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mercoledì 10 agosto 2011

Strani termometri e inquietanti analogie

E’ noto che un termometro serve a registrare la temperatura di un corpo. Se si tratta di un corpo umano il termometro indica la febbre. Il termometro è un indicatore della temperatura, insomma l’indicatore registra la temperatura, la traduce in un numero e la rende visibile. Il termometro dice “Fai attenzione, la tua temperatura corporea si sta alzando, fa qualcosa perché si abbassi altrimenti saranno guai!”.
Ecco, questo è quello che fa un indicatore. Indica, appunto. Sicuramente il termometro non è la causa della febbre, ovvero il fatto che l’indicatore segna la temperatura non fa venire la febbre.
Ovvio, direte voi! No, non è così ovvio e se avrete pazienza vedrete perché.

Ponete invece che il vostro termometro sia particolare, anziché essere un semplice indicatore è effettivamente un oggetto in grado di causare la febbre senza che voi lo sappiate. In questo caso possono succedere cose davvero strane. Se la temperatura del vostro corpo comincia a salire lievemente, poniamo per aver fatto 10 metri di corsa, e avete l’ardire di misurarla, allora il vostro termometro la farà salire ancora di più, a vostra insaputa. Preoccupati del fatto che la temperatura stia salendo troppo decidete di tenerla sotto controllo misurandola di nuovo e scoprite che la febbre è salita ancora, allora misurerete sempre più spesso la temperatura del corpo fino a quando la febbre avrà raggiunto circa 43°C e a questo punto il vostro cervello è letteralmente fritto e mancano ormai pochissimi minuti alla morte.
Assurdo, direte voi! No, non è così assurdo e se avrete pazienza capirete perché.

Adesso ponete di avere un termometro comune ma che registra malissimo la temperatura e dice che la temperatura è normale quando c’è febbre altissima e che la temperatura è perfettamente normale quando la febbre è tale da rendere urgente il ricorso ad un antipiretico. Sarebbe un disastro.
Inaccettabile, direte voi! Sì, è inaccettabile, ma per quanto improbabile può succedere se i termometri non sono soggetti ad un rigoroso controllo.

Ora immaginate di avere un termometro che causa la febbre e che registra male la temperatura e otterrete la realtà. Non ci credete ancora? Andate avanti.

Le cosiddette agenzie di rating, come la Standard & Poor’s, che si occupano di registrare lo stato di salute delle organizzazioni finanziarie, siano esse Stati, banche, multinazionali, sono praticamente dei termometri che misurano lo stato di salute dell’economia di queste organizzazioni. Insomma dovrebbero indicare fedelmente la temperatura del corpo finanziario di quegli enti senza essere causa diretta della rovina finanziaria degli stessi. Eppure questo è esattamente quello che avviene nella realtà. Siamo di fronte ad un termometro sballato che causa la febbre. La misura della temperatura, peraltro inaffidabile, scatena un processo di feedback positivo, di amplificazione della febbre che rischia di portare l’organismo alla morte. L’indicatore non è più un indicatore ma è la causa di ciò che misura e oltre tutto la sua misura non è attinente al vero.
Questa paradosso mi gira in testa da un po’ di tempo ma fino a che gira in testa a me la faccenda resta confinata invece diventa più seria quando a farla emergere è un economista del calibro di Paul Krugman. Già, perché per quanto la mia metafora del termometro possa sembrare strana è proprio quanto emerge dall’analisi di Paul Krugman (premio Nobel in economia) in questo articolo sul The New York Times a proposito delle agenzie di rating.
La S&P’s, insieme ad altre agenzie hanno contribuito pesantemente alla crisi finanziaria del 2008, riconoscendo condizioni di solidità e di affidabilità a banche prossime al fallimento, come la Lehman Brothers, e che hanno scatenato la crisi. Proprio quelle banche che erano imbottite di titoli spazzatura e che avevano sparso in giro per il mondo i loro crediti inesigibili e piazzato sul mercato i loro buchi in bilancio come fossero titoli di credito erano state riconosciute con la tripla A pochi mesi prima del collasso. Le stesse agenzie di rating avevano declassato nel 2002 il Giappone la cui economia, a parte i contraccolpi a breve termine dovuti al declassamento, non mostra oggi segni di malessere se non quelli causati dalla crisi del 2008. Adesso la S&P’s ha declassato gli Stati Uniti e giustamente Krugman si chiede quale credibilità possa avere una simile agenzia. “Queste sono le ultime persone il cui giudizio possa essere credibile.”, dice Krugman.

