"Penso che un uomo senza utopia, senza sogno e senza ideali, vale a dire senza passioni e senza slanci, sarebbe un mostruoso animale fatto semplicemente di istinto e di raziocinio: una specie di cinghiale laureato in matematica pura." Fabrizio De André.
Questa lunga crisi economica poteva essere una buona occasione per avviare una seria discussione sul modello di sviluppo economico che le società affluenti si sono date dagli anni '50, o almeno su una visione dell'economia neoliberista che negli ultimi trent'anni è restata senza controparti dialettiche con cui confrontarsi, sui problemi ambientali di una crescita economica illimitata che non si interroga sulla qualità della propria stessa crescita. In barba alla legge fisica che a ogni azione segue una reazione uguale e contraria, la crisi provocata da un capitalismo finanziario che ha avuto briglia sciolta nell'alveo culturale neoliberista viene affrontata con lo strumentario della cultura liberista. Forse il neoliberismo degli anni '80, partorito dalla coppia Reagan-Thatcher e aiutato nelle sue aspirazioni finanziarie da qualche sciagurata riforma di Clinton, è stato il figlio degenere del liberismo e in quest'ultimo possiamo trovare diversa caratura morale ma ad ogni modo, in questo ritorno al padre, se così vogliamo dire, resta qualche perplessità, almeno sul piano storico, se non stia venendo meno quella "astuzia della Ragione" di cui parlava Hegel.
"Concludiamone dunque che il mondo sarebbe assai migliore se ciascuno si accontentasse di quello che dice, senza aspettarsi che gli rispondano, e soprattutto senza chiederlo né desiderarlo." José Saramago
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lunedì 30 gennaio 2012
domenica 29 gennaio 2012
Consumo etico
A Pomigliano la Fiat sposta alcuni operai dalla vecchia fabbrica, che chiuderà, a quella nuova che produrrà la Panda ma "ad oggi su circa mille lavoratori assunti dalla Fip, la società gruppo Fiat creata ad hoc per la produzione della Panda, nemmeno uno risulta iscritto alla Fiom Cgil". A dirlo è Franco Tavella, segretario generale della Cgil Campania. La notizia è di qualche giorno fa ma mi è tornata in mente ieri vedendo la pubblicità della nuova Panda, dove si lancia un appello alla creatività e all'impegno per un'Italia migliore!
La Fiat discrimina i lavoratori iscritti alla CGIL nonostante rappresentino la maggioranza dei lavoratori. A questo siamo arrivati. Le stesse cose avvenivano quando l'avventura sindacale era alle sue origini. Forse sarebbe utile far riflettere su questo sindacalisti lungimiranti come Angeletti e Bonanni.
Adesso si pone un problema etico in relazione al consumo responsabile, quello che si chiama consumerismo. Se un italiano dovesse acquistare un'auto nuova dovrebbe comprare una Fiat per aiutare la fabbrica a mantenere i suoi lavoratori o un'altra marca per punire le politiche del lavoro della Fiat?
Pensateci bene è un dilemma senza soluzione certa per ogni singolo individuo. Diverso sarebbe il discorso di una qualche associazione di automobilisti o di consumatori che ponesse le condizioni di promozione - o di scoraggiamento - per l'acquisto di una marca al rispetto di certi parametri sociali e ambientali.
Questo dovrebbe essere il ruolo delle cosiddette associazioni consumatori che invece di essere degli istituti di consulenza legale dovrebbero avere l'ambizione di farsi soggetti politici attivi (attori della polis - che di politicanti ne abbiamo già tanti). Queste associazioni dovrebbero agire sulla domanda per indirizzare l'offerta verso una produzione rispettosa dei diritti dei lavoratori e dell'ambiente.
Ma questo forse è chiedere troppo.
La Fiat discrimina i lavoratori iscritti alla CGIL nonostante rappresentino la maggioranza dei lavoratori. A questo siamo arrivati. Le stesse cose avvenivano quando l'avventura sindacale era alle sue origini. Forse sarebbe utile far riflettere su questo sindacalisti lungimiranti come Angeletti e Bonanni.
Adesso si pone un problema etico in relazione al consumo responsabile, quello che si chiama consumerismo. Se un italiano dovesse acquistare un'auto nuova dovrebbe comprare una Fiat per aiutare la fabbrica a mantenere i suoi lavoratori o un'altra marca per punire le politiche del lavoro della Fiat?
