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venerdì 22 dicembre 2023

Processo al patriarcato: note per una indagine preliminare

I tanti, troppi, casi di femminicidio interrogano le coscienze, la mia sicuramente. Premono per avere spiegazioni, perché un fatto che può essere spiegato è meno inquietante di un fatto senza spiegazioni. Forse a questo dobbiamo l'avventura del pensiero filosofico e scientifico, non alla meraviglia, come diceva Aristotele, bensì alla paura del buio.

Fermo restando la condanna senza appelli di qualsiasi forma di maschilismo, machismo, superomismo fisico, esaltazione della forza muscolare e quant'altro richiama la supremazia nelle tribù più primitive, mi preme qualche considerazione sul processo al patriarcato che si tiene da qualche tempo. In più di un'occasione mi è parso che il processo sia frettoloso, per certi versi disonesto. Forse necessita di un'istruttoria preliminare.

L'affermazione del principio mater mi sta molto a cuore e sicuramente sta a cuore a chi accusa il patriarcato di ogni nefandezza, ma che un principio stia a cuore non consente menzogne sull'altro, sebbene opposto e persino responsabile della negligenza storica del principio da affermare. Non è con la disonestà che si recuperano secoli di negligenza e neanche di colpa grave.

Il patriarcato è alla base di tutta la nostra cultura, non solo di quella da emendare. Di questo dobbiamo tenere conto. Ci sono epoche in cui tutto il male sembra originare da una sola fonte. Non è mai così, è solo più facile catalogarlo. È facile illudersi che individuata e vinta la fonte del male si sconfigga il male, allora quale miglior fortuna che la fonte sia una sola?

Così accade che il patriarcato entra nel dibattito prestandosi al processo che dovrebbe subire il maschilismo con l'abuso sconsiderato delle parole nei tempi asfittici dei programmi televisivi.

Certamente la supposta, direi benvenuta se fosse davvero compiuta, perdita di ruolo del maschio è fattore da considerare per capire il fenomeno del femminicidio ma non sembra ugualmente pertinente chiamare in causa la società del consumo che deresponsabilizza i soggetti, sempre meno autori di atti irrevocabili e sempre più attori di una commedia che si rinnova continuamente e a ritmi serrati?

La supremazia del consumo prevede, anzi richiede, la morte dell'irreversibilità; la morte della morte, si potrebbe dire. La sola morte consentita, anzi prescritta, è quella della durabilità; la nostra morte è stata trasferita agli oggetti, come scriveva Günther Anders.

La morte è diventata una rappresentazione scenica con decine di supereroi che radono al suolo intere città e pianeti con larga profusione di boati, effetti speciali. Una ecatombe che non suscita alcun orrore. I versi dell'Iliade erano scritti per suscitare orrore, paura, ammirazione. Cosa suscitano le saghe degli avengers? Ieri Eracle, oggi Hulk. Mutatis mutandis davvero l'umanità sembra immobile?

La morte non è più qualcosa di serio. La morte è bandita, la vecchiaia è bandita, la malattia è bandita, il dolore è bandito, salvo quando serve a mettere in scena pornografie della sofferenza con generosi zoom sulla lacrima incipiente. Come può non essere un gioco da ragazzi la vita se la sua parte oscura non è più introiettata ma è anzi espunta dalla vita interiore?

Lo stoico Seneca poteva dire che la filosofia non serve a vivere bene ma a bene morire. Chi potrebbe dire oggi la stessa cosa? La filosofia forniva a Seneca anche strumenti per vivere bene e ieri come oggi una certa doppiezza sembra ingrediente insostituibile ma la sua forma muta e oggi nessuno scriverebbe la frase di Seneca, al massimo cela lauti affari privati dietro beneficenze natalizie o scala posizioni di governo con le menzogne più becere e irrealizzabili. Insomma, altra pasta rispetto a un Seneca che seppe vivere bene ma seppe essere all'altezza della sua filosofia con la sua morte.

A me pare che alla base del femminicidio, che non è un problema solo italiano, ci sia una infantilizzazione diffusa. È dell'infante l'immortalità perché non ha ancora scoperto la morte. Oggi questa condizione appartiene, se vogliamo dire così, anche agli adulti che adulti sono solo anagraficamente, secondo canoni che vengono continuamente rivisti nei costumi. È dell'infante non distinguere la verità dalla menzogna; usare la menzogna per attirare attenzione e consenso; vivere nella menzogna, quasi innocentemente.

