Milano è una città disponibile ad assumere qualunque identità perché non ne ha una che fortemente la caratterizzi. Passeggia per Roma, Torino, Genova, Venezia, Napoli, Palermo, Firenze, Lecce, ognuna ti dice dove sei, ognuna ti dice "io sono Roma, imperiale e vaticana", "io sono Torino, austera e sabauda", "io sono Genova, crocevia del mare"..., ognuna ti impone il suo carattere e la sua genealogia, ognuna ti dice che non puoi essere altrove. Milano non dice nulla, attende la forma che le verrà data da chi la visita.
Milano, continuamente assetata di risorgimento, non è né austriaca né italiana, passeggiando per le sue strade sai di essere a Milano perché hai l'opaca sensazione che potresti essere ovunque, un ovunque metafisico, sospeso e atemporale, come i quadri di De Chirico. Questa città è la porta girevole da cui l'Italia esce e l'Europa entra, si intravedono passando ma non si toccano. Sta in mezzo Mediolanum. In mezzo a cosa?
E' la terza volta che visito Milano e per la terza volta non riesco ad afferrare questa città. Milano perenne periferia o cardine d'Italia? Milano è il cuscinetto d'Europa che forse ha visto anzitempo la caduta delle certezze asburgiche. Città perfetta per allestire la mostra di Klimt che con la sua pittura anticipa la letteratura di Musil. Milano, città senza qualità, come Ulrich, perché una strada contraddice l'altra e entrambe sono vere. Milano è nulla pronto a diventare tutto, è uno spietato avamposto del progresso, una stazione di sosta in un viaggio per non si sa quale meta, una stazione di sosta ricca nella quale ci si può fermare a lungo, in attesa di una Grande Compagnia che ci venga a recuperare e che forse non arriverà in tempo.
Confesso di non conoscere abbastanza Milano. Posso dire però che a Genova sai di essere a Genova :-)
RispondiEliminaNeanche io posso dire di conoscere bene Milano, ho scritto le mie impressioni come tempo fa le scrissi di Genova. Mi piacerebbe che un milanese si facesse sentire, per aiutarmi a capire.
EliminaFra i desideri (pochi) che ancora mi rimangono c'è il desiderio di passeggiare nelle città storiche. A Roma mi sento a casa, la sua noncuranza del tempo che passa mi dà una tranquillità interiore che non trovo in nessun altro luogo di così tanta bellezza. A Venezia c'è una magnificenza superba che sta a guardare o si fa guardare, mitigata dal lento movimento delle sue acque e barche nei canali con sonorità ovattate dal particolare microclima lagunare. Firenze ricca e incombente di maestosa architettura, mi fa sentire quasi prigioniera fra le mura dei palazzi che delimitano le vie, pur non mancando di straordinarie aperture e vedute. Gli altri capoluoghi li conosco solo dai filmati salvo Milano in cui sono stata solo un paio di volte al Duomo, alla Basilica di Sant'Ambrogio e in un bar vicino alla stazione ferroviaria centrale, dove ho degustato il mio primo toast :)))) negli anni sessanta (Ne parlo in un mio raccontino) . Devo dire che quello che ricordo di Milano, sia soprattutto quelle due ore di pausa del viaggio per prendere qualcosa. Ricordo una città laboriosa e persone che sapevano dove andare e cosa fare. Discrete per non voler perdere tempo in ciance. Una città dove c'era posto per tutti, accogliente quindi, per chi sapeva cavarsela da solo, con il proprio lavoro. Il lavoro sembrava inesauribile in quei tempi. Per le donne, bastava non voler fare le segretarie ... beh sì! era una città maschilista e puttana! Ora è senz'altro come la descrivi tu e forse un po' anche allora, in quel pomeriggio di sole germito dall'afa, con i movimenti leggeri e il vociferio sommesso degli avventori, il cameriere come un personaggio da operetta... anche allora una città matafisica.
RispondiEliminaUn abbraccio
Nou
Correggo:metafisica.
RispondiEliminaCara Nou, a me piace passeggiare nelle città invisibili, quelle descritte da Calvino. Le città sono l'emanazione della nostra natura. Lì vi si legge il nostro passato e, ahimé, anche il nostro futuro. A volte mi capita di leggere male ma accetto il rischio purché il mio visitare una città non sia solo un camminare sul suo asfalto. Anche a te piace visitare le città invisibili, ne ascolti le voci, degli uomini e delle pietre. E' come dici tu, Milano è città operosa, non perde tempo in ciance e forse quell'incessante operare le è servito a distrarsi dalla solitudine che oggi aleggia più di ieri nelle sue strade. Un abbraccio a te.
