Tentati dalla malia scientista elencheremmo una serie di ragioni, quali condividere un progetto, un risultato, un metodo, passare in rassegna i risultati intermedi conseguiti lungo un percorso stabilito in una precedente riunione, avviare un nuovo progetto. Tutte ragioni valide, ancorché ancillari dell'autentico scopo della riunione. Tali ragioni tralasciano l'essenza della riunione caricandola di tutti gli attributi della vita inautentica, persa nella chiacchiera del Si.
Per arrivare al cuore della riunione dobbiamo cogliere i sottili indizi che si rivelano da semplici domande come: “cosa ti aspetti da questa riunione?” Il soggetto intrappolato nella gabbia del determinismo sarebbe tentato di rispondere che alla domanda è tenuto a rispondere chi ha indetto la riunione, non chi è chiamato a partecipare ma così perderebbe il senso noumenico della riunione.
Nella riunione il per sé affronta il per sé dell'altro, gettando nell'agone la propria incertezza esistenziale e mettendola in relazione con l'altrui incertezza ambisce all'in sé che non può essere raggiunto. La riunione è il fenomeno in cui ci si trova nudi al cospetto dell'altrui sguardo, oggettivati dalla domanda di senso che l'altro ci rivolge e annichiliti dall'assenza di risposta. La riunione è la manifestazione della volontà di potenza latente da parte del soggetto che lascia intendere, come sasso gettato nello stagno, di avere una risposta al perché della riunione, quale disperato tentativo di affermare la propria soggettività e sollecitare una pur provvisoria risposta da parte dell'altro che dia conferma all’innato esercizio di dare senso alla propria esistenza, magari dopo aver ricevuto conferma che si esiste davvero.
Solo praticando una epochè, una messa tra parentesi delle cause e conseguenze mondane della riunione possiamo affrontarne il nocciolo fenomenologico, avvicinandoci così al nucleo ontologico, si potrebbe dire senza tema di eccessi, della spasmodica ricerca di riunioni apparentemente inutili che l’astuzia della storia rivela autenticamente inutili.
Per arrivare al cuore della riunione dobbiamo cogliere i sottili indizi che si rivelano da semplici domande come: “cosa ti aspetti da questa riunione?” Il soggetto intrappolato nella gabbia del determinismo sarebbe tentato di rispondere che alla domanda è tenuto a rispondere chi ha indetto la riunione, non chi è chiamato a partecipare ma così perderebbe il senso noumenico della riunione.
Nella riunione il per sé affronta il per sé dell'altro, gettando nell'agone la propria incertezza esistenziale e mettendola in relazione con l'altrui incertezza ambisce all'in sé che non può essere raggiunto. La riunione è il fenomeno in cui ci si trova nudi al cospetto dell'altrui sguardo, oggettivati dalla domanda di senso che l'altro ci rivolge e annichiliti dall'assenza di risposta. La riunione è la manifestazione della volontà di potenza latente da parte del soggetto che lascia intendere, come sasso gettato nello stagno, di avere una risposta al perché della riunione, quale disperato tentativo di affermare la propria soggettività e sollecitare una pur provvisoria risposta da parte dell'altro che dia conferma all’innato esercizio di dare senso alla propria esistenza, magari dopo aver ricevuto conferma che si esiste davvero.
Solo praticando una epochè, una messa tra parentesi delle cause e conseguenze mondane della riunione possiamo affrontarne il nocciolo fenomenologico, avvicinandoci così al nucleo ontologico, si potrebbe dire senza tema di eccessi, della spasmodica ricerca di riunioni apparentemente inutili che l’astuzia della storia rivela autenticamente inutili.
Addendum - Si raccomanda attenta lettura all'inizio e alla fine di ogni riunione, non solo di lavoro.
LA RIUNIONE
La riunione fu fissata
Tutti avevano segreti;
di certi erano solo paure,
di altri la vita errata
o la speranza perduta
che chiamiamo vita.
Ma nessuno arrivò.
Certi finivano in cielo,
altri cadevan nell’inferno,
e altri, in ritmo più proprio,
in un cammino più eterno.
Arrivai io, solo io;
e la sessione, che non c’era,
presiedetti, e mi nominai
segretario, e mi parlai.
Entrai nell’ordine del giorno.
Se questo è successo ora,
o se fu di ogni ora
che possa esservi al mondo,
non so, né voglio sapere,
provo una pace profonda
dalla riunione da fare.
18 ottobre 1934
Fernando Pessoa, Il mondo che non vedo, Poesie ortonime.
Eleggo a paradigma quella di condominio. La riunione sterile per eccellenza. Forse più utile quella burocraticamente sempre convocata il giorno prima alle 7 di mattina.
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