L'uomo esaminava i binari con meticolosità pignola. Faceva correre lo sguardo sulla superficie di ferro per capire dalla lucentezza se si trattasse di binari utilizzati frequentemente o arrugginiti e ormai in disuso. Dopo averli passati tutti in rassegna andava via. Ogni giorno la stessa scena. Tornava a casa senza avere trovato il suo treno e nessuno sapeva dire se questo lo rendesse più afflitto o sollevato. Nessuno riusciva a leggere l'espressione del suo volto quando lasciava la stazione ma sapevano che avrebbero rivisto quell'uomo il mattino dopo.
Passarono molti giorni prima che gli inservienti della stazione di accorgessero che l'uomo che ogni giorno cercava il suo treno non si faceva più vedere. In stazione si accedeva ormai con il biglietto e quell'uomo non ne aveva. Forse era stato fermato dalla vigilanza all'ingresso, forse aveva cercato un'altra stazione da cui sarebbe partito il suo treno.
Anche io amavo vagare in stazione, quando c'era l'occasione, quando bighellonavo con qualche ora libera e passavo per il centro. Affascinano i binari, i treni fermi come cetacei fuor d'acqua. Incutono timore ma sollecitano anche sogni di viaggi infiniti. Ora non più.
RispondiEliminaE a ben pensarci, un sacco di altre cose non più.
Ci hanno tolto anche la poesia delle stazioni
RispondiEliminaChissà, forse troveremo altra poesia in altro modo.
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