Nella rete si trova di tutto, niente di più ovvio. Qualche giorno fa ho letto persino di un tizio che scippa i post altrui, li copia e li porta nel suo blog senza citare la fonte. Chi ne è rimasto vittima ha scritto un post comprensibilmente piccato, anche se ironico, per denunciare il fatto e chiedeva ai suoi lettori come avrebbero reagito se fosse capitato loro una cosa simile.
Al di là del "furto" di post, cosa quanto meno poco elegante, la faccenda mi fa sorgere la domanda "a chi appartiene la parola scritta?" E' ovvio che qui non parlo di diritti d'autore e menate simili, non so nulla di quelle faccende e poco mi interessa saperne. Non parlo nemmeno di licenza di plagio, cosa per cui in alcuni paesi seri persino un ministro della difesa è costretto a dimettersi (astenersi dai paragoni con il nostro paese!).
Da parte mia ho sempre pensato che rivendicare la proprietà di qualcosa messo in rete è grosso modo come rivendicare la polvere sollevata dalle nostre scarpe, per la verità estendo un po' troppo questo principio ma questo è un altro discorso..."il senso del possesso che fu prealessandrino", cantava Battiato.
E' noto che il testo, una volta scritto, entra in relazione con il lettore attraverso un complicato gioco di interpretazioni ed un intreccio emotivo che è tipico del rapporto testo-lettore e in quel rapporto così intimo l'autore non c'è già più. Come diceva Borges, "leggere, del resto, è un'attività successiva a quella di scrivere: più rassegnata, più civile, più intellettuale." (Prologo alla prima edizione della Storia universale dell'infamia, 1935). Ma allora fino a quando un autore può dire suo un testo? Sono molti gli autori che alla domanda "qual è il tuo miglior libro?" hanno risposto "quello che non ho ancora scritto" - naturalmente non ne ricordo neanche uno -, basterebbe questo per delimitare il confine tra lo spazio testo-autore e lo spazio testo-lettore. Sono convinto che in definitiva per un autore - che crei parole o altro poco importa - conti sempre quello che farà non quello che ha già fatto. L'autore, qualunque cosa crei, possiede la sua opera solo nel futuro, quando ancora non c'è. Nessuno potrà mai plagiare quell'opera.
Non sarà forse che l'unico tempo che ci appartiene per davvero è quello che verrà?
E tu saresti quello che non ha memoria?
RispondiEliminaCara Stella, non è che io non ce l'abbia per niente, diciamo che è un tantino bizzarra, o forse, come ho scritto altrove, è la memoria ad avere me!
RispondiEliminaUn po' come nella pittura: appena finita un'opera, il pittore intelligente dice sempre che quella tela appartiene ad altri. Ideologicamente parlando, però! Un altro aspetto della questione è il vile denaro che gli permetterebbe di vivere, se parliamo di un pittore ancora agli inizi.
RispondiEliminaTutto ciò è molto bello, e sono anche in accordo con l'ideologia della tua tesi, ma un ladro è pur sempre un ladro, anche se ruba parole scritte. Si potrebbe ovviare col non scrivere più niente, tutti insieme, per un dato tempo, oppure scrivere tutti lo stesso tema per un altro dato tempo. Cosa farebbe allora il ladro, poiché per me resta tale!
A meno che non metta un link, come regola d'onore, che lo riporti all'autore originale.
Ciao.
Scrivi talmente bene che a questo mi fermo, senza più entrare nel merito.
RispondiElimina"L'autore, qualunque cosa crei, possiede la sua opera solo nel futuro, quando ancora non c'è".
RispondiEliminaE quando sarà morto?
p.s. Grazie per la citazione.
Caro Antonio,
RispondiEliminaqualche mese fa mi è successo un fatto increscioso, ho inviato ad una persona una cosa che avevo scritto tempo fa e questa persona (che mi conosceva poco a dire la verità) mi ha chiesto spiegazioni sul perché avesse trovato lo stesso identico scritto in rete pubblicato da due diversi (o uguali, solo con nick diversi) individui.
