’armata Brancaleone, non ci sarebbe stato alcun fascismo, perché le cannonate costano e amplificano il valore e la pericolosità di quelli a cui sono dirette.
    Ciao

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  5. Mi permetto di aggiungere che c'è una parte di italiani che, pochi o tanti che siano, non imparano nulla dalla storia e dal nostro passato, soprattutto il passato degli ultimi cento anni. Basta questo per capire tante cose di oggi. Non saprei dire se è un rifiuto di voler vedere come sono andate le cose, o un rifiuto di accettare che le cose sono andate come sono andate (scusa il giro di parole).
    Un salutone e buon fine settimana

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  6. Credo caro Garbo che alcuni meccanismi psicologici, per certi versi inevitabili, quali la semplificazione della realtà assumono connotati politici nefasti anche alla luce della storia di un paese. Questo è un paese con una ferita che non andrebbe dimenticarla mai, una ferita e un riscatto, il fascismo e la resistenza. Sappiamo quanto potentemente operino i meccanismi di rimozione dei traumi e quello che è passato sotto l'altisonante nome di pacificazione è stato una sorta di rimozione forzata della ferita, diciamo così, di cui paghiamo le conseguenze ancora oggi. Di più, contemporaneamente alla rimozione della ferita c'è stata una progressiva messa al bando del riscatto. Ancora oggi il paese è zeppo di imbecilli pronti a dire che con il fascismo ci furono anni di pace e consenso e che le proteste di Bologna sono antidemocratiche perché forza nuova aveva il diritto di fare il comizio. Se uno Stato non dice con chiarezza cristallina quali valori intende promuovere e quali combattere allora questi episodi si moltiplicheranno. Nessun paese può mai veramente allontanarsi dalla propria storia e il nostro problema è non aver fatto i conti con la nostra storia, pensare di aver chiuso partita troppo in fretta. Quanto ai fatti di Bologna voglio essere chiaro, io sto fermo al discorso che Sandro Pertini tenne a Genova nel 1960. Non ho nulla da aggiungere o togliere a quel discorso. Continuo a chiedermi se gli attuali rappresentanti dell'autorità statale a tutti i livelli hanno qualcosa da aggiungere o togliere a quel discorso.
    Tu tocchi un punto essenziale quando dici del senso inebriante di potere, dell'illusione di adeguatezza. E' un discorso lungo ma andrebbe affrontato respingendo qualsiasi giustificazione di comportamenti razzisti e fascisti. Quanti di questi soggetti sono autenticamente fascisti? Domanda oziosa dal punto di vista penale. Un reato è un reato e non gli si dà alcuna valenza politica, come si fece appunto lasciando che la ciurma somara facesse la marcia su Roma. Lo squadrismo era un problema di ordine pubblico e come tale andava trattato. La domanda però non è oziosa da un punto di vista sociologico. Chi sono i neofascisti? Che profilo ha chi pensa di riscattarsi dando addosso ai migranti? Penultimi che si rivalgono sugli ultimi! Gente che non conta nulla, che sente di non aver mai contato nulla e che vuole contare finalmente qualcosa, che ha tutto il diritto di contare qualcosa e lo fa nell'unica maniera che crede possibile. Qui ci deve venire in aiuto un pensiero più complesso della sola, pure irrinunciabile, opposizione al neofascismo. Ho chiuso l'articolo accennando velocemente alle promesse della democrazia, da lì dobbiamo partire per un discorso serio. Dall'inclusività mancata, dall'emergenza delle disparità sociali. Altrimenti fascismo e antifascismo restano strumenti in mano al potere come scriveva Pasolini. Un potere che sancisce la propria delegittimazione politica quando non è più fedele ai propri principi e che resta in vita come fantoccio di un altro potere, quello che fa sentire tutti partecipi solo perché si può accedere alle offerte speciali per gli ultimi smartphone e a illimitati Gb di traffico internet!

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  7. Aggiungo, ma non ce ne sarebbe bisogno, che affrontare alla radice questi problemi toglierebbe terreno a squallidi personaggi che nella vita non sanno far niente, maestri fomentatori di odio che sfruttano e alimentano le paure e le debolezze degli altri per costruire la loro carriera politica. Un saluto.

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