Pagine

venerdì 2 novembre 2018

La cattura del gatto [Note (79)]

“Il Dio, cui i visnuiti e i sivaiti si rivolgono con amante dedizione, non è neppure un giudice. Questa è forse la differenza più macroscopica rispetto al giudaismo, al cristianesimo e all’islamismo. […] Nell’ottica della teologia monistica un giudizio sarebbe assurdo; se infatti l’uomo è parte dell’assoluto, quindi parte di Dio, e se, in secondo luogo, il mondo è un gioco di Dio e, inoltre, Dio è onnipotente, allora un tale giudizio non potrebbe che risolversi in un’autocondanna di Dio, sarebbe come se egli cercasse di scaricare i propri errori su un capro espiatorio.”[1]
Nello spazio tra Dio e mondo si è insinuata, fin dalle origini del pensiero occidentale, l’aporia che non poteva essere risolta e che ha dato inizio alla secolarizzazione. Già Platone nel Politico non poteva che prendere atto della scissione operata e riconoscere che la politica è necessaria agli uomini perché abbandonati dagli dèi. E tuttavia credo che nella necessaria assunzione di responsabilità dell’uomo, che ritroviamo nella successiva tradizione religiosa di matrice paolina, si celi un principio di libertà che non poteva esprimersi se non separando Dio e mondo, dando origine così a quell’aporia creativa che conteneva in sé il seme della modernità.
La tradizione religiosa occidentale di matrice giudaico-cristiana, ha affrontato l’aporia che il monismo induista non conosce, l’ha affrontata e, come è ovvio, non l’ha risolta, ma da questa lotta è nata la società secolarizzata. Nella tradizione islamica la lotta non è stata così radicale perché il contesto giuridico non è mai stato autonomo da quello religioso.
Prendo in prestito i pensieri di un costituzionalista cattolico come Ernst-Wolfgang Böckenförde, “lo Stato liberale secolarizzato vive di presupposti che esso non può garantire. Questo è il grande rischio che si è assunto per amore della libertà”[2]. In nome della libertà si è rinunciato alla fondabilità esterna al contesto in cui si applica. Una libertà autentica non poteva né doveva accettare fondamenti che non fossero interni al discorso della fondabilità, e quindi sempre suscettibile di rivisitazione. Forse il motivo per cui la scienza nasce in occidente è da cercare anche nel coraggio di non evitare le aporie. L’aporia originaria dell’occidente si insinuava tra la volontà di mantenere la libertà dell’uomo e l’onnipotenza divina, questa possibilità diventava sempre meno sostenibile in un tempo che non era più ciclico, in una vita che non dava più possibilità di reincarnazione.
In quello spazio nasce il nichilismo che Nietzsche ha svelato e Heidegger ha riconosciuto fin dalle origini del pensiero occidentale, quando dalla visione monistica parmenidea ebbe luogo la grande scissione tra Dio e mondo[3]. Un nichilismo che è solo banale negazione dei valori per i pensatori della domenica mattina e vincolo di responsabilità per i pensatori[4].

[1] H. von Stietencron, Mondo e divinità: concezioni degli indù. In: Hans Küng, Josef van Ess, Heinrich von Stietencron, Heinz Bechert, Cristianesimo e religioni universali. Introduzione al dialogo con islamismo, induismo e buddhismo. Mondadori, 1986, p. 235.
[2] Cit. in G. Zagrebelsky, Contro l’etica della verità. Laterza, Roma-Bari, 2008, p. 10-11.
[3] U. Galimberti, Il tramonto dell’Occidente….
[4] G. Vattimo, Oltre l’interpretazione….

Nessun commento:

Posta un commento

Adoro lo scambio di opinioni e i commenti mi fanno molto piacere ma se stai scrivendo qualcosa che riterrò offensivo o di cattivo gusto allora il commento non avrà risposta e sarà cancellato.
Per evitare spam la moderazione è attiva solo per post pubblicati da più di 30 giorni.

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...