Pensateci bene è un dilemma senza soluzione certa per ogni singolo individuo. Diverso sarebbe il discorso di una qualche associazione di automobilisti o di consumatori che ponesse le condizioni di promozione - o di scoraggiamento - per l'acquisto di una marca al rispetto di certi parametri sociali e ambientali.
Questo dovrebbe essere il ruolo delle cosiddette associazioni consumatori che invece di essere degli istituti di consulenza legale dovrebbero avere l'ambizione di farsi soggetti politici attivi (attori della polis - che di politicanti ne abbiamo già tanti). Queste associazioni dovrebbero agire sulla domanda per indirizzare l'offerta verso una produzione rispettosa dei diritti dei lavoratori e dell'ambiente.
Ma questo forse è chiedere troppo.
venerdì 27 gennaio 2012
giovedì 26 gennaio 2012
Facili profezie!
E' prevista a breve la commercializzazione di automobili il cui abitacolo è attrezzato con particolari diffusori di suoni e odori e con sistemi di proiezione che faranno vivere l'esperienza di guidare a tutta birra una cabriolet al fianco di Thelma e Louise in un paesaggio montano con vedute panoramiche quando tutto intorno il traffico è congestionato. Naturalmente la guida sarà affidata a sensori che calcoleranno la distanza tra i veicoli e la loro velocità per evitare spiacevoli interruzioni dell'esperienza virtuale, il nostro avatar ne risentirebbe.
Così scrivevo qualche tempo fa in questo post del luglio 2009, dove immaginavo questa e altre progressive sorti.
In un frammento successivo, del marzo 2011, divagavo senza troppa sistematicità sulle possibilità incompiute.
So di poterlo fare! Nell'apertura di possibilità accessibili c'è la tensione del nostro agire ma sempre più spesso l'agire resta timido tentativo di accesso e la visita non avviene.
Ci dotiamo di oggetti per comunicare, muoverci, visitare mondi lontani. La tecnologia più avanzata è al servizio delle possibilità ma poi non sappiamo cosa dire, non sappiamo dove andare, diamo uno sguardo distratto a quei mondi possibili e restiamo soddisfatti della possibilità di poter agire.
Ma facciamo realmente qualcosa? O restiamo immobili, sulla soglia di quelle possibilità, contenti unicamente della possibilità di agire?
Quello che scrivevo, tra il serio e il faceto, voleva far pensare all'imbecillità che fa da sfondo alla nostra quotidianità. Ebbene, un po' di tempo fa qualcuno ha preso quel modello di imbecillità per farne un messaggio promozionale della solita auto disegnata per quegli strani animali urbani, esseri vagamente umani che in realtà sono protesi delle loro auto e di altri gadget commerciali. La vera soddisfazione è sapere che potresti farlo!
Questa pubblicità andava qualche tempo fa, adesso non la vedo più. Grazie a Ernesto perché me l'ha fatta ritornare alla memoria e a Sandro Perotti che ha scritto questo bel post di settembre scorso, dove ho potuto ritrovare il video.
Così scrivevo qualche tempo fa in questo post del luglio 2009, dove immaginavo questa e altre progressive sorti.
In un frammento successivo, del marzo 2011, divagavo senza troppa sistematicità sulle possibilità incompiute.
So di poterlo fare! Nell'apertura di possibilità accessibili c'è la tensione del nostro agire ma sempre più spesso l'agire resta timido tentativo di accesso e la visita non avviene.
Ci dotiamo di oggetti per comunicare, muoverci, visitare mondi lontani. La tecnologia più avanzata è al servizio delle possibilità ma poi non sappiamo cosa dire, non sappiamo dove andare, diamo uno sguardo distratto a quei mondi possibili e restiamo soddisfatti della possibilità di poter agire.
Ma facciamo realmente qualcosa? O restiamo immobili, sulla soglia di quelle possibilità, contenti unicamente della possibilità di agire?
Quello che scrivevo, tra il serio e il faceto, voleva far pensare all'imbecillità che fa da sfondo alla nostra quotidianità. Ebbene, un po' di tempo fa qualcuno ha preso quel modello di imbecillità per farne un messaggio promozionale della solita auto disegnata per quegli strani animali urbani, esseri vagamente umani che in realtà sono protesi delle loro auto e di altri gadget commerciali. La vera soddisfazione è sapere che potresti farlo!