Intendo la menzogna del virtuale, la menzogna della comunicazione social, comunicazione senza comunicazione, monologo collettivo, scrive Umberto Galimberti; gara di narcisismi che fanno pieno di like ma aborrono ogni analisi, rimasta dov'è sempre stata, nei presidi della comunicazione dell'era predigitale e che nel migliore dei casi trovano tollerata ospitalità nei domini social, con quale seguito è sotto gli occhi di tutti.

Ma se l'infantilizzazione è diffusa e quindi tocca entrambi i sessi, perché osserviamo femminicidi e non la controparte? Perché da sempre il forte soverchia il debole. Da sempre - almeno da Platone - la materia è considerata inferiore, bassa. Lo spirito è considerato superiore, alto. E i due principi sono tristemente assimilati all'opposizione femminile/maschile. Questo è il miserabile lascito della cultura occidentale. È partendo da qui, dal primitivismo della forza e dalle sue metamorfosi, che possiamo analizzare gli effetti nefasti della cultura patriarcale. Se lo facciamo senza individuare questi aspetti rischiamo di sostituire una soverchieria antica con una nuova.

L'illusione di bruciare in breve tempo le tappe dei secoli passati espone a dinamiche dettate dall'incontro tra rivalsa e senso di colpa. Dubito che l'incontro di questi stati emotivi produca la matura elaborazione dei fattori storici da superare. Gli strali contro il patriarcato, quando non sono puerili, sono tipici di slogan à la page. Gli slogan non sono mai stati amici del pensiero anche se troppo spesso hanno fatto la storia. Per questo, come scriveva Elsa Morante, la storia è uno scandalo che dura da 10.000 anni.

Possiamo anche pensare, non so con che probabilità di verifica, che l'attuale assetto di potere socioeconomico sia il frutto marcio di una cultura patriarcale millenaria. Possiamo anche pensare, in un delirio monogenetico, che tutta la storia di conquiste, guerre, sopraffazioni e persino l'accumulazione capitalistica occidentale siano il risultato della millenaria posizione di potere del maschio e della sua aggressività ma per ricorrere a questa spiegazione dobbiamo superare la critica della selezione sessuale per cui su scale temporali più ampie della nostra storia il comportamento di un sesso è sottoposto al vaglio dell'altro, Darwin docet.

La selezione sessuale vale nel mondo animale, vale tra gli umani, sia pure in quest'ultimo caso integrata da fattori culturali con connotazioni differenti ma non esenti dalla selezione naturale. 

La donna non ha potuto scegliere, si dirà, confondendo la dimensione storica con quella evolutiva, facendo coincidere un atto volontaristico singolo con l'esito a grande scala del gioco evolutivo. E sia. Restiamo sulla nostra dimensione storica.

Non è di oggi l'inaugurazione di quella che possiamo considerare l'era della scelta consapevole, l'epoca in cui i fattori culturali devono esaminare quelli naturali e correggerne l'abominio. Lo stato di natura non ha nulla del felice selvaggio di Rousseau, non come Rousseau lo immaginava. È il regno dove gli esseri viventi possono cooperare e possono sbranarsi con uguale probabilità. Homo sapiens a un certo punto della sua storia ha imparato a aumentare le probabilità di uno solo dei due poli, con una scelta precisa ma pur sempre inserita nel contesto della sua natura, anche se sarebbe meglio dire delle sue nature. Da lì non si scappa.

Correggere lo stato di natura. A qualcuno può sembrare blasfemo ma è quello che abbiamo saputo fare riconoscendo pari dignità e diritti a soggetti che in tempi remoti non avevano alcuno spazio. È quello che abbiamo saputo fare concependo sistemi politici democratici, imperfetti certo ma pur sempre vibranti del titanico compito di opporsi a uno stato di natura dove la vita è in balia di eventi calamitosi e predatori. È vero che abbiamo fatto molti passi indietro e molti altri ne faremo ma non è scoprendo che i discorsi di Pericle erano scritti da Aspasia che correggeremo questo cammino da gamberi.

