Nero su giallo, 2000. |
La heideggeriana gettatezza prende corpo nelle opere di Mitia. L’essere gettato delle cose, caduto nell’esistenza è attributo necessario per entrare nell’universo estetico di Mitia che, complice la caduta, altra caduta, di alcune lettere, si sovrappone al suo universo etico che chiede di salvare le cose dalla caduta cui sono state condannate. Se la gettatezza di cui parla Heidegger è dell’esserci che attraversa la soglia dell’esistenza qual è la gettatezza delle cose che abitano l’universo di Mitia? Günther Anders a proposito dei beni di consumo parlava dello scambio simbolico tra la nostra mortalità e la mortalità degli oggetti. La produzione industriale assolve al compito di rendere deperibili gli oggetti che devono essere prodotti in nuove copie e nuovi modelli con ritmi sempre più veloci. In questo scambio simbolico l’oggetto diventa mortale e il soggetto che li usa diventa immortale. Gli oggetti muoiono al nostro posto e noi allontaniamo dal nostro orizzonte quanto la morte ci ha sempre insegnato e ancora ha da insegnarci.
La leggenda del Totem, Cabbia di Montereale |
È questa la gettatezza delle cose che entrano nell’universo di Mitia, l’essere state gettate nell’esistenza per essere sacrificate. Prima che incontrassero Mitia gli oggetti della sua arte si erano resi colpevoli del reato più imperdonabile del nostro tempo: erano diventati inutili ma continuavano ad avere un’anima, ultimo riflesso delle impronte del loro fattore. Un'anima terrena e per questo sacra. L’oggetto, colpevole nei confronti della divinità dell’utile, è dichiarato sacer e consegnato all’ira della divinità. Sacer era proclamato nella Roma repubblicana chi, colpevole di avere infranto la legge, era condannato ad essere gettato dalla rupe Tarpea.
Mitia recupera gli
oggetti dopo la caduta dalla rupe dell’utilità per restituirli ad una funzione sacra
sulla soglia di templi shintoisti e della piana di Giza. Mitia riprende quegli
oggetti dalla radura in cui lo scambio delle mortalità mostra la sua illusoria
ingenuità, e salvandoli riporta l’uomo alla dimensione di essere mortale
restituendogli la possibilità di “morire vecchio e sazio della vita”.
Nella continua risonanza tra oggetto e soggetto
si svolge la tragedia umana che l’artista mette in scena per la propria e
altrui catarsi. Il museo/garage di Mitia è un tribunale permanente di giganti
alati e figure totemiche. Molti di loro, dopo lungo peregrinare per gli Appennini, sono tornati qui per celebrare il processo a homo sacer, colpevole di avere rinnegato il proprio destino. In una
Stonehenge di legno e metallo homo sacer
si trova al centro delle accuse e delle difese per essere restituito alla sua
umanità e per questo essere infine assolto.
Se le creature di Mitia, antenati degli oggetti seriali,
prefigurano l'assoluzione di homo sacer
quale assoluzione sarà possibile dopo aver reso obsoleta anche la falsa
immortalità promessa dall’industria per votarsi al digitale? L’industria ha ceduto
il passo al digitale, la caduca materia è sconfitta dall’imperituro spirito e
nell’apoteosi dell’hybris la morte è
bandita. Quale assoluzione sarà possibile domani? Se una assoluzione sarà
ancora possibile non potrà che venire dalla tremenda bellezza di cui canta Rilke
in una delle sue elegie duinesi. Ne va della vita di un soggetto/oggetto che
non si consegna alle sirene dell’utile e dell’immortale.
Pensavo a quando gli oggetti recuperati rivivranno - giocoforza - un'ulteriore gettatezza e forse un miracoloso nuovo recupero, chissà se rimarrà in superficie traccia di un passato turbolento, oppure sonno infinito tra relitti di deliranti maree.
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