Questa pubblicità andava qualche tempo fa, adesso non la vedo più. Grazie a Ernesto perché me l'ha fatta ritornare alla memoria e a Sandro Perotti che ha scritto questo bel post di settembre scorso, dove ho potuto ritrovare il video.
martedì 24 gennaio 2012
Il pesce nella bolla
Ho sempre trovato crudele mettere un pesce in una bolla d'acqua. Lo trovo triste e sicuramente a nessuno piacerebbe stare in una bolla d'acqua e girare, girare in continuazione.
Chissà cosa prova un pesce in una bolla d'acqua? Magari penserà che il mare è tutto lì, che tutto quanto c'è da vedere è a portata di mano, o di pinna! Probabilmente il pesce pensa che la sua bolla sia il mondo intero e tutto sommato vive felice perché lo può visitare come desidera. Strano? No, non è così strano. Anche per molti esseri umani è così. Vivono in una bolla, si guardano intorno e pensano che il mondo sia tutto lì.
Oggi ho ripensato a questo quando ho sentito le dichiarazioni del sottosegretario al lavoro Michel Martone a proposito dell'età media dei laureati in Italia. Leggo nell'articolo di Repubblica: "Dobbiamo dire ai nostri giovani - dice il vice della Fornero - che se a 28 anni non sei ancora laureato sei uno sfigato, se decidi di fare un istituto tecnico professionale sei bravo. Essere secchione è bello, almeno hai fatto qualcosa."
Inutile dire che la dichiarazione ha sollevato molte polemiche. Il sottosegretario avrebbe chiarito il senso del suo pensiero dicendo che ha peccato di sobrietà pur avendo toccato un problema reale. Il problema è sicuramente reale, basta una banalissima tabella di raffronto dell'età media di laureati tra paesi europei per accorgersi delle differenze, ma quello che è mancato a Martone non è la sobrietà quanto la profondità di analisi di fenomeni sociali complessi. No, non è una questione di sobrietà quanto piuttosto di superficialità o di sindrome del pesce nella bolla, per usare la metafora che ho introdotto.
Quel che è peggio è che la scarsità di mezzi analitici è spesso compensata con osservazioni da bar dello sport, pensando magari di aver centrato il punto. "Little knowledge is a dangerous thing", diceva Alexander Pope. Sapevamo che questo è un governo di tecnici e probabilmente un tecnico è tale perché ha una buona conoscenza del proprio ambito specifico ma non sarebbe certo pretendere troppo se si chiedesse al tecnico di allargare i propri orizzonti culturali, magari considerando quelle discipline che dedicano la loro attenzione alle dinamiche sociali, ne avrebbe sicuramente giovamento. Farlo aiuterebbe, se non a trovare risposte, a formulare domande, che solitamente sono più interessanti delle risposte. Domande del tipo, perché ci si laurea tardi in Italia? Non sarà che sta cadendo la fiducia nell'istruzione superiore per trovare un lavoro degno di questo nome? Non sarà che lo status di studente rinvia quello di lavoratore? Quello sì uno status da sfigato in Italia! Quali sono le ragioni sociali e politiche dell'innalzamento dell'età media di laureati in Italia? Quali le dinamiche temporali e le eventuali responsabilità? Responsabilità del sistema universitario, delle famiglie, della politica, del mondo del lavoro.
Torna in mente una celebre citazione di Claude Lévi-Strauss: «Lo scienziato non è una persona che dà le risposte giuste, è una persona che pone le domande giuste.» Ecco, mi sarei aspettato da un membro di questo come di qualsiasi altro governo che sentisse l'urgenza di porsi delle domande più che sottostare alla foga di dare risposte da bettola. Già in precedenza, in questo post, ho avuto modo di porre delle domande al prof. Martone, tra gli altri, chissà se avrà mai avuto modo di leggerle? Può darsi, dopotutto, oltre ad essere sottosegretario e docente universitario, è anche un blogger.
Tanto per sgombrare il campo da banali accuse di "autodifesa". Visto che il sottosegretario "apprezza" chi decide di fare un istituto tecnico professionale, ebbene, ho frequentato un istituto tecnico professionale, grazie al lavoro di mio padre ho avuto la fortuna di non dover lavorare per laurearmi e l'ho fatto che avevo 24 anni, cum laude, come si dice nell'ambiente accademico, ma non mi ha mai, dico mai, sfiorato il pensiero che il valore di una persona potesse essere deciso dal tempo che ci mette a laurearsi o dalla media di voti agli esami o dal titolo di studio. Per mia fortuna sono fermamente convinto che una persona sia la propria storia, dettata da mille contingenze, e non un banalissimo libretto universitario. Ho visto delle persone straordinarie laurearsi tardi e con medie risicate e ho visto dei perfetti idioti laurearsi a pieni voti, qualcuno ha fatto persino carriera universitaria.