Detto questo mi sembra che ci sono elementi sufficienti per ritirare le insinuazioni di assurdità alla mia metafora del termometro impazzito che causa la febbre. L’economia, lungi dall’essere mossa da meccanismi razionali, come vorrebbe ancora qualche poveretto neoliberista, si alimenta di dinamiche che sfuggono al concetto classico di razionalità, ci sono processi di feedback positivi e negativi, di contagio sociale, di azioni dettate da valori etici oltre che monetari, di un sostrato emotivo che è ineludibile. Insomma si tratta di una scienza seria che merita menti raffinate, non basta saper fare di conto o essere un “imprenditore in trincea” per parlare di economia come può pensare qualche misera creaturella.

Che il cosiddetto homo oeconomicus non sia esattamente un campione di razionalità l’avevo già argomentato in questo post (può essere utile anche leggere qui e qui). La cosa divertente – ma non troppo - è che una critica ancora più radicale all’adorato paradigma della razionalità può essere estesa ad un ambito relazionale ben più ampio di quello definito dallo scambio di beni che è proprio dell’economia. Non è per fare un torto a Kant, che sulla ragione fonda il suo immenso edificio, ma forse il grande illuminista è stato troppo generoso a pensare che la sua capacità critica avesse carattere universale oppure aveva in mente un concetto di ragione un tantino più complesso di quello banalissimo con cui si balocca quotidianamente chi solitamente ha insanabili turbe emotive.

Prendete per esempio un recentissimo studio che aveva l’obiettivo di capire le modalità di spostamento degli sciami di cavallette (leggi qui per il riassunto in italiano mentre qui trovi lo studio originale, particolarmente divertente[!] il video con la presentazione dello studio). Questi insetti, tutto sommato relativamente semplici, rispondono a stimoli dei loro simili più vicini e, pur non avendo un vero e proprio comando mostrano dinamiche estremamente compatte ed ordinate e i loro sciami sembrano rispondere ad una direzione centrale che pure non c’è. Gli scienziati hanno sempre avuto enormi difficoltà a riprodurre le dinamiche degli sciami di cavallette. In questo studio è stato applicato un approccio proposto in precedenti studi sociali condotti sui social networks, come Facebook e Twitter, allo scopo di capire le modalità di interazione e di formazione delle opinioni nelle comunità umane. In effetti i social networks sono ritenuti un buon modello per studiare le interazioni umane (io ho diverse riserve su questa assunzione ma non intendo soffermarmi sulla faccenda qui, non adesso) e gli studi hanno dimostrato che le decisioni prese o le opinioni che si hanno in un contesto sociale sono fortemente influenzate dalle decisioni e opinioni degli amici e dai contatti nella rete. Ebbene, l’approccio utilizzato per studiare le comunità umane si è rivelato utile per riprodurre le dinamiche degli sciami delle cavallette. Quindi se il principio di transitività è valido in questo caso allora potremmo concludere che un approccio modellistico utile per capire le dinamiche delle cavallette può essere utilizzato con successo per capire la formazione delle opinioni e la dinamica delle decisioni nelle comunità umane e se il salto sembra azzardato parlando di comunità umane tout court lo è certamente meno considerando le comunità in rete!

Come dice Gerd Zschaler, uno degli autori dello studio, "Siamo giunti alla conclusione che il meccanismo attraverso il quale locuste si accordano su una direzione per muoversi insieme (a volte con conseguenze devastanti, come le piaghe delle locuste) è lo stesso che a volte usiamo noi per decidere dove vivere o dove andare: ci lasciamo convincere da quelli del nostro social network, spesso da quelli che vanno nella direzione opposta ". "Non necessariamente prestiamo maggiore attenzione a coloro che fanno la stessa cosa come noi, ma molte volte [prestiamo maggiore attenzione] a quelli che fanno qualcosa di diverso."

7 commenti:

  1. ottimo post, come al solito.
    la cosa che mi spaventa e' pensare che di fronte ad una situazione cosi' manifesta (o almeno cosi' sembra a me) di indicatori che influenzano o sono causa delle variabili di cui dovrebbero esser indice, non si decide di cambiare metodologia di analisi (cioe' non si cambia termometro). si decide di mettere altri soldi. e si scopre la totale inadaguatezza della classe di governatori (non solo quelli italiani, stavolta), dall'aria spaventata e con lo spasmodico desiderio di trovare soldi per alimentare il mostruoso meccanismo. talvolta non sarebbe male scendere... sempra a questo proposito, ti segnalo anche l'articolo di gramellini: http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/grubrica.asp?ID_blog=41&ID_articolo=1030&ID_sezione=56

