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giovedì 25 febbraio 2021

Delle somiglianze

Jacopo Zucchi,
Ritratto di Clelia Farnese, ca. 1570.


L'adolescenza è l'età in cui devi trovare una ragione per ogni cosa, dopo o sei malato di hegelite, una sorta di priapismo della ragione, o smetti di farlo.

Da adolescente passavo lunghi minuti davanti allo specchio, non per vanità ma per cercare un senso al mio volto, un significato. Sì, proprio un significato! Perché nella mia fantasia il volto degli altri aveva un chiaro significato, una combinazione di linee e di forme con un preciso senso. Ogni volto era unico e riconoscibile. Il mio volto invece era del tutto privo di significato. Un volto come tanti. Anonimo.

Crescendo ho imparato che l'unicità e la riconoscibilità di un volto non c'entrano nulla con il suo significato e inoltre ho capito che lo stesso concetto di significato di un volto è privo di senso ma l'adolescenza ama perdersi in questi dedali.

"Ecco quel che ci resta sulla faccia passati vent'anni! Un errore! La nostra faccia non è altro che un errore." Louis-Ferdinand Céline, Viaggio al termine della notte, 1932.

Concetto spinoso quello di significato, e ambiguo come se già non bastassero le insidie degli apparentemente più maneggevoli concetti di unicità e riconoscibilità. Concetti imparentati con quello di somiglianza. Stabilire se due volti siano somiglianti sembrerebbe cosa semplice ma quante volte scopriamo somiglianze che altri non vedono?

Ci sono casi in cui non ci sono dubbi sulla somiglianza di due volti, così come casi in cui non v'è alcuna incertezza circa l'assoluta assenza di somiglianza tra altri due volti. Ma questi sono estremi di uno spettro abbastanza ampio in cui ci sono somiglianze viste da alcuni che altri giurerebbero inesistenti. Le ragioni di questo potrebbero essere oggetto di studio delle neuroscienze della visione, in particolare la branca che si dedica alla formazione delle immagini e alla loro composizione a livello neocorticale.

La visione non è un atto passivo di mera ricezione delle immagini dal mondo esterno. Noi componiamo nel nostro cervello le immagini che vediamo con gli occhi. Facendolo esaltiamo alcuni dettagli e ne trascuriamo altri. Diamo enfasi ad alcune combinazioni di linee, forme e proporzioni che non sono le stesse cui altri danno enfasi nel loro processo di visione. La visione è un processo attivo di composizione delle forme. Nonostante quello che avrei capito uscendo dal dedalo della mia adolescenza l'enfasi differenziale che, più o meno inconsciamente,  assegniamo agli oggetti della nostra visione non è affatto estranea al concetto di significato perché se diamo enfasi a una combinazione di forme e proporzioni piuttosto che ad altre è perché quelle combinazioni per noi hanno un significato che altre non hanno. Un significato che è difficile definire ma pur sempre un significato. Cosa sia a determinare queste differenze è tema ancora più complesso. Riguarda la biografia più che la scienza e a tal proposito potrebbe bastare per chiudere la questione la massima latina de gustibus non est disputandum.

Clelia Farnese per esempio è il ritratto di una mia cara amica. Jacopo Zucchi l'ha ritratta quasi mezzo millennio prima che nascesse. Non sono il solo a scorgere questa somiglianza ma la mia amica non è d'accordo. Non si riconosce in quel volto. Si direbbe che basti il suo giudizio per decidere che la supposta somiglianza è frutto della mia fantasia, sia pure condivisa con quancun altro? Non ne sono certo. Non perché sia invece certo della somiglianza ma perché la visione è appunto un processo attivo di composizione delle forme che lascia molto spazio a fattori soggettivi che possiamo eventualmente condividere con altri e allora ci troviamo d'accordo sulle somiglianze.

Dopo questa premessa la domanda aperta resta quella della mia adolescenza. Che significato ha il mio volto? Quando qualcuno mi farà notare che ho il naso leggermente storto dirò che non è così e la questione è chiusa o comincerò a gravitare intorno ai miei centomila sosia sparsi per il mondo per finire i miei giorni in un ospizio, finalmente libero di vagare a mio piacere nel dedalo della mia adolescenza?

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