"[...] È vero: non possono, anzi, non dovrebbero esistere [Paesi di serie B]. Ma esistono. La realtà è che l'Italia è un Paese di serie B: e ciò risulta inequivocabile proprio dalle sue parole. Che sono parole prudenti, benché sincere. Io che posso permettermi di non essere prudente, le dico anzi che l'Italia è ben peggio che un paese di serie B. L'espressione calcistica non è che un eufemismo. L'Italia – e non solo l'Italia del Palazzo e del potere – è un Paese ridicolo e sinistro: i suoi potenti sono delle maschere comiche, vagamente imbrattate di sangue: «contaminazioni» tra Molière e il Grand Guignol. Ma i cittadini italiani non sono da meno. Li ho visti, li ho visti in folla a Ferragosto. Erano l'immagine della frenesia più insolente. Ponevano un tale impegno nel divertirsi a tutti i costi, che parevano in uno stato di «raptus»: era difficile non considerarli spregevoli o comunque colpevolmente incoscienti. Specialmente i giovani. Tutte quelle sciocche coppie che se ne andavano tenendosi all'infinito strette per mano, con aria di vicendevole, romantica protezione e ispirata certezza del domani.
Sono stati ingannati, beffati. Un rovesciamento improvviso e violento (per quanto riguarda l'Italia) nel modo di produzione ha distrutto tutti i loro precedenti valori «particolari» e «reali», cambiando la loro forma e il loro comportamento: e i nuovi valori, puramente pragmatici, esistenziali, del «benessere», hanno tolto loro ogni dignità. Ma non è bastato: dopo essere stati resi mostruosi (marionette guidate da una mano «nuova», e quindi come impazzite), ecco che il benessere, causa della loro mostruosità, viene meno, mentre il ballo delle marionette continua. [...]"
Pier Paolo Pasolini, Al Presidente della Repubblica Giovanni Leone. Il Mondo, 11 settembre 1975. In: Lettere luterane,
«La sua intervista conferma che ci vuole il processo».
"Concludiamone dunque che il mondo sarebbe assai migliore se ciascuno si accontentasse di quello che dice, senza aspettarsi che gli rispondano, e soprattutto senza chiederlo né desiderarlo." José Saramago
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