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venerdì 8 aprile 2016

Indignazione intermittente

A seguito dell'ondata di indignazione che ha scosso le italiche coscienze dopo l'ennesima trasmissione di porta a porta, propongo la lettura di un saggio di Umberto Eco del 1961. Varrebbe la pena di leggerlo facendo l'esercizio mentale di sostituire al nome del presentatore di quiz quello del presentatore di mafiosi ma soprattutto immaginando che il telespettatore di cui Eco parla sia ognuno di noi. Solo così forse l'italica indignazione avrebbe parvenza di sincerità. Già, perché non riesco proprio a credere nella sincerità di queste indignazioni a intermittenza ogni volta che la merda tracima quando tutto mi dice che nella merda ci sguazziamo come ippopotami nel fango, sempre pronti a seguire un capobranco.

L'italietta borghese ha bisogno di indignarsi di tanto in tanto, giusto per mantenere in esercizio quell'attività in cui eccelle, salvare la faccia in pubblico e intrallazzarsi nella merda e nel petrolio in privato. In questa danza dell'ipocrisia nazionale l'untuosissimo vespa è una figura salvifica, assolve egregiamente il compito di concentrare in sè il lerciume di cui il telespettatore voyer si vuole liberare sprofondato nella comoda poltrona di casa. Tale compito è consustanziale al presentatore di mafiosi e soddisfa la domanda di indignazione della nazione!


Da: Umberto Eco, Fenomenologia di Mike Bongiorno. In Diario Minimo, 1961.

L'uomo circuito dai mass media è in fondo, fra tutti i suoi simili, il più rispettato: non gli si chiede mai di diventare che ciò che egli è già. In altre parole gli vengono provocati desideri studiati sulla falsariga delle sue tendenze. Tuttavia, poiché uno dei compensi narcotici a cui ha diritto è l'evasione nel sogno, gli vengono presentati di solito degli ideali tra lui e i quali si possa stabilire una tensione. Per togliergli ogni responsabilità si provvede però a far sì che questi ideali siano di fatto irraggiungibili, in modo che la tensione si risolva in una proiezione e non in una serie di operazioni effettive volte a modificare lo stato delle cose. Insomma, gli si chiede di diventare un uomo con il frigorifero e un televisore da 21 pollici, e cioè gli si chiede di rimanere com'è aggiungendo agli oggetti che possiede un frigorifero e un televisore; in compenso gli si propone come ideale Kirk Douglas o Superman. L'ideale del consumatore di mass media è un superuomo che egli non pretenderà mai di diventare, ma che si diletta a impersonare fantasticamente, come si indossa per alcuni minuti davanti a uno specchio un abito altrui, senza neppur pensare di possederlo un giorno.

La situazione nuova in cui si pone al riguardo la TV è questa: la TV non offre, come ideale in cui immedesimarsi, il superman ma l'everyman. La TV presenta come ideale l'uomo assolutamente medio. A teatro Juliette Greco appare sul palcoscenico e subito crea un mito e fonda un culto; Josephine Baker scatena rituali idolatrici e dà il nome a un'epoca. In TV appare a più riprese il volto magico di Juliette Greco, ma il mito non nasce neppure; l'idolo non è costei, ma l'annunciatrice, e tra le annunciatrici la più amata e famosa sarà proprio quella che rappresenta meglio i caratteri medi: bellezza modesta, sex-appeal limitato, gusto discutibile, una certa casalinga inespressività.

Ora, nel campo dei fenomeni quantitativi, la media rappresenta appunto un termine di mezzo, e per chi non vi si è ancora uniformato, essa rappresenta un traguardo. Se, secondo la nota boutade, la statistica è quella scienza per cui se giornalmente un uomo mangia due polli e un altro nessuno, quei due uomini hanno mangiato un pollo ciascuno — per l'uomo che non ha mangiato, la meta di un pollo al giorno è qualcosa di positivo cui aspirare. Invece, nel campo dei fenomeni qualitativi, il livellamento alla media corrisponde al livellamento a zero. Un uomo che possieda tutte le virtù morali e intellettuali in grado medio, si trova immediatamente a un livello minimale di evoluzione. La "medietà" aristotelica è equilibrio nell'esercizio delle proprie passioni, retto dalla virtù discernitrice della "prudenza". Mentre nutrire passioni in grado medio e aver una media prudenza significa essere un povero campione di umanità.