Chissà cosa prova un pesce in una bolla d'acqua? Magari penserà che il mare è tutto lì, che tutto quanto c'è da vedere è a portata di mano, o di pinna! Probabilmente il pesce pensa che la sua bolla sia il mondo intero e tutto sommato vive felice perché lo può visitare come desidera. Strano? No, non è così strano. Anche per molti esseri umani è così. Vivono in una bolla, si guardano intorno e pensano che il mondo sia tutto lì.
Oggi ho ripensato a questo quando ho sentito le dichiarazioni del sottosegretario al lavoro Michel Martone a proposito dell'età media dei laureati in Italia. Leggo nell'articolo di Repubblica: "Dobbiamo dire ai nostri giovani - dice il vice della Fornero - che se a 28 anni non sei ancora laureato sei uno sfigato, se decidi di fare un istituto tecnico professionale sei bravo. Essere secchione è bello, almeno hai fatto qualcosa."
Inutile dire che la dichiarazione ha sollevato molte polemiche. Il sottosegretario avrebbe chiarito il senso del suo pensiero dicendo che ha peccato di sobrietà pur avendo toccato un problema reale. Il problema è sicuramente reale, basta una banalissima tabella di raffronto dell'età media di laureati tra paesi europei per accorgersi delle differenze, ma quello che è mancato a Martone non è la sobrietà quanto la profondità di analisi di fenomeni sociali complessi. No, non è una questione di sobrietà quanto piuttosto di superficialità o di sindrome del pesce nella bolla, per usare la metafora che ho introdotto.
Quel che è peggio è che la scarsità di mezzi analitici è spesso compensata con osservazioni da bar dello sport, pensando magari di aver centrato il punto. "Little knowledge is a dangerous thing", diceva Alexander Pope. Sapevamo che questo è un governo di tecnici e probabilmente un tecnico è tale perché ha una buona conoscenza del proprio ambito specifico ma non sarebbe certo pretendere troppo se si chiedesse al tecnico di allargare i propri orizzonti culturali, magari considerando quelle discipline che dedicano la loro attenzione alle dinamiche sociali, ne avrebbe sicuramente giovamento. Farlo aiuterebbe, se non a trovare risposte, a formulare domande, che solitamente sono più interessanti delle risposte. Domande del tipo, perché ci si laurea tardi in Italia? Non sarà che sta cadendo la fiducia nell'istruzione superiore per trovare un lavoro degno di questo nome? Non sarà che lo status di studente rinvia quello di lavoratore? Quello sì uno status da sfigato in Italia! Quali sono le ragioni sociali e politiche dell'innalzamento dell'età media di laureati in Italia? Quali le dinamiche temporali e le eventuali responsabilità? Responsabilità del sistema universitario, delle famiglie, della politica, del mondo del lavoro.
Torna in mente una celebre citazione di Claude Lévi-Strauss: «Lo scienziato non è una persona che dà le risposte giuste, è una persona che pone le domande giuste.» Ecco, mi sarei aspettato da un membro di questo come di qualsiasi altro governo che sentisse l'urgenza di porsi delle domande più che sottostare alla foga di dare risposte da bettola. Già in precedenza, in questo post, ho avuto modo di porre delle domande al prof. Martone, tra gli altri, chissà se avrà mai avuto modo di leggerle? Può darsi, dopotutto, oltre ad essere sottosegretario e docente universitario, è anche un blogger.
Tanto per sgombrare il campo da banali accuse di "autodifesa". Visto che il sottosegretario "apprezza" chi decide di fare un istituto tecnico professionale, ebbene, ho frequentato un istituto tecnico professionale, grazie al lavoro di mio padre ho avuto la fortuna di non dover lavorare per laurearmi e l'ho fatto che avevo 24 anni, cum laude, come si dice nell'ambiente accademico, ma non mi ha mai, dico mai, sfiorato il pensiero che il valore di una persona potesse essere deciso dal tempo che ci mette a laurearsi o dalla media di voti agli esami o dal titolo di studio. Per mia fortuna sono fermamente convinto che una persona sia la propria storia, dettata da mille contingenze, e non un banalissimo libretto universitario. Ho visto delle persone straordinarie laurearsi tardi e con medie risicate e ho visto dei perfetti idioti laurearsi a pieni voti, qualcuno ha fatto persino carriera universitaria.
sabato 21 gennaio 2012
Il fine umorista
"C'è stato un attacco eccessivo diretto contro il nostro governo e al presidente del consiglio a cui si addebitavano le responsabilità dello spread e dell'andamento delle borse. Per questo abbiamo deciso di farci da parte e lo abbiamo fatto con eleganza"..."La cura del governo tecnico non ha dato alcun frutto; ci aspettiamo di essere richiamati al governo perché noi siamo stati democraticamente eletti."
