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mercoledì 8 febbraio 2017

Del ricordo ben temperato

La Storia non è mai stata avara di crimini. Ovunque volgiamo lo sguardo non c'è possibilità di non scorgerne, basta aguzzare la vista. Ma più che di criminali la storia è generosa di imbecilli che spesso fanno la loro comparsa in concomitanza di ricorrenze vere o costruite, necessarie o strumentali, oppure necessarie e strumentali. E' il caso del giorno del ricordo delle foibe e dell'esodo giuliano-dalmata. Ricorrenza necessaria perché è giusto fare luce sulle pagine dimenticate della storia, strumentale perché la ricorrenza è occasione di visibilità per manipolatori e altre varietà di imbecilli che se non fanno la storia certamente l'affollano. E' doveroso ricostruire la vicenda delle foibe e dell'esodo ma è ignobile raccontare la storia piegandola agli scopi più biechi. Ritengo che la forma più alta di rispetto delle vittime della storia sia la ricostruzione più fedele possibile dei fatti, per quanta fatica costi.

Facendo finta di ignorare le palesi falsificazioni, le menzogne sui numeri o le foto degli eccidi nazifascisti fatti passare per crimini commessi dai partigiani jugoslavi, vedo essenzialmente due modi di manipolare la storia delle foibe. Il primo è raccontare la storia delle foibe incorniciandola in uno sfondo incompleto, a partire da un certo momento e tralasciando precedenti essenziali alla dinamica dei fatti, come l'occupazione italiana di quei territori e la snazionalizzazione delle comunità slave che ne è seguita, ovvero proibizione della lingua madre, boicottaggio del culto, imposizione di cognomi italianizzati e via e via. Snazionalizzazione cominciata dalla fine della prima guerra mondiale e inferocita con il ventennio fascista: l'unico vero grande rimosso della storia nazionale, "l'autobiografia di una nazione", scrisse Gobetti. Il secondo modo per manipolare la storia è confrontare le foibe con altri fatti storici con cui condividerebbero la matrice criminale. Il riflesso pavloviano di solito produce l'associazione tra foibe e shoah, preludio che ha la sua apoteosi nell'equivalenza tra nazismo e comunismo. L'autore di questo percorso mentale difficilmente verrà convinto da argomenti logici e razionali, dalla ricostruzione dei fatti e dalla verifica documentale.
Per quanto arduo sia il compito di chi vuole ristabilire un po' di ordine nell'emotività usata subdolamente dai cosiddetti revisionisti, resta il dovere di raccomandare buone letture almeno a chi è sfiorato dal dubbio che le cose non siano andate proprio come le racconta chi si riempie la bocca di frasi fatte senza citare fonti per piegare la storia al proprio tornaconto più o meno ideologico.

Per ricordare bene bisogna sapere, altrimenti si affastellano dichiarazioni a vanvera, si rincorrono numeri a casaccio, date disordinate, falsi storici e narrazioni infedeli. Poiché nei prossimi giorni si moltiplicheranno i "ricordi" più o meno sinceri propongo un articolo di Lorenzo Filipaz, pubblicato un paio di anni fa dal collettivo Wu Ming (i commenti all'articolo sono altrettanto interessanti), e uno speciale di patria indipendente del 2005, la rivista dell'ANPI, dedicato alla storia delle foibe. Inoltre invito a leggere il rapporto della Commissione istituita nel 1993 dai Ministeri degli esteri dell'Italia e della Slovenia con il compito di fare il punto sulla ricerca storica dei rapporti tra i due paesi. Questo almeno per quanto riguarda il materiale reperibile in rete. Nelle librerie si trova altro, come i testi suggeriti in calce all'articolo di Filipaz.

Qualcuno potrebbe dire che il materiale che propongo è di fonte partigiana, di parte appunto. Non è il caso del rapporto della commissione italo-slovena. Il rapporto è pubblicato dalla rivista patria indipendente ma è da considerarsi se non "al di sopra delle parti" almeno una versione condivisa tra storici italiani e sloveni, per quanto io stesso sono perplesso dal ricorso a una commissione bilaterale per stabilire una verità storica. Sebbene in alcuni casi sia necessario individuare un punto di partenza comune la Storia non è oggetto di mediazione. Per il resto non mi curo dell'accusa di partigianeria. Gramsci sosteneva che "vivere vuol dire essere partigiani" e io ne sono fermamente convinto. Inoltre esigo dalla partigianeria in materia storica il rigore della prova documentale. Quindi l'eventuale "revisionismo" della storia nota finora deve fornire materiale supportato da prove documentali. Senza questa conditio sine qua non non vedo alcuna ragione per una discussione sul tema delle foibe con revisionisti improvvisati, propagandisti a piede libero, bufalopoieti professionisti e altri simili sventurati che popolano il web e non solo.

3 commenti:

  1. PS - per maggiori informazioni http://www.internazionale.it/notizie/nicoletta-bourbaki/2017/02/10/foibe

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  2. "Ricordo" che dimentica "il piccolo particolare" della feroce occupazione fascista.
    Condivido.

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    Risposte
    1. C'è una dimenticanza ancora più grave a mio avviso. Lo stesso esodo non fu solo il risultato di una resa dei conti, ma una operazione largamente pilotata dai nazionalisti e fascisti che non digerivano che quelle terre fossero diventate jugoslave e allora servivano manifestazioni di italianità sulla pelle degli esuli. La storia da i brividi, dice De Gregori, e non può ridursi alle pantomime di quattro coglioni dalla memoria corta e nostalgici di un regime che neanche conoscono.

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