Il caso più vistoso di riduzione del superman all'everyman lo abbiamo in Italia nella figura di Mike Bongiorno e nella storia della sua fortuna.

Idolatrato da milioni di persone, quest'uomo deve il suo successo al fatto che in ogni atto e in ogni parola del personaggio cui dà vita davanti alle telecamere traspare una mediocrità assoluta unita (questa è l'unica virtù che egli possiede in grado eccedente) ad un fascino immediato e spontaneo spiegabile col fatto che in lui non si avverte nessuna costruzione o finzione scenica: sembra quasi che egli si venda per quello che è e che quello che è sia tale da non porre in stato di inferiorità nessuno spettatore, neppure il più sprovveduto. Lo spettatore vede glorificato e insignito ufficialmente di autorità nazionale il ritratto dei propri limiti.

Per capire questo straordinario potere di Mike Bongiorno occorrerà procedere a una analisi dei suoi comportamenti, ad una vera e propria "Fenomenologia di Mike Bongiorno", dove, si intende, con questo nome è indicato non l'uomo, ma il personaggio.

Mike Bongiorno non è particolarmente bello, atletico, coraggioso, intelligente. Rappresenta, biologicamente parlando, un grado modesto di adattamento all'ambiente. L'amore isterico tributatogli dalle teen ager va attribuito in parte al complesso materno che egli è capace di risvegliare in una giovinetta, in parte alla prospettiva che egli lascia intravvedere di un amante ideale, sottomesso e fragile, dolce e cortese.

Mike Bongiorno non si vergogna di essere ignorante e non prova il bisogno di istruirsi. Entra a contatto con le più vertiginose zone dello scibile e ne esce vergine e intatto, confortando le altrui naturali tendenze all'apatia e alla pigrizia mentale. Pone gran cura nel non impressionare lo spettatore, non solo mostrandosi all'oscuro dei fatti, ma altresì decisamente intenzionato a non apprendere nulla.

In compenso Mike Bongiorno dimostra sincera e primitiva ammirazione per colui che sa. Di costui pone tuttavia in luce le qualità di applicazione manuale, la memoria, la metodologia ovvia ed elementare: si diventa colti leggendo molti libri e ritenendo quello che dicono. Non lo sfiora minimamente il sospetto di una funzione critica e creativa della cultura. Di essa ha un criterio meramente quantitativo. In tal senso (occorrendo, per essere colto, aver letto per molti anni molti libri) è naturale che l'uomo non predestinato rinunci a ogni tentativo.

Mike Bongiorno professa una stima e una fiducia illimitata verso l'esperto; un professore è un dotto; rappresenta la cultura autorizzata. È il tecnico del ramo. Gli si demanda la questione, per competenza.

L'ammirazione per la cultura tuttavia sopraggiunge quando, in base alla cultura, si viene a guadagnar denaro. Allora si scopre che la cultura serve a qualcosa. L'uomo mediocre rifiuta di imparare ma si propone di far studiare il figlio.

Mike Bongiorno ha una nozione piccolo borghese del denaro e del suo valore («Pensi, ha guadagnato già centomila lire: è una bella sommetta!»).

Mike Bongiorno anticipa quindi, sul concorrente, le impietose riflessioni che lo spettatore sarà portato a fare: «Chissà come sarà contento di tutti quei soldi, lei che è sempre vissuto con uno stipendio modesto! Ha mai avuto tanti soldi così tra le mani?».

Mike Bongiorno, come i bambini, conosce le persone per categorie e le appella con comica deferenza (il bambino dice: «Scusi, signora guardia...») usando tuttavia sempre la qualifica più volgare e corrente, spesso dispregiativa: «Signor spazzino, signor contadino».

Mike Bongiorno accetta tutti i miti della società in cui vive: alla signora Balbiano d'Aramengo bacia la mano e dice che lo fa perché si tratta di una contessa (sic).

Oltre ai miti accetta della società le convenzioni. È paterno e condiscendente con gli umili, deferente con le persone socialmente qualificate.

Elargendo denaro, è istintivamente portato a pensare, senza esprimerlo chiaramente, più in termini di elemosina che di guadagno. Mostra di credere che, nella dialettica delle classi, l'unico mezzo di ascesa sia rappresentato dalla provvidenza (che può occasionalmente assumere il volto della Televisione).

