Secondo Hans Jonas
[1] il concetto di Dio dopo Auschwitz non può conservare allo stesso tempo gli attributi di bontà, potenza e comprensibilità, poiché ogni relazione fra due attributi esclude il terzo. Jonas non ha dubbi, di fronte all’aporia non resta che abbandonare il concetto di un Dio onnipotente. Il libero arbitrio è incompatibile con l’onnipotenza divina.
Nella fisica quantistica si è avuto un problema analogo a proposito dei principi di separabilità, realtà e località dei fenomeni, per lo meno a scale subatomiche
[2].

Il teorema di John Bell del 1964 e le successive prove sperimentali relativamente alla misura della polarizzazione di una stessa sorgente di luce effettuata da osservatori indipendenti provano l’insostenibilità dell’immagine del mondo come un insieme di oggetti indipendenti, concreti e distinti. Uno dei principi deve essere lasciato cadere e il principio che ragionevolmente può essere abbandonato, perché meno problematico, è quello di località. In altre parole a scala subatomica non si hanno oggetti distinti ma oggetti che in qualche modo restano intimamente connessi tra loro se hanno interagito nel passato.
Le due grandi case, teologia e scienza, devono saper rinunciare a qualche postulato per rimanere in piedi. Indubbiamente ognuno cerca di farlo come può e come sa ma sicuramente dalla propensione alla rinuncia di postulati dati per certi si può dedurre, se non l’autentico amore per la verità, almeno la vocazione all’autoesame.
[1] H. Jonas, Il concetto di Dio dopo Auschwitz. Una voce ebraica, il melangolo, Genova, 1990, p. 23 cit. da Giovanni Fornero, Salvatore Tassinari, Le filosofie del novecento. Bruno Mondadori, Milano. Vol 2, p. 1348-1349. Cfr. anche N. Bobbio, Elogio della mitezza e altri scritti morali. Net, Milano, 2006, p. 194-195.
[2] P. Odifreddi, Il Vangelo secondo la Scienza. Le religioni alla prova del nove, Einaudi, Torino, 1999, p.80.