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  2. Cara Marina siamo rimasti in pochi in questo periodo ma non sia mai che io parta senza risponderti ;-)
    Intanto ti ringrazio, i commenti che arrivano da te, che mi hai tenuto a battesimo su questo blog, sono sempre graditi.
    Cambiare metodologia, dici? Poveretti non vorrai mica disorientarli, ormai si sono abituati a questa metodologia. Se parli di decrescita gli si drizzano i peli prima ancora di capire cos'è (devo dire la verità, complice anche un linguaggio piuttosto incline all'ascetismo religioso da parte dei promotori della decrescita, Latouche in testa). Ad ogni modo in questi giorni mi sto divertendo come un bambino, alla borsa hanno scoperto che acquistare allo scoperto alimenta la speculazione. Così hanno bloccato le operazioni allo scoperto e la borsa risale. Perspicaci i ragazzi! Già, perché se uno compra un mucchio di azioni senza avere i soldi o i titoli in portafoglio per farlo (operazioni allo scoperto), questo fa alzare il prezzo delle quote, poi vende in blocco le azioni e la vendita provoca il crollo del prezzo e lo speculatore è diventato ricco con la differenza! Questo è operare allo scoperto e come immaginerai bisogna comprarne proprio tante di azioni perché il gioco funzioni, non lo fare tu con 100-200 euro che il prezzo neanche si muove di un cent di cent!
    Poi ci stanno i pezzenti che vanno in fibrillazione per la patrimoniale (che io considero sacrosanta) è invece pensano che una ritoccatina alle pensioni si può dare! Per nonparlare che a mensa il pranzo di un precario costa più di quanto costa una abbuffata ad un porco che siede al senato o a montecitorio. Tacciamo pure su quelli che prima osannavano Tremonti perché aveva tenuto i conti in ordine e adesso si sono accorti che per farlo bastava un commercialista, non c'era bisogno di un cretino. Poi i conti in ordine s'è visto come l'ha tenuti! E infine quello che per non mettere le mani in tasca agli italiani (ricchi) adesso è costretto a rivoltarli come pedalini gli italiani (un occhio di riguardo per i suoi amichetti non mancherà di averlo).
    Che dire? Attendo fiducioso l'estinzione.

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  3. Non segnalo articoli, ma continuo a pensare che, fermo restando che ovunque nel mondo i governanti hanno assunto mentalità da feudatari del Medio Evo sempre pronti ad angariare i poveri, la situazione si stia facendo ovunque, non solo in Italia, più esplosiva.

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  4. Dubitare delle agenzie di rating mi sembra la posizione più sensata ai giorni nostri...

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  5. Credo che ciò che tiene in piedi certi indicatori, inaffidabili quanto vuoi, sia proprio il fatto che gli indicatori di qualsiasi genere sono necessari e ineliminabili per la maggior parte delle persone che non ha mai attuato in sé un processo etico e non ha mai portato a termine un'analisi (dove per analisi mi riferisco alla psico-analisi). Teniamo in piedi un costosissimo apparato meteorologico (con tanto di osservatori, colonnelli, cartine interattive, programmi tv, ...) la cui affidabilità è pari al lancio di una monetina in aria per sapere che tempo farà domani. Lo stesso vale per la prevenzione dei terremoti e delle catastrofi naturali, è più affidabile un cane che inizia a guaire quando sente gli ultrasuoni dell'impatto delle falde, prima ancora che si inizi a "ballare". Gli antichi romani consultavano aruspici e indovini anche solo per uscire di casa, i greci gli oracoli e la letteratura comica e tragica è piena di errori e di fraintendimenti ... come nel caso di Creso, re di Lidia, che a causa dell'incerta punteggiatura del responso dell'oracolo di Delfi, si getta in una guerra che vedrà il suo regno occupato e lui prigioniero dei suoi nemici. Questo desiderio di qualcuno che ne sappia più di me riguardo me stesso, riguardo a ciò che devo fare (fosse anche solo come devo investire i miei soldi o quando e dove andare in vacanza) nel mio ambiente viene chiamato transfert.
    Che gli indicatori, poi, partecipino attivamente come concausa che modifica inevitabilmente ciò che indicano, mi pare argomento di tutte le discussioni epistemologiche da qualche decennio a questa parte; non solo modificano ciò che pretendono di indicare, ma ne vengono a loro volta modificati. La partecipazione dell'osservatore in ciò che osserva come rapporto biunivoco è ormai pacificamente accettata, noi non guardiamo obiettivamente un fenomeno, come si pensava qualche decennio fa, noi guardiamo sempre e comunque al nostro rapporto col fenomeno, la scienza non è più un'insieme di fatti obiettivi ordinati, ma un insieme di rapporti disordinati fra osservatore ed osservato, che sarebbero differenti se cambiasse l'osservatore, se cambiasse il fenomeno, se mutasse il momento dell'osservazione, ...
    C'è un altro aspetto del tuo post che mi fa riflettere ed è quello della razionalità, come giustamente sottolinei fa problema la concezione kantiana della razionalità come strumento principe dell'osservazione, è un completo delirio poi il motto hegeliano: "tutto ciò che è razionale è reale e tutto ciò che è reale è razionale". E non serve scomodare l'Amleto di Shakesperare per ricordare a chiunque che ci sono più cose in cielo e in terra ... basterebbe ascoltarsi un po' meno superficialmente per capire che le emozioni sono strumenti conoscitivi molto raffinati e che in un atto conoscitivo c'è tanto di emotività quanto di razionalità. Purtroppo la scienza occidentale ha inserito un delirio pericolosissimi nel sapere dell'Occidente, ha scisso (sempre che ciò sia possibile) la razionalità dall'emotività, considerando la prima affidabile e obiettiva e la seconda inaffidabile e soggettiva. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: una scienza arida, assolutamente priva di afflato poetico e che dal punto di vista soggettivo è assolutamente inutile, perché mi procura certamente comfort, tecnologia, più beni di consumo, ma mi priva degli strumenti e delle strutture psicologici per godermi tutto questo, per non esserne schiavo.
    Ciao

