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mercoledì 21 novembre 2018

Discorsi

- Simone de Beauvoir scriveva che donna non si nasce, si diventa.
- Già, lei pensava che era la società a forgiare quell'eunuco chiamato donna.
- Dici che è tutta qui la forza di quella affermazione?
- de Beauvoir è tra gli autori caleidoscopici, non si smette mai di leggerli. Tu cosa dici?
- Dico che quell'affermazione va letta insieme a quella dove dice che non sarebbe mai capitato a un uomo di scrivere un libro sulla situazione particolare di essere maschio.
- Quindi?
- Per un uomo è ovvio essere uomo, per una donna no. Una donna diventa donna perché assimila i ruoli che la società le ha cucito addosso.
- Non vedo dove sia la novità.
- Aspetta. Per la donna non si tratta di una banale assimilazione passiva. La donna vive nella carne una condizione di minorità che la costringe a porsi domande sulla propria condizione, sull'essere donna. Durante questo percorso va maturando la coscienza della propria identità. Non c'è niente di glorioso in questo, troppo spesso queste identità sono rimaste sepolte sotto la coltre delle identità preparate di volta in volta per la donna dalla società dei maschi. Questo determina frustrazione, disagio. Tuttavia quella condizione di minorità, la necessità di uscire da quella condizione di minorità ha fatto sì che la donna si interrogasse sul proprio divenire donna facendo esplodere quella tensione che si è andata accumulando tra le identità che ha costruito e la gabbia che le era stata preparata. Se leggiamo attentamente le sue parole de Beauvoir contrappone il nascere al divenire come si contrappone una condizione data a una condizione da costruire e, tra le righe, contrappone l'uomo alla donna. L'uomo non diventa nulla, l'uomo nasce uomo. La conseguenza di questo è che l'uomo non ha coscienza della propria identità, la vive come qualcosa di dato una volta per sempre.
- Mi sembra una lettura forzata.
- Forse lo è, ma lo dice lei stessa, un uomo non ha bisogno di scrivere un libro sul suo essere uomo. Essere un uomo è ovvio. E' la necessità di divenire donna che è al centro del discorso. Quello che sta al centro del discorso è la fatica di divenire qualcosa anziché di essere soltanto qualcosa.
- L'uomo non ci fa una bella figura.
- Potremmo andare oltre il tema e dire che il sesso non è rilevante. Quello che conta è essere o meno in una condizione di minorità, qualunque essa sia. Chi è in una condizione di dominanza si vive la sua bella condizione senza troppe domande, acquisisce un modello bello e pronto e, tornando al nostro tema, per sommo paradosso è proprio l'uomo che indossa un vestito che gli è stato cucito addosso, solo che è un vestito comodo che non lo fa interrogare su come sia stato cucito, quali stoffe siano state usate, invece la donna ha sempre indossato un vestito stretto, è ovvio che abbia voluto toglierselo di dosso e indossarne altri. Riconoscersi in una qualsiasi minorità è un fatto morale, è un fatto che ha rilevanza morale perché scatena interrogativi sulla propria condizione e comporta la responsabilità di realizzare un modello di identità che non è scontato, non è precostituito. E' una responsabilità di fronte a sé stessi e di fronte alla storia. Chi indossa un abito preconfezionato non si pone questi problemi.
- E' faticoso essere donna.
- Lo è. E' faticoso diventare qualcosa. E' questo dover continuamente diventare che dobbiamo salvare. Uscire dalla condizione di minorità è necessario ma ha qualcosa di insidioso.
- Cosa?
- Il rischio di non dover più diventare. Cosa saremo quando non dovremo più diventare donne? Se un giorno, spero non lontano, dovessimo scoprire che donna si nasce allora saremmo come l'uomo di cui parla de Beauvoir o forse peggio per quell'insana tendenza a superare il proprio tiranno per piacergli. Noi non dobbiamo smettere di diventare quello che siamo. Quando si esce da una condizione di minorità il rischio è dimenticare le domande che ci fanno essere quello che siamo, il rischio è dare per scontate identità che non abbiamo costruito con la nostra fatica.
- Insomma stai dicendo che dobbiamo rimanere in condizioni di minorità.
- No, non fraintendermi. Sto dicendo che uscire dalle minorità è necessario ma non rappresenta la fine di un percorso di emancipazione. Questo vale per qualsiasi minorità. Il nostro lavoro non sarà mai finito, non potrà mai finire. Non dobbiamo mai smettere di diventare quello che siamo e dobbiamo insegnare agli uomini come smettere i loro abiti, come smettere di nascere uomini per diventarlo, finalmente.

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