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giovedì 21 dicembre 2017

Riflessioni sulle età del fascismo

Fonte dell'immagine (it.pinterest.com)
Considerando l'ordinanza del sindaco di Como che durante le festività natalizie vieta, per ragioni di decoro urbano, che siano portati beni di prima necessità ai senza tetto viene da pensare che negli ultimi tempi decoro sia diventata la parola d'ordine dei fascisti beneducati. Di fronte a questi casi è tuttavia intellettualmente onesto chiedersi se la storia di questo paese non induca a ricondurre sotto la categoria del fascismo qualsiasi comportamento che contravvenga ai principi di solidarietà. E’ sotto gli occhi di tutti una deriva egoistica anche in paesi che non hanno avuto l’esperienza storica del fascismo. Le organizzazioni che si richiamano alla destra sociale fanno dei loro interventi di beneficenza un elemento caratterizzante, sebbene i soggetti beneficiari del loro aiuto siano eletti non in quanto bisognosi ma in quanto bisognosi appartenenti a una comunità di sangue e territorio. Basterebbe forse questo per riconoscere un elemento distintivo del fascismo, l’appartenenza in quanto legame di sangue determinato da confini nazionali. Confini che sappiamo blandi da sempre e che oggi più che mai si richiamano a un mondo che non esiste e che non è mai esistito se non quando aveva organizzazione tribale. Ripensando al periodo storico del fascismo è facile che tornino in mente detti popolari come “quando c’era lui non si vedevano poveri per strada”, “tutti avevano un lavoro”, e via cantando lodi di questo passo. Se e quanto questi peana corrispondessero al vero la storia ha già detto. Eppure sono questi canti che fanno tornare in mente la considerazione che decoro sia diventata oggi la parola d'ordine dei fascisti beneducati, ma sappiamo esserci di più. Il di più deve spiegare perché l’egoismo, per quanto non più caratterizzato da elementi tribali, sia diventato così diffuso anche dove il fascismo storico non si è manifestato, anche in paesi che lo hanno combattuto. La storia ama rovesciare i paradigmi e se il paradigma che un tempo opponeva destra (fascista) e sinistra sul fronte della solidarietà era l’appartenenza su base territoriale contro una appartenenza di classe sociale senza confini allora in quest’epoca ossimorica quello che si osserva è un egoismo di classe. Si appartiene alla classe degli egoisti o se ne è tagliati fuori secondo criteri efficientisti, di produzione e godimento di ricchezza. Qualsiasi comportamento che contravviene ai sacri principi del produttivismo è bollato dallo stigma del biasimo che segna il reietto che non merita pietà. “La lotta di classe c’è e l’hanno vinta i ricchi”, scriveva tempo fa Marco Revelli, con l’ulteriore successo da parte loro di aver trascinato la classe media nel tripudio della vittoria, facendone una classe ignobile, ancora più ignobile della classe alta perché è una classe di parvenu che aspirano ad entrare nel gotha dei potenti esibendo in maniera sguaiata disprezzo per chi ha bisogno di aiuto, una classe di Calogero Sedara senza storia e senza quel decoro interiore che esigono per ciò che è fuori. Quando c’era lui non c’erano mendicanti per strada! Quando c’era lui tutto filava liscio, tutto era efficiente. E’ questo efficientismo di facciata il marchio del fascismo, lo stesso efficientismo che caratterizza la nostra società tecnologica. Non era forse distintiva del fascismo storico anche l’esaltazione del progresso tecnologico, esaltazione peraltro condivisa con le rivoluzioni di altro colore? La storia cambia continuamente, costruisce il ponte su cui cammina mentre lo percorre. L’efficienza di oggi si è dematerializzata, non ha più i connotati materiali della tecnologia di un tempo. Il fascismo del ventennio italiano è stato la manifestazione storica di qualcosa che lo precedeva e che gli è succeduto non solo in questo paese. Da questo punto di vista l’Italia è stato un laboratorio privilegiato, tragicamente privilegiato, un contrappasso o forse una involuzione per il privilegio che abbiamo avuto di essere laboratorio dell’Umanesimo e del Rinascimento. La storia è come le scale del castello di Hogwarts, “a loro piace cambiare!”. Una nuova trasmutazione è avvenuta verso lo spirito assoluto, dopo l’eliminazione del pater e la continua negazione della mater l’unico soggetto che resta è lo spirito santo del mercato in cui tutto si produce e tutto si consuma. Questa è l’ultima ara del progresso, l’aleph verso cui tendere, il buco nero che tutto attira. Se sei riunito intorno a quell’altare allora fai parte della comunità degli eletti altrimenti sei uno scarto. Il povero è povero perché non si è impegnato a sufficienza, chi partecipa alla liturgia del natale raccoglie e consuma il meritato premio. Il merito è guida e metro di questo successo. Il mancato consumo è l’oltraggio al decoro, chi non consuma è il blasfemo che nega Dio. Non si può bestemmiare in chiesa esattamente come non si può mendicare davanti alle vetrine di addobbi natalizi. La storia ama cambiare ma forse conserva un’essenza perenne che pochi uomini sono stati in grado di scorgere, uomini capaci di guardare la storia negli occhi, di vederne il terribile volto di medusa senza restare pietrificati. Pier Paolo Pasolini scriveva nel 1962 "L’Italia sta marcendo in un benessere che è egoismo, stupidità, incultura, pettegolezzo, moralismo, coazione, conformismo: prestarsi in qualche modo a contribuire a questa marcescenza è, ora, il fascismo. Essere laici, liberali, non significa nulla, quando manca quella forza morale che riesca a vincere la tentazione di essere partecipi a un mondo che apparentemente funziona, con le sue leggi allettanti e crudeli. Non occorre essere forti per affrontare il fascismo nelle sue forme pazzesche e ridicole: occorre essere fortissimi per affrontare il fascismo come normalità, come codificazione, direi allegra, mondana, socialmente eletta, del fondo brutalmente egoista di una società. " (Pier Paolo Pasolini - Fascisti: padri e figli, Le belle bandiere, n. 36 a. XVII, 6 settembre 1962.)
Un mondo dove tutto funziona è esigenza perenne della natura umana, costante antropologica per cui si costruiscono miti, si istituiscono riti, nascono religioni. L’ultima trasfigurazione di questa invocazione di ordine sacro è la promessa di benessere di cui tutti possono godere. La promessa di Natale è di rendere tutti partecipi della festa. La promessa del mercato è di rendere tutti partecipi della festa a patto di meritarlo. E’ la promessa di un mentitore ma è una promessa su cui si è scommesso di credere come consigliava Pascal per altre promesse.
Quanti di noi, oggi, sono in grado di “vincere la tentazione di essere partecipi a un mondo che apparentemente funziona”?
Buone feste!

1 commento:

  1. Passo un po' di corsa per farti gli auguri di buon natale.
    Un salutone e alla prossima

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