Silvio Berlusconi, 20 gennaio 2012 all'uscita dal tribunale di Milano dove è indagato per aver corrotto Mills, già condannato in appello per essere stato corrotto da Berlusconi.
Ho sempre trovato penose le barzellette di quest'uomo e spiace dire che la peggiore iattura per un comico è non far ridere altri che i suoi domestici, per convenienza. Però devo ammettere che quella che ha raccontato ieri mostra un raffinatissimo umorismo.
Silvio Berlusconi, 20 gennaio 2012 all'uscita dal tribunale di Milano dove è indagato per aver corrotto Mills, già condannato in appello per essere stato corrotto da Berlusconi.
Ho sempre trovato penose le barzellette di quest'uomo e spiace dire che la peggiore iattura per un comico è non far ridere altri che i suoi domestici, per convenienza. Però devo ammettere che quella che ha raccontato ieri mostra un raffinatissimo umorismo.
giovedì 19 gennaio 2012
Momenti magici
Che bel paese, di tanto in tanto ci fa dono di un eroe, ma ancora più importante ci regala qualcuno che attiri gli strali di un popolo provato dalla crisi economica e dalle contratture dell'inverno. Sono momenti importanti per tirarsi un po' su che la normalità altrimenti fiaccherebbe un paese nella morsa del gelo. Poi, vuoi mettere? Un presentatore elegante che invita un eroe in tv ti regala un momento magico, un modello al quale somigliare, mentre quell'altro, il vile, quello no, non è possibile somigliare a quello, è escluso. Quello non si invita nei salotti buoni, con le poltrone in pelle, i braccioli comodi e tanti ospiti importanti. Quello lì sta bene dove sta perché non è nemmeno riuscito a mettere il record del saluto sotto costa. E non si dimentichi di intervistare la superstite, meglio se di bella presenza, che la televisione ha le sue esigenze, fa niente se ogni giorno racconta una versione diversa, si sa, il dramma del momento non aiuta la memoria.
L'altra notte ho fatto un sogno. Ho sognato una conversazione telefonica piuttosto concitata tra Gino Strada ed un pezzo grosso del ministero della difesa. Ad un certo punto Strada ha perso la pazienza e ha urlato "Smettetela di sperperare soldi in giocattoli di guerra, cazzo". Che tipo strano quel Gino Strada, dovrebbe imparare a controllarsi di più!
L'altra notte ho fatto un sogno. Ho sognato una conversazione telefonica piuttosto concitata tra Gino Strada ed un pezzo grosso del ministero della difesa. Ad un certo punto Strada ha perso la pazienza e ha urlato "Smettetela di sperperare soldi in giocattoli di guerra, cazzo". Che tipo strano quel Gino Strada, dovrebbe imparare a controllarsi di più!
domenica 15 gennaio 2012
Polemiche e invettive
Frammenti, sfoghi. Scritti a partire dal 2009, roba tratta da cahiers de doléances di cui non so che farmene.
Non saprei come introdurre questi frammenti, diciamo che l'opera di Cattelan lo fa benissimo.
Non saprei come introdurre questi frammenti, diciamo che l'opera di Cattelan lo fa benissimo.
***
giovedì 12 gennaio 2012
I tecnici e la tecnica
Ieri sera leggevo un articolo molto interessante di Pietro Modiano pubblicato sul numero 06/2011 di Limes interamente dedicato alla crisi dell'euro e dell'Europa. Oggi, volendo cercare informazioni sull'autore, sono stato molto contento di trovare l'intero articolo on line a questo indirizzo del sito Linkiesta, così mi sarà più facile proporre qualche frammento, anche se consiglio la lettura dell'intero articolo di Modiano. Nell'articolo, che su Limes si intitola "Ma il problema è L'Italia o il suo debito pubblico?", viene fornita una panoramica delle tendenze della nostra finanza pubblica alla luce della recente crisi del debito sovrano. Modiano prende in esame recenti pubblicazioni del Fondo Monetario Internazionale (settembre 2011) e della Banca d'Italia (novembre 2011) che riprende a sua volta dati elaborati dalla Commissione Europea. I dati riportati nei documenti citati fanno emergere che le prospettive di riduzione del nostro debito pubblico, su un orizzonte temporale 2010-2030, sono migliori rispetto a quelle della Francia e, per certi aspetti, anche a quelle della Germania. Questa conclusione può sembrare sorprendente alla luce delle notizie che siamo soliti leggere ed ascoltare da un po' di tempo ma questo è quello che dicono i dati tecnici.
