“Io so per esperienza quanta bellezza portò seco Satana, quando cadde. Nessuno ha mai detto che gli angeli caduti fossero gli angeli brutti.“ Graham Greene, Il potere e la gloria.
Povera gente, se non avessero Dio con cui
prendersela non avrebbero nessuno cui chiedere conto delle loro fatiche.
Celebro messa con il vino di campagna, aceto nelle città e a volte prendo l’uno
per l’altro. Abituato a mandare giù tutto neanche me ne accorgo, ché il corpo e
il sangue di Cristo può avere le sue sante ragioni per essere di malumore e certo
che deve averne di ragioni a vedere questa gente che attende la pioggia e poi
ne arriva troppa, magari insieme alla grandine che distrugge tutto e sì che gli
tocca invocare il sole come prima hanno chiamato l’acqua.
Come possono non prendersela con Dio se da lui
vengono le promesse? Non doveva promettere fiumi di latte a questa gente
abituata al vino guasto. Doveva dire “seguitemi anche se non so dove vi porto,
ovunque sia ci arriveremo insieme.” Gli avrebbero chiesto “perché seguirti
allora?” e lui avrebbe risposto “perché non avete nient’altro!”. Forse è
proprio così che è andata ma poi hanno voluto credere ad altro. Si sa come
succede tra gente ignorante. Dici una cosa e se ne capisce un’altra ed è quello
che è successo visto il riverbero dell’incomprensione anche nelle alte sfere. Sono
stati scritti poemi e divine commedie sul cammino ultraterreno quando qui crescevano
i capperi e le mani per raccoglierli erano sempre di meno e facevano sempre più
male.
Anch’io ho avuto le mie sviste. Ho studiato teologia
per riconoscere Dio in un rospo nero e indurito al sole lungo una scala santa,
aveva il volto del demonio e non vedere la somiglianza con quello che cercavo
era la mia superbia. Ho studiato il pensiero dei senza Dio per capire che la
rivolta era la preghiera di chi si sentiva abbandonato da Dio. Ho educato i
miei occhi a vedere la luce che viene giù come acqua di temporale. Le cose e
gli uomini non sono mai soltanto quello che dicono di essere.
Oh l’amore, va nominato con parsimonia, quasi pudore, come di una porta spalancata che lascia vedere segreti di famiglia che non si vuole far conoscere. La mia missione è parlare dell’amore e non ho mai conosciuto un Proteo più mutevole, sempre disposto a cambiare volto e abiti. Oggi si veste di acredine, in serata di odio, domani sarà di nuovo affetto e colpa e col passare delle ore il volto gli si infiamma d’ira e bastano pochi minuti perché abbia il volto sereno della buona morte. Quello è brutto come il peccato, si dice. Beata innocenza! Le cose non sono mai solo quello che sembrano.
Ho studiato a lungo per riconoscere i peccati e
imparare a raccoglierli uno ad uno, prima che si aprissero, come fa il cappero con
i suoi fiori. Hai mai visto i fiori dei capperi? Se non li hai mai visti non
puoi capire la loro bellezza. È quasi un abuso chiedere a questa gente di
pregare. Questa gente sgrana rosari di pietra per costruire case e ripari disseminati
nelle campagne, perle unite da muri a secco in una collana di misteri che
nessun libro di preghiere può svelare.
I fiori dei capperi sono splendidi, invece il cappero da mangiare non lo sopporto. Un po' come il fegato, di cui amo solo l'olietto post cottura in padella, da scarpettare col pane. Tutte robe create da Dio senza che neanche si stanchi mai di essere studiato troppo.
RispondiEliminaA scanso di imbarazzanti equivoci mi tocca dire che questo post non è un omaggio al cappero, alla sua pianta o ai suoi fiori, bensì un tardivo e postumo omaggio a un grande uomo. Quando per grazia ti è capitato di conoscere il prete del romanzo di Graham Greene allora leggendo quel romanzo non puoi non rendere omaggio a quell'uomo.
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