I cambiamenti climatici e in particolare il riscaldamento globale purtroppo non sono soltanto oggetto di dibattimento tra le ragioni scientifiche ma anche terreno di scontro tra opposti modi di vedere il ruolo dell’uomo sulla terra e di conseguenza il suo futuro. Se da una parte vi sono quanti sostengono che le nostre economie possono avere effetti devastanti sull’ambiente e in fin dei conti sull’uomo stesso, dall’altra vi sono i sostenitori del primato umano fiduciosi nell’inarrestabile progresso che ha portato la scimmia sulla luna. Sebbene io preferisca di gran lunga frequentare i primi, devo riconoscere che i secondi sono davvero divertenti quando si lanciano in argomentazioni che negano la fattualità dei cambiamenti climatici e le basi scientifiche che ne dimostrano la fondatezza, confondendo spesso i modesti fatti con i superbi desideri. Su queste tematiche Stefano Caserini ha scritto poco tempo fa un bel libro[1] in cui opera, con linguaggio piacevole e misurata ironia, una decostruzione minuziosa delle più importanti “tesi negazioniste” del riscaldamento globale e anche degli interventi che meno si presterebbero ad avere dignità di tesi ma che meritano attenzione, vista l’autorevolezza delle fonti e la naturale rapidità di diffusione che caratterizza da sempre le sciocchezze ("La calunnia è un venticello… Incomincia a sussurrar… Alla fin trabocca e scoppia", canta Basilio).
Tra le varie perle che Caserini ci dona, una mi ha stuzzicato particolarmente, per l’intreccio di riflessioni che suscita. Riguarda una delle numerose prese di posizione del professor Antonino Zichichi sull’argomento in cui l’illustre fisico della materia (non del clima), accenna ad una interessante relazione tra scienza e democrazia che a suo avviso sarebbe infondata:
«Per attaccare Bush è stato detto che la “stragrande maggioranza” del mondo scientifico concorda sulle conclusioni relative al cambiamento climatico più drastico e repentino che il pianeta abbia conosciuto negli ultimi millenni. Siccome non è possibile mettere ai voti una certezza scientifica il termine “stragrande maggioranza” è privo di senso.» A. Zichichi, Effetto serra, i dilemmi della Casa Bianca. Il Messaggero, 8 giugno 2001.[2]
Il consenso scientifico quindi è “privo di senso” secondo il professor Zichichi! Che “non si può mettere ai voti una verità scientifica”, come Galileo ci ha insegnato, è lampante, tuttavia non è altrettanto chiaro il parallelo tra processo scientifico e processo di formazione del consenso democratico, così come delineato dal professor Zichichi.
Se è vero che il risultato di una indagine scientifica non può essere messo ai voti è perché la comunità scientifica è d’accordo a priori sul metodo adottato per raggiungere quel risultato, ha quindi raggiunto un consenso che precede il risultato! Del resto nelle democrazie non si può mettere ai voti la forma democratica, che è il contesto di discussione. Gli esperti del diritto ci hanno insegnato che le regole costitutive della democrazia, e tra queste vi è il potere dal basso e la partecipazione quali fondamenti di questa forma di governo discutidora, non possono essere discussi senza compromettere la natura stessa della democrazia. Sarà un aspetto del banale principio di autoconservazione di ogni forma di potere ma, se di democrazia si vuole continuare a parlare, il principio di maggioranza non può valere per alcune regole costitutive esattamente come vale per le regole regolative[3]. Questo per quanto riguarda il consenso che precede un risultato, mentre per quanto attiene al consenso che succede a un risultato e alla relazione tra scienza e democrazia, rinnegata da Zichichi, potrebbe essere di qualche aiuto ricordare quanto affermava Popper del progresso scientifico: “La scienza, e in particolar modo il progresso scientifico, non sono il risultato di sforzi isolati, ma della libera concorrenza del pensiero. […] In ultima analisi il progresso dipende in larghissima misura da fattori politici; da istituzioni politiche che garantiscono la libertà di pensiero: dipende dalla democrazia.”[4]
A quanto pare il contesto democratico, il solo che consenta il costante confronto tra assenso e dissenso, lega a filo doppio la scienza al consenso, sia nelle fasi che precedono un risultato scientifico (metodologia adottata) sia dopo che un risultato scientifico è stato conseguito (replicabilità del risultato, verifica dei risultati, resistenza alla falsificazione con ipotesi alternative). Naturalmente il consenso non può che essere informato e nel caso specifico si parla di consenso tra esperti di una ben determinata disciplina caratterizzata da criteri procedurali ben definiti. Ma ancora una volta dobbiamo ricordare che anche nel versante politico il voto è un momento successivo alla formazione dell'opinione pubblica, che è tale solo se correttamente informata secondo criteri di trasparenza e equilibrio tra le diverse voci, criteri stabiliti a priori rispetto all'esercizio del voto[5].