Di seguito estrapolerò solo alcuni passaggi dell'articolo di Modiano che ritengo significativi per via delle domande che mi hanno suscitato.
Di seguito estrapolerò solo alcuni passaggi dell'articolo di Modiano che ritengo significativi per via delle domande che mi hanno suscitato.
sabato 7 gennaio 2012
C'era solo una stonatura
"In questo mondo in cui ogni oggetto, al minimo accenno di guasto o invecchiamento, alla prima ammaccatura o macchiolina, veniva immediatamente buttato via e sostituito con un altro nuovo e impeccabile, c'era solo una stonatura, solo un'ombra: la Luna. Vagava per il cielo, spoglia tarlata e grigia, sempre più estranea al mondo di quaggiù, residuo d'un modo d'essere ormai incongruo.
Antiche espressioni come lunapiena mezzaluna ultimo quarto continuavano a essere usate ma erano soltanto modi di dire: come la si poteva chiamare «piena» quella forma tutta crepe e brecce che pareva sempre sul punto di franare in una pioggia di calcinacci sulle nostre teste? E non parliamo di quando era tempo di luna calante! Si riduceva a una specie di crosta di formaggio mordicchiata, e spariva sempre prima del previsto. A lunanuova, ci domandavamo ogni volta se non sarebbe più tornata a mostrarsi (speravamo che sparisse così?) e quando rispuntava, sempre più somigliante a un pettine che sta perdendo i denti, distoglievamo gli occhi con un brivido.
Era una vista deprimente. Andavamo nella folla che con le braccia ingombre di pacchetti entrava e usciva dai grandi magazzini aperti giorno e notte, percorrevamo con lo sguardo le scritte luminose che rampando sui grattacieli avvertivano momento per momento dei nuovi prodotti lanciati sul mercato, ed ecco la vedevamo venire avanti, pallida in mezzo a quelle luci abbaglianti, lenta, malata, e non potevamo scacciare il pensiero che ogni cosa nuova, ogni prodotto appena comprato poteva guastarsi sbiadire andare a male, e ci veniva meno l'entusiasmo a correre in giro per far compere e a sgobbare sul lavoro, e ciò non era senza conseguenze sul buon andamento dell'industria e del commercio.
Così ci si cominciò a porre il problema di cosa farne, di questo satellite controproducente: non serviva più a nulla; era un rottame da cui non si poteva recuperare più niente."
Italo Calvino, Da Le figlie della Luna, in Altre storie cosmicomiche.
Come diceva lui dei classici "un classico è un libro che non ha mai finito di dire quello che ha da dire". Le cosmicomiche di Calvino vanno lette almeno una volta all'anno. In quei brevi racconti c'è la più disincantata e disillusa critica della società consumistica ma anche della scienza, della storia e della cultura umana. Monumenti passeggeri eretti da naufraghi cosmici. Le leopardiane cosmicomiche sono decisamente un classico, come tutta l'opera di Calvino dove la più intricata complessità è avvolta nella più impalpabile leggerezza.
"La gru era stata fatta progettare e costruire dalle autorità, decise a nettare il cielo da quell'ingombro antiestetico. Era un buldozer dal quale si alzava una specie di pinza da granchio; venne avanti sui suoi cingoli, basso e tarchiato, proprio come un granchio; e quando si trovo nel punto predisposto per l'operazione sembrò diventare ancor più piatto, per aderire al terreno con tutta la sua superficie. L'argano girò rapido; innalzò il braccio nel cielo; mai s'era pensato che si potesse costruire una gru dal braccio così lungo. La benna s'aperse, dentata; ora, più che a una pinza di granchio, somigliava alla bocca d'uno squalo. La Luna era proprio lì; ondeggiò come se volesse scappare, ma quella gru sembrava calamitata: si vide la Luna come aspirata finirle proprio in bocca. Le mandibole si richiusero con un secco: crac! Per un momento ci sembrò che fosse andata in briciole come una meringa, invece restò tra le valve della benna, mezza dentro mezza fuori. Era diventata di forma oblunga, una specie di grosso sigaro tenuto tra i denti. Venne giù una pioggia color cenere.