RispondiEliminaVado spesso a Milano, per lavoro, per aggiornamento, perché ho molti amici e perché per qualche periodo ho esercitato la professione anche li facendo il pendolare; credo di conoscerla decentemente, non in maniera approfondita come se ci abitassi, ma mi so muovere in alcuni ambienti che mi piace frequentare. Ciò che ti offre Milano, qui al nord, non è facile da ritrovare altrove, vuoi organizzare un evento artistico o culturale, vuoi una sala del settecento con stucchi e arazzi sulle pareti e lampadari in cristallo di Boemia? Vuoi una sala hi tech con illuminazione a led e mucche volanti che scendono dal soffitto? Non esiste città che ti offra così tante soluzioni per ciò che vuoi fare, per la serata che vorresti trascorrere, per divertire e sorprendere i tuoi amici. Parli di vacanze con un milanese, qualsiasi cosa tu possa dire lui è oltre, è andato in Mongolia in parte in aereo, in parte in jeep, in parte in cammello, ha dormito in alberghi e in una gher in feltro e cuoio con il popolo della tundra, ha bevuto un te condito col burro rancido e bevuto latte di cammella. Dopo un racconto così come faccio a dirgli che ho trascorso l'estate per l'ennesima volta in Sicilia e mi sono nutrito di buonissime pizze margherita? Questa identità fluida di Milano, che tu cogli benissimo, è in realtà il suo punto di forza; a Milano meglio che altrove può accadere qualsiasi cosa, proprio perché ha perso quasi completamente ogni identità, per questo può prendere in prestito qualsiasi identità. In questo è in buona compagnia con molte altre città che stanno scrollandosi di dosso le vestigia del passato, per poter assumere qualsiasi vestito i tempi impongono. Molte persone che conosco sono state ad esempio a Barcellona, io la Spagna la conosco decentemente e mi sono chiesto il motivo di questa epidemia barcellonese quando la Spagna offre molto di più e di meglio. Cosa spinge tanti individui ad andare in pellegrinaggio assidui li e non altrove? Forse perché Barcellona è la meno caratterizzata fra le città spagnole? Forse perché li si sono tenuti recentemente alcuni eventi e si è decisa quella sede perché qualsiasi altra città con identità più determinata avrebbe dato un'impronta propria agli eventi, mentre a Barcellona erano fondamentalmente gli eventi a dare l'impronta alla città? Perché a Roma, ad esempio, gli extracomunitari presenti parlano il romanesco e a Milano invece no? Noto con un certo dispiacere che in molte città la globalizzazione sta dando la sua zampata tesa a piallarle, a unificarle, a renderle un'unica grande cosa informe, come un omogeneizzato dove non distingui più i sapori. Puoi comprare le stesse cose , esistono in tutte le città una serie infinita di negozi tutti uguali, con giovani commesse vestite tutte uguali, che si somigliano persino fra di loro; esistono pizzerie, ristoranti, paninerie che puoi trovare praticamente ovunque, dove fanno piatti, pizze e panini esattamente identici e con lo stesso sapore in ciascun continente dove sono insediati e non è lontano il momento delle gondole in vetroresina che vengono dalla Cina, dove il gondoliere invece che Toni o Bepi si chiama Cheng, Dimitrie o Vassilij. L’unica caratteristica tipica di Milano al momento attuale, sembra essere l’uso imperterrito e sistematico della tangente, e non si tratta di banale corruzione, quella la troveresti ovunque, ma si tratterebbe di casi sporadici, biasimati da tutto il resto della popolazione e duramente perseguiti, qui, invece si tratta di un sistema che puoi smantellare quanto vuoi ma si riforma più forte di prima e con gli stessi personaggi di prima persino (che conoscono bene il marchingegno), con la complicità addirittura dei sistemi di controllo (che magari si fingono scandalizzati o danneggiati, ma intanto quegli uomini compromessi sono stati loro a volerli in quella sede) e con la sostanziale indifferenza o con una punta d’invidia del popolo minuto, che non trova biasimevole l’illegalità e pensa si tratti soltanto di possibilità e di opportunità (chiunque al loro posto ne avrebbe approfittato).
RispondiEliminaCiao
"Dopo un racconto così come faccio a dirgli che ho trascorso l'estate per l'ennesima volta in Sicilia?"... si potrebbe provare raccontando che le pietre di un muro diruto della tua strada preferita cambiano colore ogni anno e ogni anno ti mostrano un angolo di tempo che prima ti avevano tenuto nascosto perché non eri ancora pronto per capire quei segreti.
RispondiEliminaRitornando a quell'avamposto del progresso, richiamando Conrad, temo che la tua conclusione legga non solo il carattere di Milano ma di tutta Italia, abitata in gran parte da gente che non si indigna perché i soldi sono stati sottratti a tutti ma perché sono andati a finire in tasche altrui anziché nelle proprie. Ciao