Nel cammino dell'umanità verso il polo desiderato le lotte femministe sono una pietra miliare, a mio avviso tra le più importanti e potenti. Quindi facciamo pure una critica serrata al patriarcato ma evitiamo di farlo con il fanatismo dei risvegliati, si rischierebbero comportamenti che mettono in luce i più antichi istinti animali camuffati dal desiderio di giustizia e uguaglianza. Non sarebbe la prima né l'ultima volta nella storia. Dopotutto la prima conquista di uguaglianza pare sia stato il cristianesimo, anche se la morte di Ipazia e la storia di molti secoli dopo ci raccontano un'altra versione.

Detto questo, pur con tutti gli errori che potremmo commettere - in quale epoca storica non ne sono stati commessi? - benvengano le proposte dei critici del patriarcato, comprese le famigerate quote rosa; mostruosità necessarie perché i detentori del potere, maschi, sono attaccati alle posizioni dominanti come cozze su uno scoglio. Siccome l'intelligenza, la misura, l'onestà intellettuale e la lungimiranza sono sempre state merce rara, almeno avremo il vantaggio di raddoppiare le scarse probabilità di incontrarle, che scarse continueranno a essere ma almeno raddoppiate.

Resta comunque vero che l'analisi del presente e delle sue degenerazioni non si esaurisce sul patriarcato. La gente si cambia come si cambia un cellulare e il principale responsabile sarebbe la cultura patriarcale?

I sistemi complessi, poco attenti a biografie e sentimenti, rendono i singoli sostituibili. Il modello della logica lineare sarebbe stato sostituito da un modello di logica diffusa, quello della rete; ingannevole illusione per Giovanni Sartori, ma l'inganno è sufficiente per mettere in moto qualcosa di devastante: la sostituzione della metafora della catena con quella della rete. 

Le metafore disegnano il mondo in cui viviamo. Nella catena nessun anello può essere trascurato e la forza della catena è determinata dall'anello più debole. Nella rete l'assenza di un soggetto non perturba il sistema. Se il soggetto è un nodo con poche connessioni il sistema non vacilla, se ha molte connessioni sarà vicariato da altri in breve tempo. Tutto questo è stato introiettato nel nostro apparato emotivo. Le "nuove emozioni" non seguono più i vecchi modelli. 

Tutto questo dovrà essere chiamato in causa prima o poi, perché le emozioni vere restano roba antica, si muovono molto più lentamente del nostro sistema artificiale: economico e tecnologico. Autori come Antonio Damasio e Martha Nussbaum, ci hanno regalato, da diversi fronti, monumentali analisi del nostro sistema emotivo, hanno mostrato quanto l'intero edificio etico trovi in quel sistema le sue radici. Una volta tagliate le radici l'albero muore.

Lo sfasamento tra biologia e cultura è sempre più ampio e l'esplosione tecnologica allarga lo iato sempre di più. È in quel disaccoppiamento che risiede il bipolarismo collettivo e ormai costitutivo. Lo si dà per scontato, anzi è quasi richiesto come indice di adeguamento al sistema, salvo bruschi risvegli quando genera mostri. Ma i mostri da notiziario sono mostri che hanno esagerato, gli altri hanno di che distinguersi e assolversi tra un sentimento di ripulsa e un altro di shadenfreude.

Quando si invoca l'educazione sentimentale e emotiva si parla di sentimenti antichi, della necessità di metterli di fronte alla minaccia dell'efficientismo della contemporaneità. Ebbene sì, l'efficienza non è solo progresso! 

L'educazione invocata è quella trasmessa dalla letteratura, dalla poesia, dall'arte; regni di un mondo guardato con sospetto da chi vuole avere successo che significa fare soldi a palate! Un sogno (o incubo?) antico ma se in un passato non recente risuonava forte l'avvertimento di quanto fossero inaccessibili ai ricchi le sfere davvero alte oggi quell'eco è spenta.

Ora, di fronte all'oceano di sospetto che circonda chi si rivolge al bello, al sublime inutile, davvero vogliamo liberarci da ogni responsabilità incriminando solo il patriarcato? Non dobbiamo trascinare sul banco degli imputati anche altri soggetti?