La gru ora si sforzava d'estirpare la Luna dalla sua orbita e di trascinarla giù. [...]
L'alba trovò il cimitero delle automobili con un rottame in più: quella Luna naufragata là in mezzo quasi non si distingueva dagli altri oggetti buttati via; aveva lo stesso colore, la stessa aria condannata, lo stesso aspetto di cosa che non si riesce a immaginare come potesse essere da nuova. Intorno, per il cratere dei detriti terrestri, echeggiò un mormorio: la luce dell'alba rivelava un brulicare di vita che s'andava risvegliando. Tra le carcasse sventrate dei camion, tra le ruote stravolte, le lamiere accartocciate, avanzavano degli esseri barbuti.
In mezzo alle cose buttate via dalla città viveva una popolazione di persone buttate via anch'esse, messe al margine, oppure persone che s'erano buttate via di loro volontà, o che s'erano stancate di correre per la città per vendere e comprare cose nuove destinate subito a invecchiare: persone che avevano deciso che solo le cose buttate via erano la vera ricchezza del mondo. Attorno alla Luna, lungo tutta la distesa dell'anfiteatro stavano ritte o sedute queste figure allampanate, dai visi incorniciati da barbe o dai capelli incolti."
Italo Calvino, Da Le figlie della Luna, in Altre storie cosmicomiche.
Una volta gli chiesero cosa sarebbe rimasto delle nostre città e della nostra storia, lui ci pensò un attimo e rispose secco, i topi.
Antiche espressioni come lunapiena mezzaluna ultimo quarto continuavano a essere usate ma erano soltanto modi di dire: come la si poteva chiamare «piena» quella forma tutta crepe e brecce che pareva sempre sul punto di franare in una pioggia di calcinacci sulle nostre teste? E non parliamo di quando era tempo di luna calante! Si riduceva a una specie di crosta di formaggio mordicchiata, e spariva sempre prima del previsto. A lunanuova, ci domandavamo ogni volta se non sarebbe più tornata a mostrarsi (speravamo che sparisse così?) e quando rispuntava, sempre più somigliante a un pettine che sta perdendo i denti, distoglievamo gli occhi con un brivido.
Era una vista deprimente. Andavamo nella folla che con le braccia ingombre di pacchetti entrava e usciva dai grandi magazzini aperti giorno e notte, percorrevamo con lo sguardo le scritte luminose che rampando sui grattacieli avvertivano momento per momento dei nuovi prodotti lanciati sul mercato, ed ecco la vedevamo venire avanti, pallida in mezzo a quelle luci abbaglianti, lenta, malata, e non potevamo scacciare il pensiero che ogni cosa nuova, ogni prodotto appena comprato poteva guastarsi sbiadire andare a male, e ci veniva meno l'entusiasmo a correre in giro per far compere e a sgobbare sul lavoro, e ciò non era senza conseguenze sul buon andamento dell'industria e del commercio.
Così ci si cominciò a porre il problema di cosa farne, di questo satellite controproducente: non serviva più a nulla; era un rottame da cui non si poteva recuperare più niente."
Italo Calvino, Da Le figlie della Luna, in Altre storie cosmicomiche.
Come diceva lui dei classici "un classico è un libro che non ha mai finito di dire quello che ha da dire". Le cosmicomiche di Calvino vanno lette almeno una volta all'anno. In quei brevi racconti c'è la più disincantata e disillusa critica della società consumistica ma anche della scienza, della storia e della cultura umana. Monumenti passeggeri eretti da naufraghi cosmici. Le leopardiane cosmicomiche sono decisamente un classico, come tutta l'opera di Calvino dove la più intricata complessità è avvolta nella più impalpabile leggerezza.
"La gru era stata fatta progettare e costruire dalle autorità, decise a nettare il cielo da quell'ingombro antiestetico. Era un buldozer dal quale si alzava una specie di pinza da granchio; venne avanti sui suoi cingoli, basso e tarchiato, proprio come un granchio; e quando si trovo nel punto predisposto per l'operazione sembrò diventare ancor più piatto, per aderire al terreno con tutta la sua superficie. L'argano girò rapido; innalzò il braccio nel cielo; mai s'era pensato che si potesse costruire una gru dal braccio così lungo. La benna s'aperse, dentata; ora, più che a una pinza di granchio, somigliava alla bocca d'uno squalo. La Luna era proprio lì; ondeggiò come se volesse scappare, ma quella gru sembrava calamitata: si vide la Luna come aspirata finirle proprio in bocca. Le mandibole si richiusero con un secco: crac! Per un momento ci sembrò che fosse andata in briciole come una meringa, invece restò tra le valve della benna, mezza dentro mezza fuori. Era diventata di forma oblunga, una specie di grosso sigaro tenuto tra i denti. Venne giù una pioggia color cenere.
