Cosa fa un pedone davanti a un semaforo a chiamata per l'attraversamento pedonale? Se il pedone deve attraversare la strada premerà il pulsante e dopo un
po' di tempo il semaforo diventerà rosso per le auto. Ora il pedone potrà
attraversare la strada sulle strisce pedonali.
Il pedone ha qualche
ragione di credere che il semaforo è diventato rosso per le auto perché è stato premuto l'apposito pulsante. La credenza nel nesso causale è fondata, visto che effettivamente il semaforo è diventato rosso per le auto solo dopo che il pedone ha premuto il pulsante.
Eppure questa credenza non è così robusta come il pedone è disposto a pensare. Per esempio ogni volta che io sono davanti a un semaforo rosso prevedo
con indubitabile certezza che il semaforo diventerà verde entro pochissimo tempo. Non mi sono mai sbagliato. Che c'entra? Direte voi. In un caso c'è stata un'azione, la pressione del pulsante, nell'altro solo un pensiero e anche abbastanza bislacco. Vero, ma se il pulsante della chiamata pedonale non funziona i due episodi sono identici e resta il fatto che il semaforo è diventato verde per l'attraversamento solo dopo aver espresso in qualche modo l'intenzione che il semaforo diventasse verde, non perché quell'intenzione abbia causato l'evento. E' sufficiente che due eventi si succedano nel tempo per dire che c'è un nesso causale tra i due eventi?
Domanda antica, l'aveva già posta David Hume e non gli toccava certo attendere un tempo interminabile per attraversare la Palmiro Togliatti a Roma per concludere che il semaforo sarebbe diventato verde per via del temporizzatore che lavora indipendentemente dal dispositivo di chiamata pedonale che non funziona (e magari è una scatola vuota)!
Eppure la credenza che la pressione del pulsante sia stata decisiva per attraversare la strada è così importante che spesso sfugge che basta una banale verifica per stabilire se la chiamata pedonale funziona oppure no, se la nostra azione è davvero determinante oppure del tutto inutile.
Basterebbe fermarsi per un po' di tempo al semaforo e misurare la durata del rosso per i pedoni senza premere il pulsante e poi ripetere l'operazione al ciclo successivo ma premendo il pulsante. Se il tempo misurato nel secondo caso è inferiore al tempo misurato nel primo allora possiamo concludere che il dispositivo di chiamata funziona, altrimenti dobbiamo concludere che premere il pulsante non ha comportato alcuna interferenza con il semaforo.
Un esperimento semplice, un piccolo esperimento di scienza urbana ma chi ha tempo per farlo? Siamo tutti presi dalla fretta e sarà sufficiente convincerci che se non avessimo premuto quel pulsante avremmo attraversato le strisce pedonali molto tempo dopo.
Si vive di questi ameni inganni.
"Concludiamone dunque che il mondo sarebbe assai migliore se ciascuno si accontentasse di quello che dice, senza aspettarsi che gli rispondano, e soprattutto senza chiederlo né desiderarlo." José Saramago
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Non sperimentiamo perché ci piace la caduta confortevole nel coma dogmatico.
RispondiEliminaricordo ancore le corse da piccolo per schiacciare il pulsante...
RispondiEliminapulsante con effetto placebo
RispondiEliminaStrano, io provengo da un posto in cui non solo non ci sono mai stati pulsanti, ma nemmeno semafori, tutte le volte che hanno provato a metterli sono stati letteralmente disintegrati; altro che Eboli di Carlo Levi, io sono nato e cresciuto in mezzo ai barbari che non accettano un minimo di regolamentazione, di codice della strada, di obblighi per chi pretende di muoversi a piedi o con un veicolo qualsiasi. Ogni regola non viene rispettata perché sentita come imposta da un potere estraneo, comodo stratagemma per mandare i politici mafiosi in Parlamento senza prendersene alcuna responsabilità e, soprattutto, facendo poi un po’ come cavolo pare a loro.
