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giovedì 4 novembre 2010

I mendicanti del pensiero

"Maria Antonietta, «spaventoso destino tutto disseminato di intersignes», si avvicinò alla soglia dei troppi significati, che poi la tempestarono, quando entrò a Strasburgo, fidanzata quattordicenne, in una carrozza di cristallo. Come per il giovane Buddha, storpi, vecchi e malati erano stati nascosti. In un’isola in mezzo al Reno i maestri di cerimonia avevano fissato il luogo dove l’arciduchessa doveva essere consegnata, nuda, nelle mani degli inviati del suo sposo. Un edificio apposito era stato costruito per accoglierla e le sue sale erano decorate con omaggi alla futura regina. Nella sala principale, l’occhio si perdeva su vasti arazzi, dono inaugurale della Francia.
Goethe, giovane studente di legge, vi sostò davanti più volte, poco prima che il corteo di Maria Antonietta entrasse in città. Mettendo piede nella grande sala, avvertì qualcosa di pauroso. «Vi avevano appeso molti arazzi, splendenti, sontuosi, circondati di fitti ornamenti e composti sul modello di quadri di pittori francesi del momento. Ora, avrei senz’altro trovato il modo di apprezzare anche questa maniera, perché la mia sensibilità e il mio giudizio ben difficilmente escludevano del tutto qualcosa; ma qui mi indignava al massimo il tema. Questi arazzi contenevano la storia di Giasone, Medea e Creusa, ed erano dunque un esempio del matrimonio più disgraziato. Alla sinistra del trono si vedeva la sposa che lottava con la morte più atroce, circondata dal lamento dei presenti; alla destra il padre inorridito alla vista dei figli uccisi ai suoi piedi; mentre la Furia sul suo carro trainato da draghi si innalzava nel cielo. E perché all’atroce e al ripugnante non mancasse anche un tocco di insulso, si vedeva attorcigliarsi sulla destra, dietro il velluto rosso dello schienale del trono, la coda bianca di quel toro favoloso, mentre il mostro eruttante fuoco e Giasone in lotta erano del tutto coperti da un prezioso drappeggio… “Come!” esclamai, senza curarmi dei presenti. “Come mai è permesso di mettere così sconsideratamente dinanzi agli occhi di una regina, e proprio al primo passo nella sua nuova terra, l’esempio del più spaventoso matrimonio che forse mai vi sia stato! Possibile che tra gli architetti, i decoratori, i tappezzieri di Francia non vi sia nessuno a capire che le immagini operano sui sensi e la mente, che lasciano impressioni, che evocano presagi! Tutto qui sembra predisposto come se si fosse voluto inviare il più orrendo spettro ad accogliere sul confine questa bella dama, a quanto si diceva piena di vita”». Ma i giovani amici di Goethe vollero quietarlo, assicurandogli che ormai «nessuno si preoccupava di cercare significati nelle immagini; a loro, per lo meno, non sarebbe mai venuto in mente e tutta la popolazione di Strasburgo e della regione, che sarebbe sfilata davanti a quegli arazzi, non avrebbe certo avuto grilli del genere, come del resto neppure la regina stessa con il suo seguito».

La crudele sventatezza che inebria la Francia fra la Reggenza e gli Stati Generali porta con sé, fra l’altro, una totale incuranza, una temporanea obnubilazione verso le immagini. Come disse Madame Geoffrin a qualcuno che la tediava con una storia che non finiva mai: «Per avere successo in Francia ci vogliono grandi coltelli e piccole storie». Si apprestavano grandi coltelli, si raccontavano piccole storie. Ma l’immagine si vendica di chi non la osserva. La vita di Maria Antonietta viene sempre più soffocata dal simbolo, quanto meno intorno a lei si mostrava di percepirlo."

Roberto Calasso, La rovina di Kasch. Adelphi, 1983, pp. 99-100.

