Che una forma di pensiero assoluto sia il pilastro della teologia di Ratzinger non è mistero per nessuno che abbia seguito il suo magistero. Un estratto dell'articolo di ieri ne chiarisce in maniera icastica i connotati.
"Ci sono beni che sono indisponibili. Ci sono valori che non è mai lecito sacrificare in nome di un valore ancora più alto e che stanno al di sopra anche della conservazione della vita fisica. Dio è di più anche della sopravvivenza fisica. Una vita che fosse acquistata a prezzo del rinnegamento di Dio, una vita basata su un’ultima menzogna, è una non-vita. Il martirio è una categoria fondamentale dell’esistenza cristiana."
A un pensiero laico, allenato a quell'ars discutidora che è la democrazia, non sfuggono le pericolose conseguenze di simili affermazioni né le terribili origini con le annesse degenerazioni. Chi decide della posizione dei valori per stabilire il più alto in nome del quale è possibile (o doveroso) sacrificare anche la "vita fisica"?
Quanto all'origine del collasso morale che l'ex pontefice attribuisce ai movimenti del '68 mi resta la triste impressione di una miopia non solo storica, per molti versi incomprensibile. Se da un lato corre l'obbligo di ricordare che l'esortazione "si non caste, tamen caute" fu pronunciata dal pio arcivescovo Adalberto di Brema durante il Sinodo di Pasqua dell'ormai lontano 1049, dall'altro lato è inevitabile notare che il collasso morale di cui Ratzinger parla riguarda la dimensione sessuale. Una dimensione della moralità certamente importante ma angusta se la riflessione del filosofo morale deve avere come orizzonte minimo la convivenza tra i viventi, ma qui ci avventureremmo nel campo più impegnativo dell'etica pubblica.
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Tempo fa, a tempo perso, per ragionare disordinatamente sulla crisi morale la presi piuttosto larga. Senza peraltro mai nominare quella crisi, che può stare comodamente dentro la crisi della modernità, ragionavo sull'arte contemporanea ma il soggetto e i suoi termini temporali erano e sono pretestuosi e convenzionali, giacché l'arte è sempre contemporanea e ogni epoca è nata dalla crisi dei valori sostenuti nelle precedenti epoche.
L'articolo di Ratzinger di ieri poteva essere la riflessione di un uomo maturo sulla crisi della nostra epoca. La sua età e la sua cultura, nonché l'attenzione che gli viene rivolta, potevano essere importanti fattori per una riflessione seria sulla crisi del nostro tempo. Peccato, è stata l'enesima occasione persa.
"Concludiamone dunque che il mondo sarebbe assai migliore se ciascuno si accontentasse di quello che dice, senza aspettarsi che gli rispondano, e soprattutto senza chiederlo né desiderarlo." José Saramago
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La foto che hai postato è talmente chiara e attinente al post che mi complimento con te. Purtroppo, ormai di occasioni sprecate potrei elencarne un bel numero.
RispondiEliminaUn salutone
forse non cercava solo un colpevole, forse voleva chiudere possibili evoluzioni del pensiero- ti passo un mio intervento su Ratzinger che vola basso, e vuole solo ribadire che il '68 era ben altro - ciao http://arpaeolica.blogspot.com/2019/04/esimio-ratzinger-il-68-era-contro-gli.html
RispondiEliminaA me non dispiace come teologo, ma la Chiesa ha un'impronta sessuofobica e misogina, che pregiudica la fede, invece di sostenerla.
RispondiEliminaHo molto apprezzato la sua rinuncia. Non ricordo di aver apprezzato altro.
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