"Concludiamone dunque che il mondo sarebbe assai migliore se ciascuno si accontentasse di quello che dice, senza aspettarsi che gli rispondano, e soprattutto senza chiederlo né desiderarlo." José Saramago
domenica 22 febbraio 2015
Geni umani
Tra i numerosi geni del bagaglio genomico che caratterizzano il comportamento umano si annoverano geni dell'omosessualità, geni della generosità, geni della criminalità, geni dell'idiozia, geni dell'acquisto e del consumo ossessivo compulsivo e chissà quant’altri. Per niente scoraggiati dalla abissale distanza tra numero di geni e collegamenti sinaptici siamo in trepidante attesa del giorno in cui sarà dato l’annuncio della scoperta del gene dell’uomo e parimenti fiduciosi nell'avvento del gene della donna. La sintesi estrema che alleggerisca l'umanità dallo sforzo di costruirsi una nicchia etica in relazione alle mutevoli condizioni dell'esistenza. Che gran giorno sarà quello, che liberazione finalmente! La fiducia in questa scoperta a venire non sarà minimamente scalfita dalla conoscenza della complessità della storia di ogni individuo e dei fenomeni ambientali e sociali, le interazioni di ogni soggetto con il proprio contesto saranno solo rumore di fondo. Finalmente vedremo la fondatezza scientifica di scrivere alla lavagna i buoni e i cattivi, antica saggezza delle maestre delle scuole elementari quando affidavano l'incarico all'alunno più obbediente mentre loro andavano a prendere il caffè.
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E magari ci distingueremo grazie adun segno distintivo,sulla manica.
RispondiEliminaNe ho parlato anch'io, ma da un altro punto di vista.
Cristiana
Se questa scoperta può significare che possono agire sul senso di sazietà aumentandolo nel senso che potrò mangiare molto meno ,diciamo mai più di 1200 calorie, allora sottoscrivo in pieno e mi offro come cavia :))
RispondiElimina...sinceramente non ci ho capito molto. Per quel che intuisco, la manipolazione molecolare non mi sembra ottima cosa.
Ciao Antonio
Abbraccio
Care Cristiana e Nou, la cosa curiosa è che il mio post non ha alcun riferimento a recenti notizie. Il pezzo fa parte di una serie di appunti riportati in un file di diversi anni fa. E' stato quasi un gioco postarlo, scelto a caso! Di tanto in tanto viene dato l'annuncio di un gene responsabile di un comportamento ed è questo che nel post stigmatizzo. E' un problema di comunicazione e non solo, i genetisti sanno bene che un comportamento complesso non può essere spiegato da un singolo gene, sebbene questo rappresenti certamente un mattone basilare dell'edificio. Questo atteggiamento rivela il puerile bisogno di ridurre la complessità, era certamente questo che volevo sottolineare quando scrissi queste note.
RispondiEliminaDa quello che leggo sul post di Cristiana mi pare che la notizia che richiamate faccia riferimento all'epigenetica, ovvero, per farla breve, all'espressione dei geni e ai fattori che la determinano. Passare dalla genetica all'epigenetica è stato un passo concettuale enorme. Non entro nel merito dell'innegabile valore di tali ricerche per la conoscenza in generale e la medicina in particolare. Dal punto di vista della banal-comunicazione prima era già tutto determinato ora può essere determinabile! Purtroppo sappiamo quanto spazio occupa questa comunicazione banale nella definizione della mentalità diffusa.
Non è improbabile cara Nou che si possa agire sul senso di sazietà alimentare, si può già fare senza ricorrere alla terapia genica, ma ci sarà sempre un senso di sazietà che sfuggirà al desiderio di essere ridotto a singole semplici cause.
Un saluto a entrambe.
Più che ridurre la complessità, credo sia l'assoluto bisogno di sparare di tanto in tanto qualche caz...ehm... cavolata, tanto per farsi sentire.
RispondiEliminaPer la sazietà alimentare invece, ce l'ho io il rimedio giusto senza andare alla ricerca di geni: dimezzare le porzioni. ^.^
Ciao Antonio.
Buona giornata.
«"crostata di ricotta e cannella”, “mi farà ingrassare…”, “ma la farà felice…”» Il frammento di un post bellissimo che mi fa piacere condividere ;-)
RispondiEliminaCiao Nair, buona giornata anche a te.
Ciao, arrivo qui dal blog di Nou.
RispondiEliminaQuesta faccenda della genetica come dire?, ueber alles, mi fa pensare a controlli più o meno scientifici, più o meno morali... e molto, molto politici ed economici.
Come denunci ottimamente nel post, la complessità dell'essere umano non è riducibile a fattori genetici, è bensì un complesso insieme di elementi storici, simbolici, sociali ecc. ecc.
