Questa salsa è amara,
asciuga al sole l’impasto
di ingannevole sapore strappato alla terra
steso da mani sapienti e stanche.
Donne di casa mia
madri di tutti
figlie di nessuno
dee rivali per un regno di solitudine
vite trascorse in attesa del passato
fiero e da dimenticare.
Venite da lontano
con il pane tra le mani
lievito di passioni taciute.
Uomini di casa mia
delle vostre mani la terra si è nutrita,
il sudore la disseta,
gli ulivi raccontano fatica muta
dettata dai secoli.
L’infinito nei vostri occhi
non fu mai colto,
l’infinito negli occhi delle donne
non potevate vedere.
Gente di casa mia
un giorno, sparsi nel mondo
il vento ci porterà intorno al fuoco,
i ricordi non faranno male
e il dolore un bambino
che culleremo lieve
che riposi dopo i suoi giochi.
La notte passerà felice
mangeremo pane fatto in casa
e salsa amara.
(Giugno 2006)
Sacrari abbandonati / di guerre stagionali, / stille di sangue rappreso / e sale sulle ferite / di pomodori seccati al sole. |
Mi vengono in mente, senza che io capisca il perché, i versi che Cacciaguida dedica a Dante come presagio: «Tu proverai sì come sa di sale/lo pane altrui, e come è duro calle/lo scendere e 'l salir per l'altrui scale». (Paradiso, XVII, 58-60), Forse perché non riesco ad immaginare una salsa che sia amara prodotta dal concorso delle mani degli uomini che scavano la terra e ne raccolgono i frutti, con quelle delle donne, sapienti e stanche, che li trasformano in salse e pane. Persino l’odore, d’estate, che si spandeva nell’aria era dolce, e dolcemente il sole di luglio cuoceva i pomodori stesi al sole.
RispondiEliminaPer anni ho preso in giro i miei amici quando si lamentavano che non esistesse nessuna salsa più buona di quella di casa loro, mentre io ho sempre pensato che c’è sempre qualcosa di dolce in qualsiasi salsa, del miele più o meno nascosto in qualsiasi persona … un po’ come Pasqualino Settebellezze con Hilde, la grassa e laida comandante del lager nazista.
Ma una cosa era certa anche per me, nessuna salsa uguagliava quella che ero solito mangiare da bambino, di una dolcezza e squisitezza senza pari, che nevroticamente ho cercato di replicare senza alcun risultato … per questo è rimasta come archetipo nella mia mente, fantasma inseguito e mai raggiunto, consapevole che di questa salsa mai più ne mangeremo, ed è per questo che non colgo l’amarezza della salsa della tua poesia, mentre credo di riconoscermi in tutto il resto.
Ciao
Caro Garbo, capisco il tuo non capire. Ti manca un elemento essenziale del mio dialetto e forse del mio lessico familiare. La salsa cui mi riferisco è quella sapida e leggermente piccante fatta dell'impasto di pomodori e peperoncino steso ad asciugare al sole caldo del Salento. Il nostro corrispettivo per piccante è "maru", alla lettera amaro. I nostri peperoncini piccanti sono pipirussi mari. Ecco perché il sapore della salsa è ingannevole, perché la lingua non può coglierlo se non con mezzi inappropriati, con un significato che non gli appartiene. E allora quella salsa, con quella lingua, diventano simbolo e sintesi dell'esistenza e monumento a più di qualche vita. Grazie della citazione Garbo e del commento.
EliminaSalsa amara,
RispondiEliminasalsa rossa,
rosso sangue.
grazie per esserti soffermata qui, a presto.
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