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martedì 4 agosto 2020

Di rimozioni e altri crimini

Ritornare dopo molti anni sulle pagine dell'Antico Testamento è un ritorno all'origine di molte letture successive, perché in questo spicchio di mondo molto di quanto è stato letto e scritto è commento di quell'origine. Anche questo è attraversare il deserto.
Calasso non delude mai. Le pagine dedicate al Mosè di Freud e all'uccisione del padre primordiale sono straordinarie. A cominciare da Goethe la supposta uccisione di Mosè è prodiga di riflessione. La tradizione talmudica ha insegnato che nella Torah il taciuto regge l'universo. Con la violenta rimozione di Asherah, non una parola si legge in questo maestoso libro sull'uccisione della madre. Siamo di fronte a uno dei silenzi costitutivi della Torah?
 


Forse sì considerando la tagliente ironia che accompagna le motivazioni di Freud sul cosiddetto "progresso della spiritualità".


Ma la madre non può essere uccisa. Jim Morrison in The end dice «Father, yes son? I want to kill you. Mother, I want to...» Il grido gli resta strozzato in gola. Non è possibile uccidere la madre. La versione censurata della canzone non cambia la sostanza, è solo la banale didascalia del complesso edipico. Con la madre si può solo lottare. La separazione delle acque è anche separazione dalle acque. L'antica, estenuante, interminabile lotta di Iahvè per la separazione delle acque, lotta che deborda dalle pagine di Calasso, è una lotta per la separazione dalle acque amniotiche. Solo così è comprensibile l'ossessiva lotta per separare le acque, per attraversarle a piede asciutto. Una lotta per la separazione delle acque infere da quelle superne che ricorre nell'Antico Testamento fin dalla creazione. Solo così si tiene insieme quella memoria collettiva che accomuna l'intero mondo vivente andando all'origine, senza fare un solo passo dall'origine. Solo così la statua di sale può sciogliersi dopo aver misurato la profondità dell'oceano e provare per un istante soltanto, nell'ultimo istante prima di sciogliersi, quel sentimento oceanico di cui tanto si parla grazie a Freud che diceva di non saper provare quel sentimento. Non poteva provarlo perché il suo tempo non permise neanche a quel possente spirito di vedere che Dio non è in lotta con gli dèi che lo precedono e con le loro acque. Dio è in lotta con la Mater. Quella lotta ancora oggi dura perché è il vero lascito al suo popolo, non solo quello ebraico. Il suo popolo non ha rimosso l'uccisione del padre primordiale, come sostiene Freud, sta ancora conducendo una estenuante lotta con la propria madre, come neanche Calasso arriva a sostenere apertamente.


5 commenti:

  1. Hai scelto un argomento di quelli tosti e un brano musicale che ha fatto storia. E' proprio un bel post che tornerò a rileggere con piacere
    Un salutone e alla prossima

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  2. L’ho appena preso come ebook, sarà impegnativo ma è da molto che volevo leggerlo

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  3. Se l’uccisione del padre (secondo le diverse interpretazioni psicoanalitiche, da Freud in poi) è stata rimossa, e da essa nasce la civiltà, la società, la scienza, la razionalità, …, e questa rimozione fa di ciascuno di noi un potenziale nevrotico e un sicuro infelice, l’uccisione della madre è stata (ed è tuttora) negata, non esiste, non può esistere, non può nemmeno essere pensata, può accedere alla coscienza solo in forma negativa, per dire che non è così, che ciò è assurdo, e questo fa di noi (tutti quanti) dei potenziali psicotici, perché la radice stessa della nostra vita risiede proprio in questa uccisione graduale della madre dal momento in cui usciamo dal suo corpo e viene reciso il cordone ombelicale al momento in cui diventiamo uomini/maschi differenziandoci da lei, dalle inevitabili identificazioni con lei, fino al momento in cui lasciamo la sua casa per attraversare il mondo.
    Freud scrisse un breve saggio sulla Negazione nel 1925 (che coincide col periodo in cui dialogava con Romain Rolland di sentimento oceanico) in cui apre con due esempi di negazione: “Ora Lei penserà che io voglia dire qualche cosa di offensivo, ma in realtà non ho questa intenzione”, e: “Lei domanda chi possa essere questa persona del sogno. Non è mia madre”, per concludere che il primo soggetto in realtà voleva dire qualcosa di offensivo, ma non lo farà, mentre il secondo soggetto ha davvero sognato sua madre, ma non può dirselo.
    La società patriarcale, di cui parla Freud (e gli psicoanalisti dopo di lui) riposa sull’uccisione della madre, prima ancora che su quella del padre, perché anche se non volessimo dar credito alle società matriarcali precedenti quella patriarcale che stiamo vivendo (argomento molto dibattuto questo, perché il patriarcato potrebbe aver sostituito società strutturate secondo criteri di uguaglianza fra donne e uomini e non una società basata sul dominio femminile e sul culto della “grande madre”), di sicuro è innegabile l’elemento femminile nella strutturazione delle società arcaiche, a fianco di quello maschile e che questo elemento femminile sia stato in qualche modo cancellato, accantonato o squalificato.
    Anche nell’attuale società patriarcale l’elemento femminile è molto forte, divinità femminili venivano adorate quanto e più (in alcuni casi) di quelle maschili, il clan si riuniva in cerchio (simbolo femminile) prima ancora di adorare un totem (simbolo maschile) e anche nel cristianesimo il culto di Maria assume talvolta livelli di devozione pari e persino superiori a quello di Cristo, e non dimentichiamo che se Cristo apparse ai suoi discepoli dopo la sua morte e resurrezione, gran parte delle apparizioni storiche più importanti sono apparizioni mariane.
    Il sentimento oceanico, di cui parlava Rolland potrebbe essere uno stato di beatitudine conseguente a un ricongiungimento con la madre prima della sua uccisione simbolica, prima che avessimo bisogno di negare che questo evento sia avvenuto, per strutturare così la nostra individualità, la nostra sessualità, la libertà e socialità su questo ancestrale omicidio: la madre si uccide per differenziarsi da lei, per negare la dipendenza assoluta del lattante che ciascuno di noi è stato, il padre si uccide per prendere il suo posto, per essere come lui, per essere lui.
    Ma è estremamente difficile sintetizzare in un commento tutto ciò che mi viene ulteriormente in mente a partire dallo spunto di questo tuo post e dai brani di Roberto Calasso; condivido pienamente il tuo giudizio iniziale: “Calasso non delude mai …”, sebbene il libro che citi io non l’ho ancora letto.
    Ti auguro una felice vacanza salentina. Ciao

