I morti sul lavoro sono diminuiti nel primo semetre 2009 rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente e il ministro Sacconi, con opportuna cautela, saluta la buona notizia perché indica l'auspicata applicazione delle norme sulla sicurezza del lavoro. E avrebbe pure ragione a salutarla, se fosse vera! Il problema è che, oltre all'influenza A, gira da tempo anche la ‘sindrome del pollo’ che colpisce fondamentalmente elaboratori di dati e ministri disattenti e da questo centro di incubazione il contagio si estende alla popolazione. Se si fosse immuni dalla devastante sindrome che riduce al minimo la capacità di analisi numerica si capirebbe subito che la percentuale di morti in un anno, se calcolata in base ai morti dell’anno precedente, risente del numero di persone effettivamente al lavoro (tra l'altro a poco valgono i confronti con il dato occupazionale comunicato da ISTAT per il primo semestre 2009 perché in quest'ultimo sono compresi i cassintegrati, che risultano tra i lavoratori ma di fatto non lavorano!). Se invece ogni anno si calcolasse la percentuale di morti rispetto al numero effettivo di occupati e si seguisse questa grandezza negli anni forse rimarrebbero pochi motivi per rallegrarsi.
La stessa INAIL riporta un po' di numeri per fare qualche considerazione: "Nel primo semestre del 2009 gli infortuni sul lavoro sono stati 397.980 contro i 444.958 del primo semestre 2008, mentre i casi mortali sono stati 490 a fronte dei 558 dello stesso periodo dell'anno precedente." pari ad una diminuzione del 10,6% di incidenti complessivi e del 12,2% di casi mortali. Sono questi i dati che comunica INAIL e che secondo l'Istituto è "soltanto parzialmente imputabile agli effetti della recessione economica."
Vogliamo crederci, ma perché non fornire anche il numero dei lavoratori per ciascun anno? Inoltre, sarebbe interessante sapere, oltre al dato nazionale, anche i dati di incidentalità e mortalità, così come io propongo, per ciascun settore produttivo. In questo modo qualcuno potrebbe farsi due conti della serva e trovare qualche spiacevole sorpresa.
Se non si può pretendere che ogni media sia accompagnata da opportuno indice di variabilità tra i diversi settori (cosa che avrebbe risolto anche le perplessità di Trilussa, ma ai poveri elaboratori non vogliamo chiedere cose 'troppo complicate'), che almeno si facciano le percentuali correttamente. Non dovrebbe essere difficile per chi fa le statistiche ed è abituato a "calcoli di valore scientifico" (ipse dixit Marco Fabio Sartori, Presidente/Commissario straordinario INAIL)!
La Statistica
Sai ched’è la statistica? È ’na cosa
che serve pe’ fa’ un conto in generale
de la gente che nasce, che sta male,
che more, che va in carcere e che sposa.
Ma pe’ me la statistica curiosa
è dove c’entra la percentuale,
pe’ via che, lì, la media è sempre eguale
puro co’ la persona bisognosa.
Me spiego: da li conti che se fanno
secondo le statistiche d’adesso
risurta che te tocca un pollo all’anno:
e, se nun entra ne le spese tue,
t’entra ne la statistica lo stesso
perché c’è un antro che ne magna due.
Trilussa
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