Mike Bongiorno parla un basic italian. Il suo discorso realizza il massimo di semplicità. Abolisce i congiuntivi, le proposizioni subordinate, riesce quasi a tendere invisibile la dimensione sintassi. Evita i pronomi, ripetendo sempre per esteso il soggetto, impiega un numero stragrande di punti fermi. Non si avventura mai in incisi o parentesi, non usa espressioni ellittiche, non allude, utilizza solo metafore ormai assorbite dal lessico comune. Il suo linguaggio è rigorosamente referenziale e farebbe la gioia di un neopositivista. Non è necessario fare alcuno sforzo per capirlo. Qualsiasi spettatore avverte che, all'occasione, egli potrebbe essere più facondo di lui.

Non accetta l'idea che a una domanda possa esserci più di una risposta. Guarda con sospetto alle varianti. Nabucco e Nabuccodonosor non sono la stessa cosa; egli reagisce di fronte ai dati come un cervello elettronico, perché è fermamente convinto che A è uguale ad A e che tertium non datur. Aristotelico per difetto, la sua pedagogia è di conseguenza conservatrice, paternalistica, immobilistica.

Mike Bongiorno è privo di senso dell'umorismo. Ride perché è contento della realtà, non perché sia capace di deformare la realtà. Gli sfugge la natura del paradosso; come gli viene proposto, lo ripete con aria divertita e scuote il capo, sottintendendo che l'interlocutore sia simpaticamente anormale; rifiuta di sospettare che dietro il paradosso si nasconda una verità, comunque non lo considera come veicolo autorizzato di opinione.

Evita la polemica, anche su argomenti leciti. Non manca di informarsi sulle stranezze dello scibile (una nuova corrente di pittura, una disciplina astrusa... «Mi dica un po', si fa tanto parlare oggi di questo futurismo. Ma cos'è di preciso questo futurismo?»). Ricevuta la spiegazione non tenta di approfondire la questione, ma lascia avvertire anzi il suo educato dissenso di benpensante. Rispetta comunque l'opinione dell'altro, non per proposito ideologico, ma per disinteresse.

Di tutte le domande possibili su di un argomento sceglie quella che verrebbe per prima in mente a chiunque e che una metà degli spettatori scarterebbe subito perché troppo banale: «Cosa vuol rappresentare quel quadro?». «Come mai si è scelto un hobby così diverso dal suo lavoro?». «Com'è che viene in mente di occuparsi di filosofia?».

Porta i clichés alle estreme conseguenze. Una ragazza educata dalle suore è virtuosa, una ragazza con le calze colorate e la coda di cavallo è "bruciata". Chiede alla prima se lei, che è una ragazza così per bene, desidererebbe di­ventare come l'altra; fattogli notare che la contrapposizione è offensiva, consola la seconda ragazza mettendo in risalto la sua superiorità fisica e umiliando l'educanda. In questo vertiginoso gioco di gaffes non tenta neppure di usare perifrasi: la perifrasi è già una agudeza, e le agudezas ap­partengono a un ciclo vichiano cui Bongiorno è estraneo. Per lui, lo si è detto, ogni cosa ha un nome e uno solo, l'artificio retorico è una sofisticazione. In fondo la gaffe nasce sempre da un atto di sincerità non mascherata; quando la sincerità è voluta non si ha gaffe ma sfida e provo­cazione; la gaffe (in cui Bongiorno eccelle, a detta dei critici e del pubblico) nasce proprio quando si è sinceri per sbaglio e per sconsideratezza. Quanto più è mediocre, l'uomo mediocre è maldestro. Mike Bongiorno lo conforta portando la gaffe a dignità di figura retorica, nell'ambito di una etichetta omologata dall'ente trasmittente e dalla nazione in ascolto.

Mike Bongiorno gioisce sinceramente col vincitore perché onora il successo. Cortesemente disinteressato al perdente, si commuove se questi versa in gravi condizioni e si fa promotore di una gara di beneficenza, finita la quale si manifesta pago e ne convince il pubblico; indi trasvola ad altre cure confortato sull'esistenza del migliore dei mondi possibili. Egli ignora la dimensione tragica della vita.

Mike Bongiorno convince dunque il pubblico, con un esempio vivente e trionfante, del valore della mediocrità. Non provoca complessi di inferiorità pur offrendosi come idolo, e il pubblico lo ripaga, grato, amandolo. Egli rappresenta un ideale che nessuno deve sforzarsi di raggiungere perché chiunque si trova già al suo livello.