Voler ridurre tutto questo a qualcosa che dovrebbe/potrebbe essere interpretato dai canoni di una sorta di super-scienza, a me fa pensare ad un futuro scenario piuttosto inquietante... una via di mezzo, cioè, tra Wall Street ed Auschwitz... con una spruzzatina di Hollywood.
Riccardo, benvenuto. Ad integrazione di quanto dici e di quanto dico: "la complessità dell'essere umano non è riducibile a fattori genetici, è bensì un complesso insieme di elementi genetici, storici, simbolici, sociali, ecc. ecc."
RispondiEliminaTrovo la "semplificazione" (pseudo)scientifica irritante quanto la posizione (pseudo)umanistica per cui quando si richiamano le basi biologiche di Homo sapiens e la sua storia evolutiva spunta sempre fuori che «l'Uomo (la maiuscola è di rigore!) è qualcosa di più».
C'è un uso politico del sapere, sia esso scientifico o umanistico, mettiamocelo in testa, da lì non si scappa. E non è solo una questione di uso del sapere, la stessa natura del sapere è politica. Il sapere è politico. Condivido il tuo timore per lo scenario inquietante nel quale di fatto stiamo già vivendo.
Grazie della visita e del commento.
Credo che molte delle “scoperte” di geni responsabili dell’orientamento sessuale, dell’obesità, dell’infedeltà, ecc. siano dovute a cattiva divulgazione da parte di giornalisti che sono sempre più ignoranti e sempre più portati al sensazionalismo della notizia e alla semplificazione.
RispondiEliminaPoi, credo che molti di colori che fanno ricerca genetica (neurologica, o psicofisiologica, che sono ambiti che conosco meglio) siano portati al riduzionismo, per formazione, per forma mentis, per gli assunti metodologici e epistemologici da cui partono; nella mente di molti genetisti non c’è più, per fortuna, l’idea che si possa individuare un singolo gene responsabile di un comportamento complesso, ma di un mosaico di geni che in concomitanza vi contribuiscono si … è una questione di quantità e di sinergie.
Spesso gli scienziati formatisi con modelli positivistici o neo-positivistici semplificano al massimo le variabili da esaminare per poterle poi comodamente studiare in laboratorio, al sicuro delle loro rigorose procedure scientifiche, in questo modo alterano la realtà di ciò che pretendono di studiare selezionando le variabili più comode o promettenti per i loro studi e giungono a delle scoperte scientifiche che entro certi limiti possono avere un impatto su alcune realtà, ma che se estese perdono ogni possibilità pratica o previsionale.
Mi riferisco agli studi di qualche decennio fa in neurologia che puntavano a mappare il cervello in base a zone di funzionamento e di processualizzazione di informazioni particolari, si parlava di aree del linguaggio, della visione, dell’udito, del tatto, ecc., perdendo di fatto non solo il funzionamento di tutto il cervello, non solo il fatto che gran parte dei neuroni sono al di fuori della scatola cranica distribuiti in tutto il corpo come nervi, ma anche il fatto che noi non siamo solo cervello, e che non siamo solo noi, viviamo in un mondo.
Lo stesso vale per i geni, a livello semplice si è visto che ad esempio la presenza di un singolo gene era associata con un determinato carattere somatico semplice (il colore degli occhi o quello dei capelli); non si sa come questo gene determini il colore degli occhi o dei capelli, sappiamo solo che se c’è abbiamo ad esempio gli occhi azzurri, se non c’è, gli occhi di un altro colore.
Da questa semplice corrispondenza si pensava (e si pensa tuttora), magari complicando un po’ il modello, di poter spiegare non solo i caratteri somatici ma tutto il funzionamento di un essere umano, perdendo il senso della globalità di ciò che si sta studiando, per una comodità propria.
(segue)
Il positivismo è solo uno degli indizi di una catastrofe ben più grave che è accaduta nel pensiero occidentale, la perdita del soggetto, che avviene pressappoco con Descartes e Galilei, ma che ha un importante predecessore in Platone, che da un lato elimina ogni individualità singola e ogni soggettività di ciò che si intende studiare, oggettivando e quantificando (operazionallizzando, come si dice in gergo) l’evento, e dall’altro annulla (o almeno crede di annullare del tutto) la soggettività dello scienziato, con rigorose procedure standardizzate sperimentali e rendendo non soltanto pubblici i suoi risultati, ma le condizioni stesse di osservazione e di verifica, in modo che chiunque altro possa valutare.
