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mercoledì 15 ottobre 2014

Dilemma etico

Piove a dirotto e hai fame. E' tardi e dopo una giornata di lavoro la stanchezza lascia poche energie per mettersi a cucinare qualcosa. In frigorifero non c'è neanche l'occorrente per fare un'insalata al volo. Puoi ordinare una pizza con consegna a domicilio. Basta una telefonata e nel giro di mezz'ora un pony express ti porta a casa la pizza calda, magari con un paio di supplì.
Chi consegna pizze a domicilio deve muoversi in fretta e lo fa su due ruote, non può ripararsi dalla pioggia. Ultimamente questo è un lavoro che fa anche chi il lavoro lo ha perso o non lo trova, non è più un lavoretto per arrotondare la paghetta. Normalmente chi fa questo lavoro è pagato a numero di consegne, il resto lo guadagna con le mance che riesce a raccogliere.
Cosa fai? Ordini la pizza o rinunci perchè non vuoi che qualcuno si bagni per portartela a casa?

7 commenti:

  1. Do per scontato che il tuo frigo sia davvero vuoto e che dentro ci trovi soltanto l’eco delle valli altoatesine quando cantano gli jodel, perché a volte con poco si riesce ad organizzare una cenetta niente male, immagino che la stanchezza sia tanta da rendere impossibile una uscita, così come do per scontato che sotto casa non devi avere niente di allettante, ti rimangono solo tre opzioni: vai a letto senza cena; ricorri all’autoipnosi suggestionandoti che stai mangiando un’ottima pizza; telefoni a speedy pizza e te la fai portare.
    E non importa se il corriere si bagna, tanto si bagnerebbe lo stesso anche senza la tua ordinazione … anzi, è già bagnato … puoi anche essere umanamente dispiaciuto per lui, tutto, purché non si bagni la pizza … questo si che sarebbe un autentico delitto.
    Noi esseri siamo impermeabili … la pizza no, se prende la pioggia diventa pan bagnato.
    Ciao

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  2. I dilemmi etici che attanagliano la filosofia morale sono di solito più drammatici di quello posto da me quasi per divertimento e siccome oggi ammazzare l'uomo grasso è diventato uno sport mi sono chiesto se non era il caso di partire con domande più basilari, più semplici. In questo terreno non ci sono risposte esatte, si va per mare aperto e ognuno si aggrappa allo scoglio che trova ma quello che è peggio è che abbiamo perso la capacità di formulare quelle domande.
    Ciao