Nessuna religione è mai stata così indulgente coi suoi fedeli. In lui si annulla la tensione tra essere e dover essere. Egli dice ai suoi adoratori: voi siete Dio, restate immoti.


9 commenti:

  1. A mio parere, scambiare il nome del 'bravo presentatore' Mike con quello di Vespa, non regge col quadro che Eco ha fatto del primo.
    Il secondo non è un ignorante ne'un sempliciotto.
    Vespa è subdolo, uno che salta sempre sul carro del vincitore, uno senza scrupoli immanicato con la chiesa, un opportunista che ha un solo tipo di spettatori : quelli che fingono di indignarsi, quelli che appena girano l'angolo ne fanno di cotte e di crude godendo di fregare il prossimo.

    Cristiana

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  2. Cara Cristiana, direi che in questo caso le competenze del soggetto, se poche o nulle, contano niente e contano altrettanto poco le relazioni massoniche o d'altro tipo. Per comprendere la portata generale del discorso di Eco sicuramente aiuta la prima parte del saggio che in origine non avevo inserito e che ho integrato. Bongiorno era pretesto e simbolo per valutare l'appiattimento morale di un'italia con il vento in poppa. Saluti.

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  3. Capisco e spero di non averti fatto arrabbiare.
    Cri

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    1. ma no, perché arrabbiare? Semmai mi hai fatto chiarire qualcosa di poco chiaro. Indipendentemente dalle differenze tra le due figure ciò che le accomuna in questo discorso è l'essere catalizzatori e collettori di un bisogno di mediocrità. Ciao.

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  4. Questo brano di Eco è il mio preferito del Diario minimo e uno dei pezzi migliori di tutta la sua saggistica, andrebbe assaporato frese per frase, parola per parola, andrebbe letto nelle aule scolastiche, divulgato negli angoli delle strade o nei post che scriviamo, perché in moti, tanti, troppi, non lo conoscono … ed è un brano che apre campi sterminati alla visuale consueta, che ti fa vedere e comprendere il mondo e ciò che accade … anche ciò che accede adesso, a 55 anni di distanza da quando fu scritto … in maniera un po’ più profonda.
    Eco dice sostanzialmente che mentre nell’ambito dell’immaginario noi possiamo eleggere a nostri idoli dei modelli di eroi e supereroi dotati di straordinari poteri naturali o sovrannaturali, dei tipi alla Superman per intenderci (oggi soppiantati da santi miracolosi, apparizioni mariane e performance di grandi rockstar che dovrebbero essere morte o divise e invece si rimettono insieme per l’ultimo grande concerto, quello definitivo, quello assoluto, quello a cui non puoi mancare, quello di cui conserverai il biglietto tutta la vita), ma che sai comunque irraggiungibili, ne hai bisogno, ma non pensi davvero di diventare come loro, troppo difficile, forse impossibile e troppo faticoso in ogni caso.
    E l’everyman, l’uomo che fa della sua mediocrità il punto archimedeo del suo successo e forse di tutta la sua vita, il cui simbolo emblematico in quell’epoca remota era certamente Mike Bongiorno, che riscuoteva un successo altrimenti inspiegabile e a cui veniva tributata una simpatia esagerata, negata ad altri presentatori e uomini di spettacolo più bravi e preparati di lui.
    Col tempo abbiamo assistito ad una rivoluzione storica e culturale che da qui prende origine, da Mike Bongiorno, primo fra i presentatori senza arte né parte, che non sono bravi in nulla, che dotati persino di limiti evidenti sia come “animali da spettacolo”, sia come esseri umani, che pure vengono accettati, tollerati, applauditi.
    Presentatori che non sanno presentare, ballerine che non sanno ballare, attrici o attori che non sanno recitare, cantanti che non sanno cantare, fra questi c’è chi pur di strappare qualche consenso i più rispetto ai suoi colleghi, esaspera ancor di più la sua incapacità e la sua imbranataggine … è il successo di Claudio Bisio e la formula di Zelig…. ormai non ci sconcertano più.
    Abbiamo pensato per decenni che Andreotti fosse un’eminenza grigia, un uomo da mettere in paragone con Richelieu o almeno con Mazarino o con Cavour o con uno qualsiasi dei grandi tessitori più o meno occulti di storia, poi quando sono esplose le stragi di Capaci e via D’Amelio abbiamo sospettato che fosse in realtà soltanto un piccolo ambizioso arrivista di provincia talmente ammalato di potere (“il potere logora chi non ce l’ha”), che avrebbe fatto i patti anche col diavolo pur di emergere dalla ciociaria in cui era nato.
    Di politici mediocri che hanno avuto successo, che addirittura hanno caratterizzato un’epoca, ne potrei enumerare parecchi, quasi tutti quelli che abbiamo avuto finora, sottolineando come ci sia stata piuttosto una tendenza al ribasso man mano che gli anni trascorrevano e le generazioni si susseguivano.
    Mentre i vecchi politici hanno creato le regole democratiche della nostra Repubblica e in ogni caso conservano un minimo di dignità, quelli che li hanno rimpiazzati sono stati sempre più scadenti: basti pensare ad un Craxi che soppianta Nenni e gli altri vecchi alla guida del PSI, o un Andreotti che soppianta De Gasperi.
    Questa seconda ondata sarà spazzata via da tangentopoli, ma quella fu una rivoluzione prettamente giudiziaria, non era partita dalla sensibilità popolare, non era un rinnovamento che veniva dal basso, anche se alcuni elementi lo facevano sperare, e si risolse in un semplice cambiamento dei personaggi politici, ancora più giù, verso il basso.
    (segue)

