I numeri sull'incidenza dell'articolo 18 sul cosiddetto "mercato del lavoro" sono riportati in questo articolo. Tutti riferimenti pubblici e da agenzie internazionali, noti da tempo e non particolarmente difficili da trovare. Eppure in qualsiasi dibattito televisivo o articolo di giornale raramente emergono questi dati. Il mantra è che l'eliminazione dell'articolo 18 rilancerà gli investimenti ma i cosiddetti giornalisti del martedì e del giovedì sera non si fanno nemmeno sfiorare dalla tentazione di chiedere ai loro ospiti di quali informazioni dispongono per stabilire la relazione tra la definitiva cancellazione di quello che è rimasto dell'articolo 18 e il rilancio degli investimenti. La giaculatoria ricorrente dei lavoratori superprotetti è una bufala ma i numeri non contano né per politici arrembanti né per giornalisti che fanno da spalla ai comici.
Stesso discorso vale per il TFR da "mettere nelle tasche degli italiani". Da un lato c'è chi è a favore per rilanciare i consumi - magari lo stesso "rilancio" dei famosi, o famigerati, 80 euro! - dall'altro c'è chi non è favorevole perché toglierebbe risorse alle aziende creando più danno che beneficio all'economia. Nessuno che si periti di dire se sono stati fatti i conti della serva per stabilire quale effetto possa avere lo spostamento delle risorse. Nessuno che si preoccupi di chiederli questi benedetti conti della serva. I conti della serva sto dicendo, mica previsioni modellistiche!
A mio avviso chi vuole cambiare le cose ha il dovere di portare dati e argomenti per sostenere il cambiamento, lo stesso vale per chi sostiene la tesi contraria. Chi si occupa di informazione ha il dovere di sollecitare argomenti verificabili e/o falsificabili (vedi lezione di Popper). Chi si occupa di informazione in televisione non deve concedere nulla a retorica e monologhi. Chi si occupa di informazione deve far venire fuori i dati concreti, le previsioni di impatto delle riforme, deve far emergere se una proposta è formulata solo perché non si sa che pesci prendere. Già, perché è forte l'impressione che il governo avanzi proposte di riforma con la malcelata intenzione di alzare la polvere sufficiente per nascondere l'incapacità di incidere su una situazione economica drammatica.
Dopo decenni di evasione fiscale, corruzione, economia sommersa, fuga di capitali, delocalizzazioni, depauperamento dei salari a favore di profitti non reinvestiti, passaggio del rischio dall'imprenditore al lavoratore con annessa promozione del precariato, tassazione del reddito da lavoro e detassazione delle rendite finanziarie, cancellazione della progressività contributiva, mescolamento di attività commerciali e finanziare delle banche, spostamento delle risorse dall'economia tradizionale alla finanza, aumento vertiginoso della distanza tra ricchi e poveri, dopo tutto questo la situazione è tragica e nonostante il "consenso" non vedo alcun segno che mi faccia pensare che l'attuale salsicciaio voglia intervenire su nessuno di questi problemi.
La situazione oggi è come quella descritta 2500 anni fa da Aristofane nella commedia i cavalieri. Due demagoghi si confrontano in piazza a colpi di bassa retorica. Alla fine vince Salsicciaio e Popolo ritorna giovane. Oggi, a differenza di 2500 anni fa, il confronto tra Paflagone e Salsicciaio è preceduto dalla copertina di un comico geniale, il resto fa da spalla al comico, una spalla debole. Vale la pena di vedere solo la copertina.
"Concludiamone dunque che il mondo sarebbe assai migliore se ciascuno si accontentasse di quello che dice, senza aspettarsi che gli rispondano, e soprattutto senza chiederlo né desiderarlo." José Saramago
venerdì 3 ottobre 2014
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Molto bella l'immagine che il dibattito politico faccia la spalla al comico, e anche molto vera ... tanto è vero che spesso io dopo la copertina di Crozza ad esempio cambio canale o faccio altro, perché contro ogni consuetudine, la spalla, l'accompagnatore, giunge dopo il comico e non prima o di contorno. Ma, a ben guardare, anche queste spalle che occupano la scena sono soltanto "pupi" ... confindustria (e cioè quell'associazione di uccelli rapaci, volatili da rapina, speculatori e non imprenditori, avventurieri che hanno svenduto i marchi più prestigiosi del made in Italy e che stanno spolpando quel poco che ne rimane) è da anni che chiede la "testa" dell'Art. 18, persone che hanno questo concetto limitato dell'economia sono fuori mercato e fuori del mondo, stanno solo cercando di raschiare il barile per ricavarne l'ultimo strato di feccia ancora commestibile a costo di affossare tutto il resto.
