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giovedì 25 marzo 2010

Giustizia terrena secondo Giuseppe e Giovanni

Non esprimo alcun commento salvo il titolo che ho dato al post, mi limito a riportare il testo integrale tradotto dal latino della lettera inviata il 18 maggio del 2001 da Ratzinger e Bertone ai "vescovi di tutta la Chiesa cattolica e agli altri ordinari e prelati interessati". Il testo è ripreso da Micromega a firma di Pino Nicotri.
La lettera dava istruzioni circa i comportamenti da adottare per "i delitti più gravi" commessi dai membri della chiesa. E' il cosiddetto «Secretum pontificium» emesso quando l'attuale pontefice ricopriva la carica di prefetto della Congregazione per la dottrina della fede e al soglio pontificio c'era Giovanni Paolo II. La lettera imponeva il «silenzio papale», ovvero chiunque avesse parlato era scomunicato «ipso facto», cioè immediatamente.
Consiglio anche la lettura dell'articolo di Hans Küng e siccome siamo in Italia, e un po' di colore non ce lo facciamo mancare mai, consiglio la lettura del commento di don Paolo Farinella alla miserabile lettera di solidarietà inviata al papa da un noto frequentatore di prostitute d'alto bordo, oggi dette escort.

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«LETTERA inviata dalla Congregazione per la dottrina della fede ai vescovi di tutta la Chiesa cattolica e agli altri ordinari e prelati interessati, circa I DELITTI PIU’ GRAVI riservati alla medesima Congregazione per la dottrina della fede, 18 maggio 2001
Per l’applicazione della legge ecclesiastica, che all’art. 52 della Costituzione apostolica sulla curia romana dice: “[La Congregazione per la dottrina della fede] giudica i delitti contro la fede e i delitti più gravi commessi sia contro la morale sia nella celebrazione dei sacramenti, che vengano a essa segnalati e, all’occorrenza, procede a dichiarare o a infliggere le sanzioni canoniche a norma del diritto, sia comune che proprio”, era necessario prima di tutto definire il modo di procedere circa i delitti contro la fede: questo è stato fatto con le norme che vanno sotto il titolo di Regolamento per l’esame delle dottrine, ratificate e confermate dal sommo pontefice Giovanni Paolo II, con gli articoli 28-29 approvati insieme in forma specifica.
Quasi nel medesimo tempo la Congregazione per la dottrina della fede con una Commissione costituita a tale scopo si applicava a un diligente studio dei canoni sui delitti, sia del Codice di diritto canonico sia del Codice dei canoni delle Chiese orientali, per determinare “i delitti più gravi sia contro la morale sia nella celebrazione dei sacramenti”, per perfezionare anche le norme processuali speciali nel procedere “a dichiarare o a infliggere le sanzioni canoniche”, poiché l’istruzione Crimen sollicitationis finora in vigore, edita dalla Suprema sacra Congregazione del Sant’Offizio il 16 marzo 1962, doveva essere riveduta dopo la promulgazione dei nuovi codici canonici.
Dopo un attento esame dei pareri e svolte le opportune consultazioni, il lavoro della Commissione è finalmente giunto al termine; i padri della Congregazione per la dottrina della fede l’hanno esaminato più a fondo, sottoponendo al sommo pontefice le conclusioni circa la determinazione dei delitti più gravi e circa il modo di procedere nel dichiarare o nell’infliggere le sanzioni, ferma restando in ciò la competenza esclusiva della medesima Congregazione come Tribunale apostolico. Tutte queste cose sono state dal sommo pontefice approvate, confermate e promulgate con la lettera apostolica emanata come motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela.
I delitti più gravi sia nella celebrazione dei sacramenti sia contro la morale, riservati alla Congregazione per la dottrina della fede, sono:
- I delitti contro la santità dell’augustissimo sacramento e sacrificio dell’eucaristia, cioè:
1° l’asportazione o la conservazione a scopo sacrilego, o la profanazione delle specie consacrate:
2° l’attentata azione liturgica del sacrificio eucaristico o la simulazione della medesima;
3° la concelebrazione vietata del sacrificio eucaristico assieme a ministri di comunità ecclesiali, che non hanno la successione apostolica ne riconoscono la dignità sacramentale dell’ordinazione sacerdotale;
4° la consacrazione a scopo sacrilego di una materia senza l’altra nella celebrazione eucaristica, o anche di entrambe fuori della celebrazione eucaristica;
- Delitti contro la santità del sacramento della penitenza, cioè:
1° l’assoluzione del complice nel peccato contro il sesto comandamento del Decalogo;
2° la sollecitazione, nell’atto o in occasione o con il pretesto della confessione, al peccato contro il sesto comandamento del Decalogo, se è finalizzata a peccare con il confessore stesso;
3° la violazione diretta del sigillo sacramentale;
- Il delitto contro la morale, cioè: il delitto contro il sesto comandamento del Decalogo commesso da un chierico con un minore al di sotto dei 18 anni di età.
Al Tribunale apostolico della Congregazione per la dottrina della fede sono riservati soltanto questi delitti, che sono sopra elencati con la propria definizione.
Ogni volta che l’ordinario o il prelato avesse notizia almeno verosimile di un delitto riservato, dopo avere svolte un’indagine preliminare, la segnali alla Congregazione per la dottrina della fede, la quale, a meno che per le particolari circostanze non avocasse a sé la causa, comanda all’ordinario o al prelato, dettando opportune norme, di procedere a ulteriori accertamenti attraverso il proprio tribunale. Contro la sentenza di primo grado, sia da parte del reo o del suo patrono sia da parte del promotore di giustizia, resta validamente e unicamente soltanto il diritto di appello al supremo Tribunale della medesima Congregazione.
Si deve notare che l’azione criminale circa i delitti riservati alla Congregazione per la dottrina della fede si estingue per prescrizione in dieci anni. La prescrizione decorre a norma del diritto universale e comune: ma in un delitto con un minore commesso da un chierico comincia a decorrere dal giorno in cui il minore ha compiuto il 18° anno di età.
Nei tribunali costituiti presso gli ordinari o i prelati possono ricoprire validamente per tali cause l’ufficio di giudice, di promotore di giustizia, di notaio e di patrono soltanto dei sacerdoti. Quando l’istanza nel tribunale in qualunque modo è conclusa, tutti gli atti della causa siano trasmessi d’ufficio quanto prima alla Congregazione per la dottrina della fede.
Tutti i tribunali della Chiesa latina e delle Chiese orientali cattoliche sono tenuti a osservare i canoni sui delitti e le pene come pure sul processo penale rispettivamente dell’uno e dell’altro Codice, assieme alle norme speciali che saranno date caso per caso dalla Congregazione per la dottrina della fede e da applicare in tutto.
Le cause di questo genere sono soggette al segreto pontificio.
Con la presente lettera, inviata per mandato del sommo pontefice a tutti i vescovi della Chiesa cattolica, ai superiori generali degli istituti religiosi clericali di diritto pontificio e delle società di vita apostolica clericali di diritto pontificio e agli altri ordinari e prelati interessati, si auspica che non solo siano evitati del tutto i delitti più gravi, ma soprattutto che, per la santità dei chierici e dei fedeli da procurarsi anche mediante necessarie sanzioni, da parte degli ordinari e dei prelati prelci sia una sollecita cura pastorale.
Roma, dalla sede della Congregazione per la dottrina della fede, 18 maggio 2001.
Joseph card. Ratzinger, prefetto.
Tarcisio Bertone, SDB, arc. em. di Vercelli, segretario»

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