La vita è diventata un videogioco e quel che è peggio è che quel videogioco è diventato il sogno di molti. Va tutto bene fino a quando non ci si risveglia all'improvviso, perché, oggi come millenni fa, quando si muore si muore davvero e per una volta sola.

Smettere di avere paura del buio non ci ha reso migliori.

venerdì 1 dicembre 2023

Occultati messaggi?

Qualche giorno fa ho visitato per la prima volta l'aula gotica nella basilica dei Santi Quattro Coronati. Scoperta nel 1995 l'aula ha rappresentato un terremoto nella storia dell'arte, dopo un restauro decennale è accessibile al pubblico con prenotazione. La straordinarietà di quel documento pittorico potete leggerla nelle parole di chi è più qualificato di me per parlarne.
 
Io farò un breve cenno al ciclo pittorico della cosiddetta Constitutum Constantini nell'oratorio di San Silvestro, sotto l'aula gotica. Ho visitato l'oratorio altre volte ma in quest'ultima occasione ho potuto osservare con attenzione particolari che in precedenza non avevo notato.

Che la donazione delle insegne imperiali di Costantino a papa Silvestro sia un falso storico è cosa assodata da tempo, almeno dal 1440, sebbene messa in dubbio fin dal tempo di Ottone III di Sassonia (1001). 
Il ciclo pittorico della donazione di Costantino è datato 1248 e la mia supposizione è che la falsità del documento da rappresentare non fosse ignota al pittore che ha affrescato le pareti dell'oratorio o che comunque ha diretto i lavori delle maestranze al suo seguito. Quei pittori non lasciavano nulla al caso e i loro dipinti sono intrisi di simboli e rimandi che oggi passano inosservati.
Naturalmente la mia è solo una congettura, al massimo un'ipotesi, ma senza documentazione resta solo una suggestione favorita dall'espressività dei volti rappresentati in quei dipinti in transito tra la fissità bizantina e l'espressionismo gotico che vedrà la sua piena realizzazione diversi decenni dopo con Giotto. 

Di seguito una breve descrizione dei primi otto riquadri secondo l'ordine di lettura. Il ciclo pittorico ha altri riquadri, qui non considerati, in cui ormai Costantino scompare dalla scena. Le immagini le ho prese da questo blog perché le mie foto sono abbastanza brutte!

Costantino è colpito dalla lebbra, i suoi medici gli suggeriscono di fare un bagno nel sangue di fanciulli sacrificati, le madri implorano che il sacrificio non si faccia;

Costantino rinuncia al sacrificio, due personaggi gli appaiono in sogno e lo esortano ad invitare papa Silvestro a rientrare a Roma. Il papa è rifugiato sul monte Soratte per fuggire le persecuzioni dei cristiani;

I messi imperiali vanno al monte Soratte per incontrare Silvestro;

I messi di Costantino salgono sul monte Soratte;

Silvestro rientra a Roma e mostra a Costantino le effigi di Pietro e Paolo, Costantino riconosce i due personaggi che gli sono apparsi in sogno;

Costantino, spogliato delle vesti regali, riceve da Silvestro il battesimo per immersione, i dignitari dell'imperatore reggono l'abito imperiale;

Silvestro siede in trono di fronte a Costantino che indossa l'abito imperiale e piega il ginocchio. L'imperatore offre al papa la tiara, un messo dell'imperatore offre a Silvestro l'umbraculum, un ombrellino a strisce rosse e gialle. Costantino non ha la corona, tenuta dal personaggio sul torrione: il papa avrebbe infatti rifiutato la corone che l'imperatore gli offriva;

Silvestro sul cavallo bianco è in corteo, accompagnato a piedi da Costantino che indossa la corona. Due dignitari portano la croce e la spada, simboli dei due poteri spirituale e temporale. E' ragionevole supporre che il messo con la spada sia di Costantino, mentre quello con la croce sia di papa Silvestro.

Detto questo la mia congettura, come anticipato, è che il pittore fosse a conoscenza del falso storico e che volesse in qualche modo lasciarne traccia. Perché dico questo? Perché il dignitario che porta le insegne dell'imperatore negli ultimi tre riquadri a partire dal battesimo è insolitamente accigliato, direi quasi irato se confrontato con le espressioni degli altri personaggi dello stesso pannello e dei pannelli precedenti. Ho messo in evidenza i volti in questione con un cerchio rosso. Un accenno di quell'espressione è visibile anche nei riquadri dei messi imperiali diretti al monte Soratte. Il terzo messo in entrambi i pannelli appare corrucciato ma direi in maniera non così accentuata come negli ultimi tre riquadri.