RispondiElimina"Chi si occupa di informazione in televisione non deve concedere nulla a retorica e monologhi...", sicuro che si occupino di informazione, o fanno solo spettacolo e creano opinioni preconfezionate che i supporter di questo o di quello potranno giocarsi al bar contro presunti avversari come se si trattasse del derby Inter-Milan? Io ancora non riesco a digerire questa cosa tutta italiana per cui uno prima è di destra o di sinistra e poi è giornalista, messo li dalla desta o dalla sinistra, e tutti noi riteniamo questo fatto perfettamente normale. In paesi più seri uno prima è giornalista, ha cioè come riferimento il lettore e l'informazione, e dopo può essere di destra, di sinistra o qualsiasi cosa desideri.
Ciao
Caro Garbo, c'è una bellissima citazione di Gaetano Salvemini riportata anche in wikipedia: «Noi non possiamo essere imparziali. Possiamo essere soltanto intellettualmente onesti: cioè renderci conto delle nostre passioni, tenerci in guardia contro di esse e mettere in guardia i nostri lettori contro i pericoli della nostra parzialità. L’imparzialità è un sogno, la probità è un dovere.»
RispondiEliminaSulla scia di questo pensiero ti dirò che a me stanno bene i giornalisti di parte purché intellettualmente onesti, non sopporto i cosiddetti imparziali che normalmente sono solo equidistanti. Del resto non basta neanche l'onestà intellettuale, bisogna inessere informati e curiosi per fare i giornalisti, bisogna essere affamati di perché, assetati di risposte. L'ospite deve soddisfare la curiosità pantagruelica dell’intervistatore, oltre la bulimia, deve essere trascinato in un buco nero di perché e mostrare di essere competente altrimenti farà vedere subito quanto vale senza perdere tempo con mediocrità riciclate. Fosse solo per questo gli ospiti non possono essere nullità balbettanti i soliti slogan di chi è fallito nella vita civile e si butta in politica. Dei decantati Floris non ho mai digerito l'aver imposto sulla scena del dibattito politico autentiche nullità, vedi caso polverini che polverini era e polverini è tornata!
Giorni fa mi sono fatto bastare 20 minuti del successore di Floris davanti alla Boschi. Dove era la curiosità dell’intervistatore? Dov’era la competenza dell’intervistata? Ecco la genesi di una “star” della politica. Per non parlare di Fazio che "intervista" il bullo 2.0, praticamente ci vuole l'antiemetico per mettersi davanti al televisore. Una girandola di chiacchere e non uno straccio di informazione. Sull'articolo 18 l’unica idea che i numeri mi consentono di avere è che si deve regalare un trofeo a don Silvio. Se per le altre "riforme" vale lo stesso sospetto siamo una botte di ferro...disse Attilio Regolo.
Ciao.
Bella replica la tua, divertente e godibile, ma io non chiuderei la faccenda sollevata nella dicotomia parzialità (ineliminabile e quindi o è esibita e dunque onesta o è nascosta e dunque disonesta) e imparzialità che diventa chimera o equidistanza o, ancora peggio, ignavia. Io mi ispiro molto al mondo greco antico non come mondo ideale ma come esordio della nostra civiltà in cui, anche se con molta difficoltà, si possono trovare delle sbiadite tracce anche nella nostra cultura. Le poleis greche erano città etiche, nel senso che si ponevano il problema di educare il cittadino; prima ancora di insegnare competenze tecniche e nozioni indispensabili, educavano il fanciullo ad essere un cittadino ateniese, spartano, tebano, corinzio ... e soltanto dopo diventava il vasaio, il commerciante, il marinaio, il sostenitore di Atenagora o di Anassagora. Perché un giornalista non potrebbe e non dovrebbe essere (perché non potremmo pretendere noi che lo sia) prima di tutto giornalista, cioè uno curioso che fa le pulci a chiunque e che ha come primo obiettivo quello di informare e di essere credibile verso i suoi lettori, ascoltatori e il suo pubblico televisivo e soltanto dopo n simpatizzante politico di Tizio, di Caio o di Sempronio?
RispondiEliminaE, ancora, ammesso che simpatizzi per Tizio, a maggior ragione dovrebbe fare le pulci a Tizio più di chiunque altro, perché prima di dare la tua fiducia a qualcuno dovresti accertarti se questo qualcuno merita davvero la tua fiducia … ma per far questo bisognerebbe essere prima di tutto uomini liberi … ecco, gli ateniesi prima cercavano di educare degli uomini liberi e solo dopo si preoccupavano che sapessero salare il pesce al punto giusto.
Ciao
ma è esattamente quello che sostengo, mancano gli uomini liberi. Manca il cittadino. L'onestà intellettuale non è il semplice dichiarare le proprie simpatie, è avere la forza di riconoscere storture, abusi, idiozie, da qualunque parte vengano e, come dici tu, essere più intransigenti con chi sarebbe dalla tua parte. Insomma "un curioso che fa le pulci a chiunque" per me è la definizione perfetta per chi fa informazione. Il problema è che anziché di in-formazione, che porta in sé il seme della formazione, i giornalisti si occupano di notizie, ovvero di ciò che si nota. Quest'ultimo ruolo sottolineò il succitato Floris che faceva da moderatore in un convegno cui ho assistito anni fa. Ciao
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