***

Storia vecchia e la storia vecchia quando è dimenticata si ripresenta, come ammoniva Santayana. Tornando ad oggi e fatte le debite proporzioni vengono in mente i troppi simboli sfuggiti quando quasi vent'anni fa un signore privo del minimo senso dello Stato si presentò sulla scena politica italiana e molti furono entusiasti della “rivoluzione liberale” che annunciava. Rivoluzione liberale! Chissà cosa avrebbero pensato i maestri del pensiero liberale del campione del nuovo liberalismo e della sua "discesa in campo". Eppure non era difficile scorgere nelle sue parole il toro bianco che violentava Europa ma ormai non c’erano più neanche gli arazzi a ricordare la scena.

Inutile oggi, che la nave affonda, parlare delle difese arrancate e imbarazzanti di Lupi, di Capezzone, di Ghedini o della Santanché o del sorriso ebete degli imprenditori compiacenti, è noto che questo blog non si occupa di pornografia e poi, come dice il Cirano di Guccini, "tornate a casa nani, levatevi davanti, per la mia rabbia enorme mi servono i giganti". Chi mi fa davvero pena, nel senso doloroso del termine, sono gli intellettuali, gli Ernesto Galli della Loggia, i Paolo Guzzanti, i Mario Monti di cui ricordo con stupore e rabbia questo articolo, austeri e rispettabili che oggi sono comprensibilmente delusi della mancata rivoluzione liberale e del naufragio delle loro speranze. Signori, non c’era davvero nessuno tra di voi che fosse in grado di leggere le immagini che pure altri occhi meno acuti dei vostri hanno scorto? Come avete potuto dare credito a parole palesemente menzognere, voi avevate gli strumenti per capire che quelle parole erano false. Per troppo tempo non avete voluto vedere le immagini che si addensavano come nubi per la tempesta.
Quando, già qualche tempo dopo, noi giovani sprovveduti e di poche letture facevamo i girotondi per chiedere più politica voi accennavate un sorriso di sufficienza e parlavate di qualunquismo politico, sono passati otto anni da allora. Adesso vi guardiamo, dalle colonne dei vostri giornali e dagli angoli delle vostre cattedre mentre supplicate uno straccio di credibilità.

Tra di voi Guzzanti ha disegnato il ritratto più impietoso di quanti hanno creduto in Berlusconi e ne sono rimasti delusi, lo ricorda Andrea Cortellessa . “Ha dichiarato una volta Guzzanti (all’Ansa del 20 novembre 2008) «‘Mignottocrazia e’ la corruzione che ottiene potere in cambio di favori. Ci sono anche casi di mignotte per sesso, ma io – sottolinea Guzzanti – volevo denunciare quegli uomini che ottengono potere compiacendo il potente: in questo senso, le più grandi mignotte sono uomini, io non volevo fare semplicemente un’allusione sessuale. Speravo che da Berlusconi venisse una rivoluzione liberale, insieme a molti altri intellettuali come Adornato, il povero Colletti, in fondo mignotte anche noi. E ora io sono una mignotta delusa, per restare alla metafora». Non vale ovviamente solo per quegli «intellettuali» che hanno creduto nella fola della «rivoluzione liberale» (facendo rivoltare Gobetti nella tomba). Forse solo una «mignotta delusa» - con moto emotivo non troppo diverso da quello, fuori di metafora, di alcune delle escort venute dalle Puglie - poteva riuscire a dire l'indicibile, umiliante verità storica dell'Italia dell'ultimo ventennio. Quella appunto di un'Italia prostituita." Andrea Cortellessa, Dalla Pornocrazia alla Mignottocrazia. alfabeta2, n. 3.

Forse si può essere meno impietosi di Guzzanti. Tutto sommato voi intellettuali liberali e delusi non vi siete prostituiti, quello che avete fatto in realtà è stato mendicare il vostro pensiero, quello che avevate perso di vista. Accattoni anche voi, simpatici in qualche modo, grazie a Pasolini.

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