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sabato 17 giugno 2017

L'uomo e la maschera

Tra i numerosi filoni della ricerca artistica del Maestro Ezio Flammia lo studio della maschera è tra i più importanti nella sua cifra poetica. Maschere di carta e stoffa del teatro fliacico della Grecia del IV-III sec. a.C., maschere labirintiche realizzate con fili di ferro saldati per fusione elettrica, maschere di cartapesta, materiale di elezione di Flammia. Avere la fortuna e il privilegio di vedere le sue opere dove sono nate, nel suo laboratorio, è un'emozione che lascia senza parole mentre ci si perde tra i volti che le maschere mostrano e quelli che nascondono. Già, perché l'universo della maschera è continuamente ambivalente tra un dentro e un fuori, tra realtà e messa in scena. La maschera produce lo straniamento del contraddittorio, lo spaesamento quasi consapevole per cui più di quello che mostra conta quello che cela.

Arete regina, maschera fliacica.

La maschera nasconde il volto, lo protegge, consente al volto sottostante di assumere qualunque forma. Sotto la maschera la smorfia è libera. Ma se questo è il dentro di una maschera il fuori spaventa, allontana, affascina, attira. La maschera rende ridicolo il terribile, serio il fatuo. La maschera è membrana di transizione tra dentro e fuori. La maschera è terra di nessuno. E' la superficie di profondità abissali.

Diavolo-giullare, maschera medievale.

La maschera dà forma al nulla. Di tutti i significati cui la maschera rimanda quest'ultimo è a mio avviso il più rilevante. La maschera è forma intorno al nulla, è la forma del nulla. E' questo che inquieta della maschera. Il nulla diventa visibile e non lascia alibi alla razionalità ordinatrice. La farsa della razionalizzazione diventa evidente, è sotto gli occhi e ridere della maschera significa ridere della necessità del vuoto di farsi forma. In definitiva è ridere della necessità di esistere e di darsene ragione. Per questo il riso è liberatorio e imbarazzato. Il riso è portatore di una sorpresa interiore che non si coglie immediatamente. Il vuoto è lo scheletro della maschera. La maschera rivela che il nostro scheletro è il vuoto. Il terrore che dietro una maschera ci sia il nulla è più grande dello spavento che la maschera può suscitare. In questo disequilibrio risiede il potere apotropaico della maschera per allontanare il tremendo. E' un bluff, una scommessa al rialzo senza carte vincenti, nella speranza che il tremendo non accetti la scommessa e abbandoni il gioco, terrorizzato a sua volta di quello che può trovare dietro la maschera.

Diavolo-giullare con lingua, maschera medievale.

Con le maschere labirintiche è l'ombra a esprimere forma e volume. Il non esistente dà forma all'esistente. E' un gioco inquietante. Se la maschera gioca con l'illusione di un dentro/fuori e mostra una superficie che nasconde l'insondabile, la maschera labirintica denuda anche questa illusione. Le maschere labirintiche sono maschere di maschere.

In questa pagina sono visibili alcune opere
di Ezio Flammia dedicate a Totò.

E' inevitabile davanti alle maschere labirintiche pensare a Teseo che seguendo il filo ritrova la via del ritorno. Qui seguendo il filo si finisce con il percorrere il proprio volto. E' un percorso che porta a sé stessi.

E' un incontro naturale quello tra Flammia e Totò, maschera esso stesso, doppio che rinvia continuamente alla tragedia di cui il comico è superficie esposta.


Siamo uomini o caporali, dice Totò nel film in cui, più che in ogni altro, si compie la sua poetica. In quella poetica trova eco la "mistica della maschera" di Flammia. Il comico come dispositivo necessario per affrontare il tragico che c'è fuori e custodire il tragico che c'è dentro.


Venerdì 23 giugno sarà inaugurata una mostra del Maestro Ezio Flammia: “Omaggio a Totò”. La mostra è nell’ambito della manifestazione Notti d’estate a Villa Laura” a Moiano (BN), patrocinata dal FAI. Ho avuto il privilegio di vedere le opere dedicate a Totò e molte altre. Cosa posso dire? Chi può andare a Mogliano per questa occasione ci vada, sarà sicuramente felice di averlo fatto.

Clicca sull'immagine per ingrandire la brochure della mostra

4 commenti:

  1. Ho idea che l'interesse per le maschere sia contestuale a una passione per il barocco. Gesualdo Bufalino costituisce un nesso esemplare in tal senso. Hai letto "Tre maschere barocche"?

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    Risposte
    1. Se per barocco intendiamo un periodo storico della storia dell'arte direi che il nesso andrebbe cercato in qualcosa di più antico e antropologicamente più basilare, basilare per lo stesso barocco che va inteso come uno stato dell'anima. Purtroppo non conosco quest'opera di Bufalino e temo sia difficile trovarla, ho tentato una ricerca nel sito di Feltrinelli e non risulta, trovo menzione nel sito della fondazione Bufalino ma senza riferimenti per rintracciarla in libreria. Comunque la cercherò, grazie.

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    2. È in Opere, vol.I, 1981-1988, Bompiani.
      Ciao.

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