La gru ora si sforzava d'estirpare la Luna dalla sua orbita e di trascinarla giù. [...]
L'alba trovò il cimitero delle automobili con un rottame in più: quella Luna naufragata là in mezzo quasi non si distingueva dagli altri oggetti buttati via; aveva lo stesso colore, la stessa aria condannata, lo stesso aspetto di cosa che non si riesce a immaginare come potesse essere da nuova. Intorno, per il cratere dei detriti terrestri, echeggiò un mormorio: la luce dell'alba rivelava un brulicare di vita che s'andava risvegliando. Tra le carcasse sventrate dei camion, tra le ruote stravolte, le lamiere accartocciate, avanzavano degli esseri barbuti.
In mezzo alle cose buttate via dalla città viveva una popolazione di persone buttate via anch'esse, messe al margine, oppure persone che s'erano buttate via di loro volontà, o che s'erano stancate di correre per la città per vendere e comprare cose nuove destinate subito a invecchiare: persone che avevano deciso che solo le cose buttate via erano la vera ricchezza del mondo. Attorno alla Luna, lungo tutta la distesa dell'anfiteatro stavano ritte o sedute queste figure allampanate, dai visi incorniciati da barbe o dai capelli incolti."
Italo Calvino, Da Le figlie della Luna, in Altre storie cosmicomiche.
Una volta gli chiesero cosa sarebbe rimasto delle nostre città e della nostra storia, lui ci pensò un attimo e rispose secco, i topi.
lunedì 2 gennaio 2012
Antropologia dei botti
Sorprende spesso vedere con quale sprezzo del pericolo si affrontino situazioni che da un punto di vista freddamente razionale sarebbe meglio evitare, semplicemente perché il probabile danno è più alto del possibile beneficio. Ma l’uomo, si sa, non è animale esclusivamente razionale (per fortuna) e allora spesso ci si chiede: perché si affrontano tali situazioni? Cosa spinge ad imprese che possono costare la vita?
La spiegazione che trovo più fondamentale e soddisfacente è quella che più di ogni altra denota la differenza tra l’uomo e gli altri esseri viventi. Per quanto ci è dato sapere l’uomo è l’unico animale che sa di dover morire e molte delle sue imprese, così apparentemente irrazionali, così preziosamente inutili, non sono altro che una sfida alla morte. Ciò che sta al fondo di molte imprese umane, per quanto diverse esse siano, è proprio questa matrice comune.
La sfida alla morte caratterizza l’alpinista estremo e caratterizza anche chi spara i botti di capodanno, quei botti così pericolosi da essere più simili a bombe che a fuochi d’artificio. Ma, sebbene il nocciolo sia comune, c’è tuttavia una differenza sostanziale tra le due figure. Mentre l’alpinista estremo sfida la propria morte quello che spara botti sfida la morte altrui. In un caso siamo di fronte ad un eroe, nell’altro caso siamo di fronte ad un coglione, anche un po' delinquente.
La spiegazione che trovo più fondamentale e soddisfacente è quella che più di ogni altra denota la differenza tra l’uomo e gli altri esseri viventi. Per quanto ci è dato sapere l’uomo è l’unico animale che sa di dover morire e molte delle sue imprese, così apparentemente irrazionali, così preziosamente inutili, non sono altro che una sfida alla morte. Ciò che sta al fondo di molte imprese umane, per quanto diverse esse siano, è proprio questa matrice comune.
La sfida alla morte caratterizza l’alpinista estremo e caratterizza anche chi spara i botti di capodanno, quei botti così pericolosi da essere più simili a bombe che a fuochi d’artificio. Ma, sebbene il nocciolo sia comune, c’è tuttavia una differenza sostanziale tra le due figure. Mentre l’alpinista estremo sfida la propria morte quello che spara botti sfida la morte altrui. In un caso siamo di fronte ad un eroe, nell’altro caso siamo di fronte ad un coglione, anche un po' delinquente.