Dalle mie parti le vòre rappresentano luoghi che hanno un significato simbolico, non solo geologico. Luoghi che ingoiano e generano metafore. Le vòre sono voragini che si aprono nella roccia calcarea, aperture di un percorso nascosto, un fluire sotterraneo e invisibile che corre fino al mare, sono memoria di corsi d'acqua antichi che si nascondono alla vista eppure continuano a scorrere. Sono ingressi di avelli inferi che conducono nel ventre della terra, dove tutto nasce, dove tutto finisce. Nel mio paese c'è una delle vòre più grandi nel Salento, raccoglie le acque piovane dei paesi confinanti, un avvallamento che si riempie d'acqua fino a formare un lago che dura fino a che la vòra non lo inghiotte. Un tempo, raccontava mia mamma che lì vicino è nata e cresciuta, quando la vòra si riempiva i bambini facevano festa. Appena finita la pioggia e il sole faceva ritorno portavano giù tavole, porte che si improvvisavano zattere per salirci sopra, le tavole venivano legate a una corda che gli adulti assicuravano a terra. Chi poteva credere che c'era un lago lì, sotto casa, fatto apposta per giocarci? Mamma diceva che si portava giù il taulieri, la tavola che serviva per impastare il pane, e nel mio immaginario u taulieri si caricava di significati, in quelle occasioni la tavola dove si faceva il pane diventava barca, un'arca per salvare le nuove generazioni da un diluvio passeggero. Ci sono ancora arche per salvare il pane di domani?
La vòra è piena e non piove più, forza, portiamo giù i taulieri, prendi le corde, sbrigati. Durerà pochi giorni quel lago, forse poche ore, che la vòra inghiotte tutto e non resterà niente di quel lago, tornerà la campagna di sempre con la terra limacciosa che asciugherà in pochi giorni, con le viti e gli alberi di ulivo che porteranno memoria anche di questa inondazione.
La vòra era un luogo selvaggio da temere, un mostro che poteva trascinare nell'abisso profondo della terra, una divinità tremenda eppure era anche fonte di gioia, di arrembaggi pirati alla conquista di mari lontani. La vòra salvava il paese dalle inondazioni delle piogge forti e continua a salvarlo ancora oggi che le pioggie si sono fatte più intense e imprevedibili.
Oggi la vòra è stata regimentata, quell'abisso è stato domato da muri perimetrali che lo rendono più sicuro. Quando piove tanto continua a riempirsi. La vòra continua a raccogliere le acque reflue dei paesi intorno a Melissano ma oggi i bambini non fanno più festa quando smette di piovere, perché l'acqua non è più solo acqua, l'acqua porta a galla altro e quando la vòra inghiotte l'acqua restano le carcasse dei mostri che l'acqua ha trascinato con sé. Non li vuole la vòra quei mostri. Non può inghiottirli. La vòra non li vuole i mostri che abbiamo dentro casa e che a fine vita avvelenano le campagne, dove vengono abbandonati...
Inutile maledire gli autori di questo scempio, si sono maledetti da soli. Non si può trattare madre terra in questo modo senza essersi già maledetti.
(la foto della vòra allagata di febbraio scorso è di Fausto Scarlino, le altre sono mie di pochi giorni fa)
"Concludiamone dunque che il mondo sarebbe assai migliore se ciascuno si accontentasse di quello che dice, senza aspettarsi che gli rispondano, e soprattutto senza chiederlo né desiderarlo." José Saramago
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Nella casa della mia infanzia, la tavola di legno (rotonda), dove si rovescia la polenta giunta a cottura veniva chiamata tuliero.
RispondiEliminaUn bel racconto sulla vòra! Un fenomeno che non conoscevo, molto affascinante.
Cara Nou, è bello sentire queste assonanze che cucivano l'Italia, oggi così strappata e lacera. Abbiamo bisogno di questi suoni comuni ma basteranno?
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