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giovedì 12 febbraio 2015

A terra è tunna!

Cinzia Sciuto. La Terra è rotonda. 
Kant, Kelsen e la prospettiva cosmopolitica.
2015, Mimesis edizioni.
"A terra è tunna!" dicevano i miei bisnonni, "a terra è tunna!" dicevano i miei nonni. Così dicono ancora i miei genitori. Significa "la terra è rotonda", è un'espressione usata per rispondere alla violazione di un profondo senso di giustizia, quando c'è un sopruso apparentemente impunito. La terra è rotonda perché è uguale per tutti e non ci sono posti privilegiati, prima o poi ci si incontra e le ingiustizie devono essere riparate. La terra è rotonda e prima o poi toccherà occupare il posto di qualcun'altro, magari proprio il posto della persona offesa, lo stesso posto della persona indigente per la nostra indifferenza, per la nostra tracotanza.
La terra è rotonda è una di quelle espressioni che considero infinite, perché non finirei mai di scavarne significati. Nella sua disarmante semplicità questa espressione rivela un profondo senso etico, un bisogno di giustizia che ancora oggi non trova soddisfazione. Rivela la consapevolezza di quanto sia necessario un equilibrio nelle vicende del mondo, un equilibrio in cui nessuno, persona o Stato, prevalga sull'altro. Mi sono ricordato di questa espressione ricorrente in famiglia leggendo il titolo del libro di Cinzia Sciuto appena pubblicato e che leggerò presto. Lei mi ha fatto ricordare che "la terra è rotonda" è un'espressione di Kant. Non ricordavo più quel passaggio di "Per la pace perpetua" dove Kant dice "Nessun individuo, avendo, in origine, diritti maggiori di un altro sovra una porzione della terra, e questa essendo sferica, gli uomini devono sempre, alla fin fine, tollerarvisi reciprocamente."
Sono passati molti anni da quando lessi il saggio di Kant, sicuramente meno di quanti ne sono passati da quando ho sentito dire per la prima volta "a terra è tunna". Allora non seppi riconoscere nelle parole di Kant quanto ascoltavo in casa. Nessuno nella mia famiglia contadina aveva letto Kant. Forse certe voci si possono capire chiaramente solo quando sono lontane.

6 commenti:

  1. Un'espressione quanto mai adatta ai tempi che stiamo vivendo.
    Cristiana

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    1. E' una massima sempre valida. "A terra è tunna e gira pe tutti!", questa era la massima per intero. Ciao

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  2. Un giorno dissi all'insegnante di filosofia che anche nel senso comune di intendere le cose vi è intriso un pensiero filosofico. Mi rispose di no, che mi sbagliavo. Invece penso che anche chi non si è mai approcciato allo studio della filosofia abbia capacità di astrazione tale da comprendere,attraverso il suo esistere e quello tramandato dai predecessori, e formulare un pensiero filosofico. Il mio insegnante...chissà cosa avrà inteso, in quel momento!?
    Un abbraccio Nou

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    1. Cara Nou, quanto è complessa la tua osservazione! Non so cosa abbia inteso il tuo professore ma sono sicuro che non ha colto tutta la complessità di quanto dicevi. E' scritto in una lingua difficile il quotidiano e quello che chiamiamo senso comune non sempre è la banalità e la chiacchiera di cui si soddisfano pance piene e teste vuote. Il quotidiano, quello che ho imparato a leggere a fatica, è fatto di cose semplici come una ricetta che fa pensare al tempo, una battuta che rimanda all'etica del lavoro, negli ulivi e nei muretti a secco che in-segnano confini e i limiti. E' scritto in una lingua difficile il sapere quotidiano, pieno di necessari scarabocchi che bisogna ignorare e gioielli disseminati che bisogna imparare a setacciare. E' un sapere delle mani che la testa ha scordato, un sapere esperienziale, non teoretico e come dicono i filosofi primum vivere, deinde philosophari. Cara Nou, non so rispondere con la sicurezza del tuo insegnante alla tua osservazione ma io ho l'alibi di non essere un filosofo.
      Ti abbraccio.

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  3. Dalle mie parti si dice: "U munnu è 'na rota ca gira" (il mondo è una ruota che gira), credo con analogo significato: ciò che stava sopra sta sotto e ciò che stava sotto sta sopra. Mia mamma mi raccontava di un tale Venerando (è un nome proprio dalle mie parti), un minus habens che svolgeva i ruoli più umili per campare, un giorno una fornaia gli affidò del pane in eccesso da vendere per il paese, lui lo vendette (in parte lo regalò) e intascò il compenso senza dar niente indietro alla fornaia. Quest'ultima lo citò in giudizio e raccontò ai giudici cos'era successo; questi cercarono di capire la versione di Venerando (altro che la versione di Barney), ma Venerando non aveva alcuna versione, gran parte del pane l'aveva regalato ai poveri (quelli più poveri di lui, perché adesso che aveva il pane era ricco ... anche se non era suo), quelle poche lire che gli erano fruttate il pane che aveva venduto se le era bevute in osteria con gli amici. Per cui aveva poco da dire alla "legge"; cominciò a farfugliare: "Vede, Signor Giudice, prima lei [la fornaia] era di sopra e io di sotto, ora io do sopra e lei di sotto ....". Sembrava il delirio di un folle, o sfrenate posizioni del kamasutra ... ma era semplicemente il fatto che "u munnu è na rota ca gira" ... "prima iu i sutta e idda i supra, ora iu i supra e idda i sutta". :-) Per i sottotitoli non esitate a consultarmi ;-)
    Ciao
    P.S. Lodevole iniziativa, il libro sarà indubbiamente interessante.

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    1. C'è sempre stato un sapere nei cosiddetti "folli" che i "savi" hanno dimenticato. E' bello il tuo aneddoto, ne conosco tanti simili in cui "lo scemo del villaggio" mostra chiaramente quanto gli abitanti del villaggio siano scemi. Appena ho letto il tuo commento mi è tornata in mente quella bellissima scena del Macbeth: "La vita è solo un'ombra che cammina, un povero attore che si pavoneggia e si dimena per la sua ora sul palcoscenico e poi non si sente più nulla: è una favola raccontata da un idiota, piena di suoni e furia, che non significa nulla." Questo i minus habens folli lo sanno meglio di chiunque altro, mentre i minus habens normali non lo sanno.
      Non ho bisogno dei sottotitoli almeno per la Sicilia orientale. Anni fa per lavoro m'è capitato di andare in barca insieme ai pescatori di Ortiggia, mi divertivo come un matto, appunto, a parlare io il mio dialetto e loro il loro, ci capivamo benissimo sotto gli occhi attoniti di piemontesi ignari di quanto di dicevamo ;-)
      Ciao

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