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  6. Caro Garbo, i tuoi commenti sono sempre molto penetranti ma qualche volta andare in profondità può portare fuori strada. Mi riferisco alla relazione osservatore-osservato che giustamente sottolinei. Sono d’accordo con te, la biunivocità è assodata ma sarebbe bastato rimanere alla superficie della mia metafora del termometro per cogliere la critica ad un sistema che, ammantandosi di razionalità, si rivela banale e pericoloso. Leggere in termini epistemologici la metafora complica un po’ la faccenda ma la critica regge, anzi si rafforza.
    Nella relazione osservatore-osservato c’è sempre un mutamento di qualche tipo a carico di entrambi i poli. Può essere un mutamento concettuale (un modello interpretativo del mondo è una chiave di accesso al mondo ma preclude altri accessi, pensa ai paradigmi di Kuhn), oppure un mutamento fisico (per conoscere/misurare una grandezza dobbiamo in qualche modo modificarla). In entrambi i casi si definisce un quadro epistemologico modificato dagli strumenti cognitivi utilizzati, siano essi concettuali o puramente strumentali. Già qui è evidente che il vecchio principio di adaequatio rei et intellectus è una pia chimera ed averlo sostituito con quell’altro delirio hegeliano che citi non ha certo migliorato le cose. Riconoscere una relazione biunivoca tra osservatore e osservato solleva però un concetto molto importante che a me sta molto a cuore, il concetto di scala, ovvero una funzione che descrive le dinamiche spaziali e temporali dell’osservatore e dell’osservato. Se le due scale sono molto differenti o non adeguatamente compatibili si rischiano delle lacune incolmabili nella conoscenza (e dei veri disastri nella vita).
    Prendi ad esempio il principio di indeterminazione di Heisemberg della fisica quantistica, non si può conoscere contemporaneamente la posizione e la quantità di moto di una particella subatomica, perché conoscendo l’una modifichiamo inevitabilmente l’altra. Questo perché le due grandezze possono essere conosciute solo attraverso la lettura dell’energia liberata dallo scontro ad alta velocità della particella di cui vogliamo conoscere le grandezze con un’altra particella, anch’essa lanciata a grande velocità. Non è possibile osservare altrimenti il comportamento delle particelle elementari data la distanza di scala con gli strumenti di osservazione che la nostra storia evolutiva ci ha fornito. Portando l’esempio delle particelle alla nostra scala, è come se sparassimo una palla di cannone addosso ad una automobile per determinarne la velocità o la posizione, solo una delle due, perché l’impatto inevitabilmente modificherebbe l’altra.
    Ecco, se consideri questo esempio capisci l’assurdità di un termometro-palla di cannone che per misurare una grandezza la modifica. L’assurdità non è data da uno scenario epistemologico bensì da una differenza di scala troppo ampia o da una incompatibilità di scala tra osservatore e osservato.
    Caro Garbo, hai sicuramente capito dove voglio arrivare, i nostri strumenti sono fuori scala rispetto a quello che misurano oppure abbiamo creato un mondo fuori scala rispetto ai nostri strumenti ed alla nostra natura. Da qui la mia considerazione per quella che ci ostiniamo a chiamare ragione che, nella migliore delle ipotesi, da biologo non posso che considerare come un accidente evolutivo capitatoci nostro malgrado e che gestiamo con estrema difficoltà. Se poi vuoi sapere cosa ne penso personalmente, in tutta sincerità, di tutte le strategie evolutive la ragione non mi sembra neanche la più ragionevole!
    Scherzi a parte, ci onoriamo di giganti come Kant per non riconoscere che la specie è lontana mille anni luce da quei vertici. La specie umana, come specie, si comporta secondo gli schemi di crescita delle popolazioni batteriche, come già metteva in guardia Arnold Gehlen negli anni ’60. Cresce, cresce, cresce fino a che c’è disponibilità di nutrienti, poi una volta finito il brodo…
    A presto

    @cooksappe: non necessariamente!

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