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  3. “…quello che è peggio è che abbiamo perso la capacità di formulare quelle domande”, al contrario, Antonio, le formuliamo di continuo, litighiamo continuamente su ciò che sarebbe giusto o su ciò che sarebbe sbagliato, gran parte del gossip non è altro che mettere alla berlina “morali” diverse dalla nostra, ridicolizzandole e cercare conferma per la nostra morale.
    Molte discussioni vertono non tanto sui contenuti, quanto sulla uniformità dei nostri principi morali, frequentiamo e sposiamo persone che la pensano più o meno come noi su alcune problematiche che la vita ci pone o ci potrebbe porre.
    Il problema che genera questa continua discussione “meta”-morale è il fatto che una morale è il prodotto di una cultura condivisa; oggi non esiste più una cultura condivisa, esiste la frammentazione delle culture, ogni cultura ti offre la propria morale, tu puoi provarla, vedere quella che ti cade meglio, quella che ti sembra più conveniente, e indossarla … almeno finché non ti sarai stancato e ne avrai trovata una migliore di questa.
    L’etica è un’altra cosa, è l’arte di vivere bene, il determinarsi soggettivo, la proairesis (decisione di principio), il diventare ciò che si è, la palestra per l’azione, la ricerca della nostra eudaimonia (agio di vivere), e non ha niente a che vedere con l’interrogarsi su ciò che sarebbe giusto fare, perché l’uomo etico sa benissimo cosa fare, è come Antigone, Abramo, Giobbe, Oreste, Ettore e non come Amleto.
    Ciò che deve fare è inscritto da sempre nelle stelle, nel suo destino di umano e può anche essere in contrasto con la morale dominante, con la legge dell’uomo (non necessariamente, altrimenti stiamo pensando ad un bastian contrario e non ad un uomo etico), potrebbe anche costargli la vita o potrebbe essere il gesto estremo di porre egli stesso fine alla sua vita, ma quello è ciò che deve e vuole fare (Antigone paga con la vita la propria trasgressione all’ordine tassativo di Creonte, Seneca si toglie la vita per non metterla in balia della follia di Nerone).
    Può anche accadere che l’agire dell’uomo etico sia moralmente riprovevole, Antigone non trova molte persone disposte ad approvare il suo gesto, il fratello Polinice aveva portato una guerra tremenda a Tebe, aveva messo a rischio l’intera città, e non aveva esitato a versare il sangue dei concittadini e dei fratelli pur di vincere; Seneca ordisce una congiura per far assassinare la madre di Nerone, dopo che il primo tentativo di quest’ultimo era fallito miseramente … far uccidere la madre del proprio pupillo, quella stessa donna che aveva fatto revocare l’esilio del filosofo, non stava bene, consigliare al proprio pupillo di eliminare sua madre era orribile (e questo con buona pace di quei cattolici che ritengono Seneca un precursore del cristianesimo), ma Seneca fa tutto questo da una posizione etica, assumendosene ogni responsabilità e ponendosi al di la del bene e del male.
    Ciò che manca davvero, per come la vedo io, è la distinzione fra etica e morale, una sorta di disciplina filosofica, etica, politica, religiosa o sapienziale che prima ancora di insegnarti ciò che è bene e ciò che è male, ti insegni ad essere un soggetto in grado di valutare e di decidere da solo chi sei e cosa vuoi fare.
    Diversi anni fa tenevo corsi universitari su questo argomento, sostenendo che oggi l’unica etica che ci è rimasta è solo la psicoanalisi, l’unica disciplina che fa emergere il soggetto dalle macerie in cui lo seppelliamo, come orpello inutile, e che non si pone l’obiettivo di darti consigli o di fare operazioni di restyling sulla facciata per farti continuare a funzionare nello stesso modo ma con più efficacia e senza quelle fastidiose scorie che sono l’ansia, l’angoscia, la tristezza, la sensazione di vuoto, la depressione e l’assillo sul proprio valore di mercato.
    Ciao

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    1. Caro Garbo, se non facciamo altro che litigare è perché formuliamo solo risposte, ma sono risposte che precedono le domande e in questo paradossale ordine non contemplano l'apertura della domanda. Di fatto non sono risposte ma asserzioni apodittiche. Metti la necessità di confrontarsi con una scala spaziale e una varietà culturale più ampia di quella in cui i nostri sistemi emotivi si sono sviluppati e viene fuori una sorta di cortocircuito dell'empatia se non una atrofizzazione del sistema. Concordo con te che occorre distinguere etica e morale, e in effetti c'è differenza, mi piace molto quello che disse tempo fa la De Monticelli a proposito di un ethos (di cui il latino mores è un lontano parente) per me, come scala di valori per me, e ethos collettivo, inteso come il mio dovuto a tutti.
      Noto un'altra cosa, tutti i nomi che fai, Seneca, Antigone, lo stesso Amleto che sceglie di non scegliere, hanno portato su di sé le conseguenze delle loro scelte, cosa molto diversa dal brandire questo o quel principio con la pelle altrui. Credo che su questo punto si dovrebbe riflettere quando si parla di etica. Per il resto non so se ciò che è giusto è scritto nelle stelle, preferisco pensarlo come frutto storico di un confronto e di un continuo porsi domande, un continuo esercizio per tentare di dare risposte. Un saluto.

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  4. Però se tutti rinunciano per non far bagnare il ragazzo che porta le pizze a domicilio, quel ragazzo sfortunato perde pure il lavoro. E' un dilemma etico atroce, perché atroce è il mondo in cui prende forma...

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    1. Cara Cri, l'ho detto. Qui non ci sono approdi sicuri, qui si va per mare aperto e il mare diventa sempre più vasto. A presto.

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  5. Ordino la pizza, i supplì e preparo una lauta mancia
    SL

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