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giovedì 2 dicembre 2010

Dagli atenei

Giorgio de Chirico, Minerva, 1961
Ho scritto tante lettere, alcune le ho pubblicate in questo blog, molte le ho perse, ma non ho mai pensato di scrivere al Presidente del Consiglio, a quello attualmente in carica, e di cose da dirgli ne avrei tante. Forse non l'ho mai ritenuto meritevole del mio tempo, forse semplicemente non sarei in grado di scrivergli nulla. Oggi sono davvero contento di riprendere da questo blog la bellissima lettera che Elisa Albanesi ha inviato a Silvio Berlusconi, lettera che condivido, parola per parola.
Da parte mia sottolineo solo qualche aspetto che mi sembra rilevante: il Thompson citato nella lettera di Elisa è lo storico che ha inscritto il paradigma marxista della coscienza e della lotta di classe nel contesto morale, tale contesto è fatto di ispirazioni, ideali, sistemi valoriali di natura normativa prima ancora che economica; per Thompson la classe, e soprattutto la coscienza di classe, non è un'entità strutturale bensì relazionale e sociale. Questo pensiero influenzerà la filosofia di Axel Honneth per il quale la lotta di classe è lotta per il riconoscimento sociale. Honneth arriverà a dire che il pensiero marxista ha sempre sofferto di una antropologia più o meno utilitarista e che per questo motivo ha spesso fallito ad interpretare le ragioni profonde dei movimenti di classe. Sebbene sia lo storico Thompson che il filosofo Honneth prendano le mosse dalla tradizione marxista è evidente che entrambi vanno molto al di là di quella tradizione, ancorata agli aspetti materiali ed economici delle rivendicazioni sociali. E' facendo queste considerazioni che sono assolutamente convinto, cara Elisa, che il tuo interlocutore, per quanto riguarda le ragioni dei movimenti sociali, sarebbe paradossalmente più incline a capire la tradizionale vulgata marxista, basata sul primato economico piuttosto che sul primato morale che tu gli presenti. Concordo con te Elisa, certamente non può comprendere.
Un sincero grazie ad Elisa e a tutti i manifestanti di questi giorni, spero riescano a scuotere le coscienze degli italiani da un torpore ormai ventennale.

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DAGLI ATENEI IN RIVOLTA: lettera di una studentessa a Silvio Berlusconi.

Caro Presidente del Consiglio,
le scriviamo perché sentiamo l’esigenza e il dovere, da studenti e da cittadini, di spiegare cosa è accaduto ieri. Ci concederà, spero, questa premessa: molti studenti presenti alla manifestazione non solo non hanno mai messo piede in un centro sociale ma possiedono anche un’ottima media; potremmo presentarle più di un libretto, ma non lo faremo perché noi sappiamo chi siamo e questo è sufficiente.
Ma torniamo al fine di questa lettera e lo facciamo con una domanda che lei tante volte si sarà posto: perché queste persone-studenti, lavoratori, artisti, ecc-manifestano? In genere la risposta è che le rivolte sono rivolte di “pancia”, di fame, dovute alla crisi economica globale. Certamente. Ma ci permetta di illustrarle un altro punto di vista e lo facciamo attraverso le parole di uno storico Edward Palmer Thompson che, in questo saggio che citiamo, riflette sulle rivolte popolari inglesi del XVIII secolo “(…) E’ certamente vero che i disordini erano innescati dai prezzi saliti alle stelle, dagli abusi compiuti dai negozianti, dalla fame. Ma queste rimostranze agivano all’interno della concezione popolare che definiva la legittimità e l’illegittimità dei modi di esercitare il commercio, la molitura del frumento, la preparazione del pane, ecc. E questa concezione, a sua volta, era radicata in una consolidata visione tradizionale degli obblighi e delle norme sociali, delle corrette funzioni economiche delle rispettive parti all’interno della comunità, che, nel loro insieme, costituivano l’economia morale del povero. Un’offesa contro questi principi morali, non meno di un effettivo stato di privazione, era l’incentivo abituale per un’azione immediata.”
Le citiamo infine, uno slogan-accusa che i contadini rivolgevano nel Settecento ai mugnai, ”il male del tempo”: Perché prima rubava ma con cortesia, ma ora è oltraggiosamente ladro.
Non ci fraintenda. Noi non stiamo accusando il suo governo di essere oltraggiosamente ladro, noi accusiamo l’Italia tutta di esserlo. La nostra patria è divenuta ladra di sogni, di speranze e di verità.
Accusiamo perfino le nostre madri e i nostri padri che continuano a difenderci dal mondo, da internet e da facebook e non hanno ancora compreso che in questi anni il vero pericolo sono stati loro, la loro incapacità di critica, la loro incapacità di volere.
Condanniamo l’indifferenza poiché crediamo che la qualità di una società è inversamente proporzionale alla quantità degli indifferenti.
E in ultimo condanniamo noi stessi di non essere abbastanza bravi da rendere chiara l’evidenza. L’evidenza è questa: noi siamo la futura generazione di precari o meglio, noi andremo a ingrossare le file di quella che possiamo definire “la classe dei precari”. Così come la Rivoluzione Industriale ha prodotto la classe operaia, rivoluzionaria per eccellenza, ecco che questo sistema in cui la speculazione è sfociata nello sfruttamento, ha provocato la nascita di una nuova classe rivoluzionaria, i cui membri non formano “strutture”, ma i cui legami si basano sulle relazioni e su una medesima condizione umana.
Lei ci insegna che un uomo può cambiare un Paese, noi fortunatamente siamo migliaia, forse milioni.
Sta certamente comprendendo quello che le stiamo dicendo. Le daremo una dritta, da sciocchi quali siamo. Ciò che deve temere di più è la felicità pubblica, ovvero quel sentimento antico quanto la Rivoluzione Francese, che si spiega più o meno così: l’uomo comprende di essere uomo solo quando è in movimento,e di questo ne scopre il divertimento, il piacere, puro, dello stare insieme. La Felicità Pubblica. Il resto è un colpevole silenzio e un’inquieta sensazione di noia. Ieri per la prima volta è tornata. Quello che ha visto non era follia, ma per l’appunto felicità. Felicità collettiva.
E questa volta sappiamo per certo che lei non potrà comprendere.
Cordiali saluti.

Elisa Albanesi,
Assemblea di Lettere Occupata.

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PS del 3 dicembre - L'associazione Libertà e Giustizia aderisce alla protesta studentesca con un appello di Umberto Eco, Gustavo Zagrebelsky, Paul Ginsborg e Salvatore Veca. Vi invito ad aderire all'appello.

2 commenti:

  1. Grazie antonio, per avere messo in evidenza questa lettera. Volevo dire grazie anche a tutti gli studenti che in questi giorni stanno rianimando la vita di questo paese.

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