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  5. A Craxi, a Forlani, ad Andreotti, a Berlinguer, succedettero i loro portaborse, persone che non avevano maturato o conquistato alcuna leadership, che non avevano alcuna idea su come si governa un Paese, che di politica conoscevano solo gli intrighi e non le dinamiche, persone che sono figlie d’arte (pensa a D’Alema e a Veltroni che sono entrambi figli di alti dirigenti del PCI), che improvvisamente si vedono spianate vastissime praterie senza avere i mezzi per costruire un cammino dignitoso per il Paese che aspiravano a governare.
    A questi portaborse, che hanno svalutato la politica tanto da renderla estremamente soggetta all’economia (prima di tangentopoli gli imprenditori facevano la coda dai politici per ottenere favori, dopo tangentopoli o sono i politici o gli aspiranti tali che si appoggiano al potere, anche a quello criminale, pur di essere legittimati o di essere eletti).
    Caso a sé è Silvio Berlusconi, un imprenditore senza scrupoli che si riversa direttamente in politica senza avere una più vaga idea di cosa fosse la politica, con lo stesso entusiasmo in cui lui che non sa suonare, solo strimpellare qualcosa, faceva il cantante e il musicista nelle navi da crociera, lui che non sapeva niente di edilizia diventa imprenditore edile e costruisce Milano 2, lui che non sa niente di editoria, di televisione, diventa proprietario del maggior polo televisivo-editoria del Paese.
    In questo caso non esisteva ancora la tv privata, Berlusconi ha inventato tutto lui, e ha riversato nei palinsesti dei suoi programmi i suoi sogni più segreti, molto semplici, banali, mediocri (e forse è per questo che hanno avuto successo e sono stati condivisi dalla maggior parte degli italiani): tette, culi, risate spensierate, informazione ansiogena si perché l’ansia inclina a spendere, ma non approfondita, perché pensare fa male alla testa e disturba il manovratore (anch’io faccio fatica a seguire i programmi della Gabanelli) e l’essere la chiave del successo, la porta per far apparire qualcuno in tutte le case a conferma che esiste e il nulla della banale esistenza che crediamo di trascinarci giorno dopo giorno.
    La politica attuale, inutile sottolinearlo, da l’idea di pedine prese non si sa più da chi e messe li; in pochi sapevano chi fosse Mario Monti prima che diventasse precipitosamente senatore a vita e Presidente del Consiglio, il suo curriculum è stato costruito ad hoc a posteriori a giustificare il fatto che fosse assurto a cotali e cotanti onori.
    Enrico Letta era per noi il puer aeternus, l’eterno nipote dello zio, che però militava in opposta fazione, nessuno credo abbia veramente capito perché è diventato Presidente del Consiglio dopo Monti e perché ne è stato esautorato soltanto pochi mesi dopo; altrettanto incomprensibile è l’ascesa di Matteo Renzi.
    Chi sono tutti i suoi ministri, da dove vengono, quali successi hanno riscosso in precedenza, perché stiamo affidando a loro la barca dello Stato e i nostri destini?
    Dovunque ti giri c’è il sospetto che le persone che vedi occupare delle cariche, dalle più alte alle più infime, siano stati messi li da una longa manus ignota, che dovranno rispondere non a noi cittadini ma a chi li ha piazzati in quel posto, che dovranno garantire e salvaguardare gli interessi dei loro mandanti e non quelli della collettività.
    Questo vale già da lungo tempo nell’informazione, trovo pochissime eccezioni alla servitù più oscena, al buttare in caciara tutto ciò che non puoi o non vuoi approfondire, si va avanti a colpi di indignazione alternata (talvolta mi indigno – talvolta non mi indigno), al prestare la propria faccia ai pretesti peggiori, alle peggiori campagne agli argomenti più scadenti, senza pudore e senza pericolo di insultare l’intelligenza di nessuno, in dibattiti senza più intelligenza.
    (segue)

