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giovedì 6 luglio 2017

La cattura del gatto [Note(8)]

A fronte dell’accrescimento delle nostre conoscenze, che diciamo avviate dal programma di Bacone, è evidente che non è diventato più facile nutrire l’uomo né dal punto di vista dei bisogni primari né per la fame di significati. L’uomo cosiddetto occidentale o più precisamente nord-occidentale soffre, più o meno consapevolmente, un “male oscuro” dovuto all’asimmetria tra l’idealità e la realtà di uno sviluppo storico che l’avrebbe affrancato dai suoi bisogni.
Un primo livello di malessere è interno alle società occidentali stesse. In un contesto in cui molti individui possono accedere alla soddisfazione delle proprie esigenze (di bisogni primari e di riconoscimento sociale), il divario con le cosiddette minoranze (ve ne sono molteplici), vero o percepito che sia, diventa ancora più insostenibile e acuto per queste ultime. Un secondo livello di malessere è esterno alle società occidentali. A livello planetario non è onestamente possibile riconoscere uno sviluppo degno di tale nome se le risorse restano nelle mani di una esigua minoranza e la maggioranza dell’umanità è sotto i limiti della sopravvivenza.
Negli anni ’70 nell’ambito del dibattito tra etica e ambiente si invocava una coscienza di specie, ovvero la consapevolezza di essere il risultato di un processo evolutivo comune al genere homo che se da un lato non consente di distinguere l’umanità in base alle aree geografiche e ai percorsi storici che si sono realizzati, dall’altro lato non consente di ignorare la continuità con gli altri organismi viventi. Ma restando solo al primo aspetto, inerente il principio di solidarietà esteso oltre i confini delle nazioni, occorre sottolineare che per imboccare consapevolmente la strada di una coscienza di specie è necessario ancora risolvere i bisogni dell’uomo, quelli alimentari e quelli sociali.
Senza soddisfare quei bisogni, dati per risolti ma ancora pressanti fuori e dentro la società occidentale, si correrà il rischio che grosse fasce dell’umanità vivano le varie crisi occidentali come un gioco tutto realizzato tra soggetti delle classi più agiate in cui le crisi, della scienza, dell’ambiente e quant'altro, nascono, crescono, muoiono e resuscitano a seconda delle più opportune esigenze dei tempi per compensare un tedium vitae salottiero da circolo intellettuale.
Il collasso in corso nel mondo occidentale sta nel credo che lo sviluppo, sensu crescita economica, è la base per la soluzione dei mali dell’uomo e nell'abbandono delle istanze di solidarietà che hanno operato dal secondo dopoguerra fino all'inizio degli anni '70, almeno all'interno del mondo occidentale. Oggi è diventato evidente che Mida non può fare niente per spegnere la fame di Tantalo ed è altrettanto evidente che bisogna operare una accorta distinzione tra una parte buona dello sviluppo, sensu togliere dal viluppo, relativa all’affrancamento dai bisogni e alle conquiste sul terreno dei diritti e una parte meschina dello sviluppo dai risultati devastanti, relativa alla bramosia dell’accumulo che non risponde alla domanda di bisogni ma a quella di dominio.

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