RispondiEliminaRisiedo, però, in una delle regioni dove gli abitanti sono ligi alle regole, anche troppo forse, al punto da sfiorare lo zelo eccessivo; abito ad un quarto d’ora di strada a piedi dal centro storico, per attraversare le mura cittadine devo oltrepassare un semaforo pedonale, che pur avendo il pulsante, è però a tempo, come se fosse sempre azionato. Ciò vuol dire che non ha alcun senso premere il pulsante, perché è fatica sprecata, il semaforo è regolamentato da un dispositivo che si aziona automaticamente. L’altro giorno ho litigato con una signora che insisteva sul fatto non tanto che il pulsante andasse azionato, perché altrimenti cosa lo mettono a fare? Ma che dovessi essere io ad azionarlo, come se il mio dito fosse dotato di poteri magici. Visto che io non volevo saperne di premerlo quel pulsante, la signora ha iniziato a snocciolare una sequela di improperie nei miei riguardi, come se fossi il responsabile dei pochi minuti che ha dovuto aspettare il verde. In casi come questo ti rendi conto che la ragionevolezza è assolutamente inutile, e che l’evoluzione umana che ha fatto si che l’uomo sviluppasse gli emisferi cerebrali che lo rendono capace di pensiero razionale, è perfettamente impotente di fronte ad un semaforo. Ti senti un po’ come Massimo Troisi e Roberto Benigni quando volevano spiegare a Leonardo da Vinci il funzionamento di una lampadina nel film Non ci resta che piangere.
Ciao
P.S. Sul concetto di causa ha scritto cose molto interessanti anche Friedrich Nietzsche, per non parlare di tutta l’epistemologia moderna.
Era da tempo che nutrivo dubbi sul funzionamento a chiamata pedonale. Per quanto ho esperimentato hanno funzionato a chiamata solo all'inizio dell'installazione per "convincere" poi hanno funzionato solo a tempo. Dove vivo ora attraverso "con la bici" facendo un rapido calcolo di convenienza e tenendo d'occhio i veicoli in arrivo (anche i vigili urbani): spero mi vada sempre bene!!
RispondiEliminaE poi dicono che gli italiani cercano sempre degli espedienti :)))
Abbraccio
Nou
Bello che ognuno abbia messo in luce un particolare aspetto di questo piccolo episodio, chi l'automatismo quotidiano, chi una memoria d'infanzia, chi un oggetto consolatorio o un dispositivo disciplinare e chi si adegua alla presenza di questo oggetto trovando un modo per aggirarlo. Mi piace davvero. Può essere una metafora della vita, sempre alla ricerca di un nesso anche e soprattutto laddove non c'è, ma è una visione come tante altre.
RispondiEliminaUn saluto a tutti e buon fine settimana.
P.S. Sarebbe bello seguire il filo del pensiero causale da Hume a Nietzsche, passando per gli eventi sincronici di Jung e il costruttivismo per scoprire alla fine che si muovono tutti nel linguaggio teologico della monadologia di Leibniz ;-)
Nella straordinaria Storia della filosofia curata da François Châtelet c'è una bella sezione dedicata alla storia del principio di causalità. Non posso essere più preciso perché non ho a portata di mano i testi.
EliminaMi viene da pensare alla nostra amica Laura Raffaeli e a tutti coloro che sono ciechi, a come sia crudele con loro la città. Ci sono quei semafori che dovrebbero emettere il segnale sonoro, ce ne sono ben pochi e spesso non funzionano.
RispondiEliminaIo è da mo' che me n'ero accorta, che la chiamata pedonale è uno specchietto per le allodole: per aver sperimentato più e più volte una totale indipendenza tra la premuta del bottone e l'accensione del rosso per gli autoveicoli. Le rare volte in cui ho trovato il meccanismo funzionante il rosso scattava immediatamente dopo la premuta. Se invece tu premi e passano secondi e secondi prima che il colore del semaforo cambi consentendoti di attraversare, allora il semaforo è a tempo e non a chiamata pedonale.
RispondiEliminaE ti dirò di più, almeno per tutto il periodo dello sgoverno Alemanniano (ora sospendo il giudizio) anche i varchi delle Zone a Traffico Limitato sono stati attivi per finta... E' come quando eravamo bambini e ci regalavano i telefoni giocattolo: il disco girava, ma i numeri non chiamavano nessuno.