RispondiEliminaLa soggettività (l’uomo, come lo definisci tu nel post) è la cosa più scomoda in assoluto e che complica infinitamente ogni cosa; se introduci il soggetto devi ammettere che e tue previsioni sul suo comportamento sono povera cosa (già facciamo fatica a dare previsioni del tempo attendibili dopo qualche giorno, figuriamoci se dovessimo prevedere come si comporterà un essere umano libero in una data circostanza) … e non è solo una faccenda di quantità di variabili in gioco che possiamo o non possiamo controllare.
Questo per me è inquietante, perché è l’assioma di pensiero che ha prodotto una scienza senz’anima, che ha fatto degli astri che ispiravano i poeti o gli innamorati in vuoti agglomerati di massa e di energia che non ispirano più nessuna poesia (visioni che non hanno più corrispondenza reale di quelle poetiche, beninteso, solo sono più in linea col nostro tempo e con maggiori riscontri pragmatici), che ha prodotto gli stati nazionali (che hanno prodotto tutte le guerre europee e mondiali degli ultimi secoli), che ha prodotto l’eugenetica e Auschwitz, e che ci ha trasformati tutti quanti da esseri umani senzienti in poveri deficienti, in pazienti, in utenti, in clienti, in iscritti al partito, in fruitori …
Ciao
Caro Garbo, bisogna riflettere seriamente sulla divulgazione. E' uno dei modi in cui si realizza l'opinione pubblica, il sentire comune. Stiamo parlando del pensiero diffuso che in-forma la società e che non necessariamente coincide con la verità dei fatti. La cattiva divulgazione in-forma una cattiva società ed è importante riflettere sulle biunivoche relazioni tra decadenza sociale e pratiche dell'informazione. I media dicono quello che la gente vuole sentire, la gente impara a sentire solo quello che i media dicono e così via. In questa spirale si formano gli strumenti veritativi che fanno più comodo. Nulla di nuovo, l'utile menzogna l'aveva già messa in luce Nietzsche, ma direi che la spirale si allarga quando aumenta la distanza tra la complessità dei problemi e la semplicità delle risposte, ma forse questo è il destino di una specie che non sa governare la complessità che sta creando.
RispondiEliminaSul riduzionismo sono stati versati fiumi di inchiostro, non sarò io ad aggiungere qualcosa di nuovo ma forse occorre pensare che il riduzionismo e il determinismo di cui si accusa la scienza non è della stessa natura del riduzionismo e determinismo che paventiamo. Il primo è uno strumento procedurale cognitivo, l’altro ha radici nell’antropologia del potere come realizzazione del dominio sulle coscienze e sui corpi. Come ho affermato prima, il sapere è politico quindi so bene che non può esserci una netta separazione tra scienza e potere ma sono consapevole anche che la scienza è inscritta nel potere non viceversa quindi è parziale l'attenzione sul percorso del pensiero scientifico, pur riconoscendo la fallacia di molti suoi passi come per ogni impresa umana. Tutto inizia con Bacone? Il sapere è potere, diceva. Tu citi anche Descartes e Galileo e vai indietro fino a Platone ma non sono sicuro di poterti seguire su questo discorso senza fare qualche precisazione. Posso ricordare quanto scriveva nel 1971 Paolo Rossi in "I filosofi e le macchine, 1400-1700": "Se la feticizzazione della scienza e della tecnica sono legate all'impresa scientifica e tecnica come tale, [...], se le radici di una società disumana non dipendono dalla sua organizzazione capitalistica, ma dalla scienza e dalla tecnica in generale, [...], allora è chiaro che ai cosiddetti fondatori del pensiero moderno possono essere fatte risalire precise colpe e responsabilità. Si può rifare il processo a Galileo, muovendo a questo personaggio accuse molto più pesanti di quelle che gli furono rivolte dalla Santa Inquisizione […]” ma cosa troveremmo alla fine di quel processo? si chiede Rossi. Non sono sicuro che torneremmo a leggere gli astri in maniera poetica ma sono sicuro che troveremmo l'oscurantismo preilluminista, la superstizione, troveremmo l'irrazionalismo di Heidegger che apprezzo solo alla luce di una lettura razionalista, così come critico il pensiero moderno solo rivendicando le mie radici nel pensiero illuminista. Ecco, questo mi sembra doveroso porlo a premessa di ogni discorso sul disgregamento della soggettività che tu dici e che condivido. Questo è il grande vizio del discorso scientifico, incentrato sull'oggetto più che sul soggetto, forse un pregiudizio ontologico che da tempo ormai viene messo in discussione dalla stessa scienza nella sua molteplicità di voci. Come diceva Marleau-Ponty a proposito dei pregiudizi ontologici della scienza: “se si tratta di pregiudizi la scienza stessa, nel suo vagabondaggio attraverso l'essere, troverà sicuramente l'occasione di rifiutarli.” Sarebbe auspicabile rifiutarli prima dell'estinzione! ;-)
Un saluto e buon we