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  6. E che dire, ancora, dell’imprenditoria, di quelli che hanno reso famosa l’Italia del mondo rimangono solo i marchi di proprietà ormai di multinazionali, pochi e inadeguati eredi, e i moltissimi speculatori che poco o niente hanno a che fare con la vera imprenditoria, che sono molto più simili agli avvoltoi che spolpano carogne, che sfruttano il lavoro, le risorse, l’ingegno e l’ambiente altrui per arricchirsi in fretta e lasciare dietro di loro, come moderni Attila solo lo sterile deserto.
    Prendiamo ad esempio il caso della coppia Guidi-Gemelli, pensi che la guidi sarebbe ministro se non fosse la figlia di Guidalberto Guidi e, soprattutto, senza le conoscenze tessute nell’arco di una vita dal padre vicepresidente di Confindustria? E il suo “compagno” Gianluca Gemelli per cosa si è mai distinto se non per le amicizie importanti che ha coltivato?
    È terrificante il mondo che emerge da questa coppia, non capisci più chi sta usando chi e dove termina la catena, chi è il puparo, non sai nemmeno se ci sia davvero un puparo dietro tutto questo: si accettano e si esercitano pressioni per manipolare e sfruttare l’altro, persino la vita intima e un figlio insieme sono passibili del sospetto di esistere come strumenti di potere sull’altro.
    Dovunque ti giri trovi la piattezza e il vuoto più assoluti, nessuna dignità perché basta poco per scaricare chiunque, persino i legami più intimi (compagni, mogli, mariti, figli, fratelli), poca o nessuna intelligenza (se vedi con quanta ingenuità si fanno pescare con le mani nel sacco, nessuna astuzia, nessuna malizia, nessuna accortezza … altro che i pizzini e la latitanza di Provenzano).
    E il bailamme, il tutti contro tutti, la critica continua verso persone con cui poi hai rapporti di vicinanza, compagni di partito, gente con cui governi insieme, persone con cui fai affari e stringi rapporti di amicizia o di intimità … è stupefacente leggere le intercettazioni e pensare: ma se avevi queste opinioni di queste persone, perché ci governavi assieme un Paese?
    O anche l’ipocrisia, di chi ad esempio come Massimo D’Alema dichiara che ha piena stima della Guidi, io credo che d’Alema conosca molto meglio di noi chi sia l’ex ministro dello Sviluppo Economico, se io che non la conosco posso ancora concederle il beneficio del dubbio, D’Alema certamente questo dubbio non ce l’ha.
    Solo che della guidi fuori gioco non gliene frega più nulla, anzi acchiappa il pretesto per fare bella figura ed essere magnanimo col nemico incorso in un fatale errore, però usa senza riserve il caso occorso alla Guidi e al governo per fare i conti col rivale Renzi, ma non perché indignato dal danno che questo governo con questo modo di fare sta facendo al Paese, quanto per conquistare gradi di potere all’interno dal partito.
    La mediocrità più assoluta colpisce anche tutti i protagonisti della vicenda che ha infiammato gli ultimi dibattiti: Salvo Riina a Porta a Porta. Mediocre è Salvo Riina che si presenta in una trasmissione televisiva a dire quello che ha detto e per pubblicizzare il libro che ha scritto, mediocre è la sua vocina che non incuterebbe rispetto nemmeno al suo cane, figuriamoci a mafiosi capaci di sciogliere un bambino nell’acido.
    Si è parlato di messaggi mafiosi cifrati, di alfabeto criptato, di tentativo di ricompattare Cosa Nostra, una sola accezione a questo sproloquio: Salvo Riina è un uomo libero, non sottoposto come il padre al regime 41bis, i suoi dialoghi non sono sottoposti a restrizione, per dire qualcosa a qualcuno non ha bisogno di utilizzare alfabeti cifrati, può incontrare i suoi interlocutori dove e quando vuole e dire di persona ciò che ha da dire.
    (segue)