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    1. Ti ringrazio per questo tuo corposo commento che altrettanti ne suscita e come per il post so già di non poter passare in rassegna tutto quello che chiama con un commento. Nessuno ci vieta di tornare sull'argomento a nostro comodo e piacere. Diverse volte lo abbiamo sfiorato, diverse volte da più sfaccettature. Mi piace ribadire che non è solo a livello psicologico che va affrontata la faccenda ma, come dire?, a livello antropologico, culturale. Direi quasi evoluzionistico. Ovviamente i livelli si parlano, si intrecciano, come sempre accade, perché in definitiva parliamo di diversi livelli per il piacere che ci dà la necessità di distinguere il molteplice nell'unità. È necessario tagliare la carne per capire, anche se il taglio ferisce e uccide.
      Il conflitto è tra materia e spirito, lì si intravede il conflitto tra madre e padre. Il conflitto è tra caduco e immortale, tra eterno e transeunte. Non è necessario aspettare l'analisi di Freud per vedere questo conflitto, già Platone ce lo mostra o per meglio dire Platone ce ne parla, a mostrarcelo è Raffaello con quel dito nella scuola di Atene puntato in alto, in simmetrico contrasto con quell'altro, di Aristotele, puntato in basso. Ma anche Platone è un "giovanotto" che può guardare indietro e dire, con il Qoelet, nulla di nuovo sotto il sole! Oggi, come per una perla che cresce intorno a un irregolare granello di sabbia che solo occhi attenti riescono a vederne i contorni originari, sentiamo parlare di materialismo con spregio e furore, contrapposto a quell'aulico spiritualismo che dovrebbe invece segnare il progresso dell'umanità. Nella storia del pensiero il materialismo, quello storico, ha avuto l'anatema che sappiamo eppure sappiamo quanto poteva o voleva essere salvifico.
      Andare all'origine significa andare al nocciolo primario, all'assillo che stritola l'uomo da che ha coscienza di morte. Qui troviamo il Pantheon di divinità ctonie e terrene, divinità celesti e olimpiche. Un discorso che Erich Fromm aveva affrontato con i suoi allievi nel libro l'uomo e i suoi simboli, se non ricordo male. Lì dobbiamo cercare il conflitto irrisolto che ancora oggi si perpetua, tra padre e madre, tra uomo e donna, tra maschile e femminile. Il conflitto da cui nasce ogni altra sopraffazione, ogni prepotenza, ogni irrisolto male di vivere. Perché il maschio che diventa adulto ma che resta bambino ha un conto sospeso con la madre. Un conto sospeso con il femminile, con la donna, con l'altro da sé. Per averlo messo al mondo, per averlo costretto a prendere coscienza di dover morire. Qui è il nocciolo di molti problemi di oggi e di sempre.
      Perché questa lettura valga per l'intera umanità mi tocca almeno accennare qualcosa sulle donne, naturalmente. Ma qui mi fermo ritornando al pensiero psicoanalitico e temendo che il conflitto tra madre e figlia è qualcosa da cui noi maschietti faremmo bene a tenerci a rispettosa distanza, perché, come quel rovo ardente sul Sinai, se lo guardi da troppo vicino resti folgorato.
      Ti auguro una bella vacanza nella tua Sicilia, l'amata Sicilia, la più grande delle isole greche.

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    2. E infatti ricordavo male. L'uomo e i suoi simboli è una raccolta di saggi di Jung e di suoi allievi. Il libro che avevo in mente è Il linguaggio dimenticato di Erich Fromm. Scusa, andavo a memoria e in vacanza mi fa cilecca, mentre invece quando non sono in vacanza...☺️

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