Pertanto le affermazioni del professor Zichichi, riguardo l’assenza di legame tra consenso e scienza, possono essere intese solo alla luce di due gravissimi fraintendimenti, il primo è che le attuali videocrazie siano la democrazia, il secondo che l’IPCC (International Panel on Climate Change), anziché un consesso di 2500 scienziati di tutto il mondo (tra cui climatologi e fisici dell’atmosfera che solitamente non discettano di particelle subnucleari), sia in realtà una sorta di Internazionale dei Partiti Comunisti Combattenti che vogliono sovvertire l’ordine costituito!
Quello del clima non è il solo campo in cui il professor Zichichi ha voluto mettere alla prova le sue doti di divulgatore, c'è anche quello dell'evoluzione. Come è noto l'illustre fisico mette in discussione il valore scientifico dell'evoluzionismo propendendo per un più sobrio creazionismo, soprattutto per la specie umana (non l'avremmo mai detto!!!). Naturalmente anche per Zichichi il creazionismo è diventato il Disegno Intelligente, per ironia della sorte anche il creazionismo evolve![6]. Il "punto di forza" dell'obiezione di Zichichi è l'impossibilità di trovare un'equazione dell'evoluzione che ne legittimi la natura scientifica. Anche qui c'è da rilevare una simpatica e sostanziale differenza tra le posizioni del fisico e quelle di Popper sull'argomento. Anche Popper sosteneva l'impossibilità di definire una legge dell'evoluzione, ma non per disconoscerne il valore scientifico bensì per sottolineare la natura storica e irripetibile dei processi evolutivi, e su questo punto non aveva dubbi neanche il grande Stephen Jay Gould. Ad ogni modo bisognerebbe informare Zichichi che alle lezioni di genetica delle popolazioni di diverse facoltà scientifiche, anzichè parlare di scienza ci si trova spesso a parlare dell'equazione di Hardy-Weinberg, che scandalo!
[1] S. Caserini, A qualcuno piace caldo. Errori e leggende sul clima che cambia. Edizioni Ambiente, Milano, 2008.
[2] Cit. da S. Caserini, op. cit., p. 201.
[3] B. Celano, Fatti istituzionali e fatti convenzionali, 2/2000, Filosofia e Questioni Pubbliche. "In The Construction of Social Reality, Searle fa oggetto di trattazione sistematica la distinzione [...] fra fatti «bruti» e fatti istituzionali. Con la locuzione «fatti istituzionali» Searle intende, specificamente, fatti la cui esistenza è dipendente da istituzioni umane (fatti che esistono soltanto «entro» istituzioni). Queste ultime sono, a loro volta, sistemi di regole costitutive: regole della forma ‘X ha valore di (counts as) Y nel contesto C’, che, dice Searle, creano, e anche regolano, nuove forme di comportamento, che non sarebbero possibili in assenza di tali regole medesime (forme di comportamento, cioè, il cui concetto è logicamente dipendente dalle regole in questione). Le regole costitutive vengono da Searle contrapposte alle regole che egli chiama «regolative», nella classe delle quali ricadono le norme in termini di obblighi, divieti, permessi. Le regole regolative, a differenza delle regole costitutive, regolano forme di comportamento che sono possibili anche in assenza di tali regole medesime e, in questo senso, preesistono rispetto ad esse (le regole regolative, cioè, regolano forme di comportamento il cui concetto è logicamente indipendente da tali regole medesime)."
L. Tussi, Il processo di crescita e di socializzazione. 2009, http://www.politicamentecorretto.com/. "Il nostro tessuto sociale è forte riguardo le regole costitutive, invece è flessibile sulle regolative."
[4] K.R. Popper, Miseria dello storicismo. Feltrinelli, 2002, p. 154.
[5] N. Bobbio, Il futuro della democrazia. Einaudi, 1995.
G. Sartori, Homo videns. Televisione e post-pensiero. Laterza, 2006.
G. Zagrebelsky, Imparare Democrazia. Einaudi, 2007.
[6] A. Zichichi, Perché io credo in Colui che ha fatto il mondo, Il Saggiatore, 1999.
Nel caso la curiosità spingesse a leggere il libro di Zichichi che ho citato, mi corre l'obbligo di seguire l'esempio di Piergiorgio Odifreddi, quando ha passato in rassegna alcune delle "zichicche" del fisico, e consigliare almeno tre irrinunciabili antidoti in tema di letteratura divulgativa evoluzionistica. E' il minimo ma è sufficiente per una disintossicazione pressoché completa.
S. J. Gould, La vita meravigliosa. Feltrinelli, 1990.
S. J. Gould, Otto piccoli porcellini. Riflessioni di storia naturale. Il Saggiatore, 2003
E. Mayr, L’unicità della biologia - Sull’autonomia di una disciplina scientifica. Raffaello Cortina, 2005.
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