Ora, che qualcuno possa copiare ciò che scrivo, in tutto o in parte, non me ne frega niente, forse vagamente posso pensare che se mi copia ritiene interessante ciò che sta copiando, se lo spaccia per suo, vuol dire che vorrebbe averlo scritto lui.
Intendiamoci, non faccio i salti dalla gioia, la considero pur sempre un’operazione torbida e alquanto meschina, ma non strepiterei (e non ho strepitato) più di tanto, forse memore anch’io della risposta di Andreotti citata da Alberto Cane (che tu linki), forse perché uno scritto una volta pubblicato in rete non ti appartiene più, ma appartiene a chi lo legge, forse perché se pubblichi senza Copyright in fondo non ti interessa il destino di ciò che pubblichi, perché ciò che scrivi ti serve solo come base per un dialogo, in fondo ciò che ritengo davvero prezioso non è ciò che scrivo io, quello lo so già, ma ciò che mi scrivono gli altri di rimando, questo mi arricchisce.
La cosa che mi ha dato molto fastidio nel caso specifico è stata passare quasi (l’accusa non è mai stata formulata, ma aleggiava nell’aria) per plagiario io; ad onta che poi chi mi aveva copiato si dimostrava non all’altezza di ciò che aveva copiato (le repliche ai commenti erano puerili, non era difficile capire che chi scriveva quei commenti in quel modo non poteva nella maniera più assoluta aver scritto quel testo ... a meno che non si trattasse di un caso di personalità doppia).
Ciao
River è chiaro che non parlo di faccende che pertengono il diritto di proprietà, ho spostato il discorso in un ambito ideale, forse metafisico, dove in ogni caso valgono le regole della buona educazione e dell’onore come giustamente dici.
RispondiEliminaAdriano, ti prego, se il fatto che io scriva bene (parole tue ma permettimi di nutrire dei dubbi) non ti fa lasciare commenti allora preferirei scrivere peggio! ;-)
Alberto, alla morte dell’autore le storie torneranno da dove sono venute, cercherò di chiarire nel prossimo post. Non devi ringraziarmi, la citazione è doverosa tra persone civili, anche se tutto sommato questo nostro scambio lo dobbiamo ad un atto di inciviltà.
Garbo, il tuo episodio mi ha fatto ammazzare di risate. Ho immaginato questo poveretto che ti ruba il post e poi non sa gestire i commenti! Fossi in te io pubblicherei lo scambio di commenti che ne è venuto fuori. Sono assolutamente d’accordo con te, quello che io scrivo lo conosco già, “ciò che mi scrivono gli altri di rimando, questo mi arricchisce.”
Per capire come potrei reagire io se mi copiassero un post vi racconto un fatto curioso. Tempo fa, appena pubblicato questo post controllai i siti che avano visitato il blog e scoprì che il mio post era stato pubblicato in questo sito, non mi accorsi dei link e che in basso c'era la fonte o forse non erano stati ancora messi, del resto erano passati pochi minuti dalla pubblicazione del post. Ebbene, sono andato su tutte le furie come potete vedere dai commenti che ho lasciato lì. ;-)
Una vera epidemia, a quanto pare.
RispondiEliminaPer quel paio di volte che mi è capitato, ho semplicemente lasciato un commento gentile con backlink, a monito di successive "involontarie sviste"! Sembra funzionare. ;)
condivido il tuo pensiero.
RispondiEliminaanzi, ho sempre considerato la mi facilità di scrittura un dono da condividere.
in fondo anche nello Zen si impara il distacco dalle cose... acnhe dalla propria creatività.
in fondo, come dici, quando ci continua a nascere dentro qualcosa di bello e di buono, e non smette, non bisogna fare altro che assecondare il percorso e gli eventi. e forse qualcosa di noi appartiiene veramente a tutti.