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  7. Mediocre è Bruno Vespa, che punta più sul sensazionalismo e sullo scandalo suscitato dalla sola presenza di Riina junior nel suo salotto, che per altro; ma come, tu hai il figlio del più feroce boss di mafia degli ultimi decenni, uno che non ha esitato ad ingaggiare una guerra contro lo Stato italiano, e gli permetti di recitare la pantomima di un Totò Riina bravo padre di famiglia? Vespa è senza appello, non ricordo per quanto mi sforzi un suo servizio giornalistico degno di questo nome, nemmeno per la sua città, L’Aquila è riuscito a fare un vero reportage, e forse è proprio per questo che i politici in carica e quelli all’opposizione presenziano all’uscita di ogni suo libro, qualcuno anzi dice che è un’istituzione essere presenti al lancio del libro, mai nessuno che prenda alla lettera la parola “lancio” e lo lanci fuori dalla finestra … come fece un prof universitario dopo aver chiesto al candidato che aveva sostenuto l’esame se preferiva un 18 asciutto o un 30 bagnato, sentendosi scegliere questa seconda evenienza, scrisse il 30 sul libretto, lo lanciò fuori dalla finestra mentre pioveva, poi disse candidamente allo studente: “Se lo vada a riprendere, a quest’ora si sarà già bagnato”.
    Il fatto è che il mediocre, e la tendenza è sempre di più verso il basso, da sfiorare l’imbecille, il cretino, l’oligofrenico, sono i migliori candidati per qualsiasi posto, sono quelli più facilmente manovrabili, quelli più fedeli, quelli che non oseranno mai dirti di no, quelli che non cercheranno di fregarti.
    La Sicilia adotta questo sistema da decenni, in tutti i posti chiave dalla politica, dell’industria, della burocrazia, dei servizi, trovi emeriti imbecilli che non sai per quale miracolo sono stati catapultati in quel posto mentre i migliori hanno dovuto andare a cercare ventura altrove; e quando esiste da qualche parte qualcuno bravo, sempre ammesso che esista, nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di un imbelle che non si spreca se non per li amici, per i soldi o per il potere.
    Il risultato è che mentre i nostri giovani migliori cercano fortuna all’estero, mentre emigrano le nostre migliori maestranze e le eccellenze, mentre le scoperte migliori gli italiani le fanno solo in università estere, qui in Italia è tutto fermo e stagnante, i dibattiti sono sempre gli stessi e io in genere li evito finché non so di parlare con qualcuno che abbia il dono dell’intelligenza e che sia in buona fede, che a Roma il candidato sindaco per il cdx lo decide Salvini e che Maurizio Gasparri è ancora vicepresidente del Senato della repubblica italiana.
    Ciao, buon fine settimana
    P.S. Ero incerto se replicare con un post, ma dovevo selezionare le immagini, inserirle ... e sono troppo pigro; ti ho intasato il tuo post di commenti .. spero di non trasformarmi in Giamba :-)

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  8. Caro Garbo, nessun timore che io possa confonderti con un troll :-) Le tue considerazioni sono pertinenti e condivisibili. Il saggio di Eco non si esaurisce facilmente, resta... aperto, per così dire, e il parallelo non si ferma certo a vespa. Se non aggiungo altro al tuo commento è perché lo ritengo un ritratto impietoso e fedele del nostro paese cui ho poco da aggiungere senza essere preso dalla depressione. Non so dire se questa corsa alla mediocrità abbia una qualche specificità italiana e anche questa incertezza non fa che aumentare la mia tristezza. Tengo a dire solo che la trasmissione di vespa non l'ho vista, non ha nulla da dirmi né lui ne i suoi ospiti. Ne ho letto e mi basta, per il resto, come dice Battiato, il mio razzismo non mi fa guardare quei programmi demenziali. Buon fine settimana a te.

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