Forse in quei volti il pittore ha voluto lasciare un messaggio in attesa di essere decifrato. Non è raro che i pittori si siano presi licenze che esulavano dalla committenza, certamente quei volti non sono passati inosservati in secoli di storia e neanche agli stessi committenti. Probabilmente il volto del dignitario più che disappunto esprime sussiego e prima della guarigione prevaleva una espressione addolorata. Chissà! 

Una cosa è certa, quel dignitario sa cose che noi non sappiamo e forse aveva il volto di un pittore che  simpatizzava per Federico II.


mercoledì 29 novembre 2023

Collassi da evitare


Una renault twingo bianca fa retromarcia,
non guardo la targa, è bianca e mi basta.
Il sangue ingrana la marcia, tempo e ragione sospesi.
Calma, a piedi ho tutto il tempo di capire chi guida.

Aspetta, non voglio vedere,
se non saprò tutto è possibile.
Passo avanti senza voltarmi,
lascio irrisolta l'equazione,
mi consola evitare un collasso probabilistico.

sabato 25 novembre 2023

Origine

Quando soffiasti nella tromba di sangue

la particella di terra divenne viva,

alte note riempirono l'universo di musica e pianto.

Voltò lo sguardo il nato dal volto solcato di dolore

in cerca di nuvole dorate e luce tre volte santa.

Millenni inutili non cancellarono il volto che urlava.

...............

Presto la terra viva fu raggelata

perché conobbe la morte.

Donna madre, quando sarai perdonata

per aver dato la vita?

Forse solo quando saprai perdonarti

un peccato mai commesso.

Nella foto: Cruor di Renata Rampazzi, al museo Bilotta, 25 novembre 2020.

martedì 14 novembre 2023

Qui si tessono altri cieli

Qui si tessono altri cieli, tele di ragno reggono muri cadenti e cardi fanno guardia a fortezze inesistenti. Tra una pozza e l'altra, deriva di ignoti continenti, passano i fantasmi con il cuore in mano e una bestemmia rimasta tra i denti.



 

Il contorno degli eventi

Tracciare con le mani il contorno degli eventi,
questo serve quando il cielo si fa scuro.
Mettere ordine nel tumulto silenzioso,
parlare con la parte più profonda di sé
con l'ostinata certezza di essere un altro,
sentire le dita del vento sulla pelle
e distogliere in tempo lo sguardo
da una foglia che muore
per non svelare la propria assenza.
Questo è esserci, nonostante tutto.

sabato 14 ottobre 2023

Malallegria

Ché la storia è freddo nelle ossa e luce che acceca.
Non è dei semplici la vita facile,
è già tanto morire che sapere per cosa è privilegio di pochi,
muore di stenti l'anima bella perché non sa leggere
l'ordine di assedio che un dio scrisse con altra mano.
Arredi e suppellettili nell'obitorio della terra,
qualcuno dirà che avevano storie da raccontare
ma è un sognatore, un reietto, un criminale: diffidate!
Le mosche daranno lezioni di sopravvivenza alle prossime vittime,
confortate da malallegria e pane duro per i denti.

venerdì 15 settembre 2023

Invarianze

C'è un'invarianza nelle leggi dell'universo e la fisica dei buchi neri è la stessa del lutto. Come una stella collassando forma un buco nero dal quale nulla esce, neanche la luce, e oltre l'orizzonte degli eventi non ha senso lo scorrere del tempo, così quando la vita di chi amiamo si spegne il tempo collassa in un giorno inghiottitoio, resta intrappolato e non passa. 

C'è un'invarianza nelle leggi dell'universo che va dalle masse stellari al dolore delle creature che conoscono la morte. Come i buchi neri il dolore attrae qualunque cosa nelle sue vicinanze e la distrugge, la porta al di là di un orizzonte degli eventi che non ci è dato conoscere. Le congetture si moltiplicano. Così nascono le religioni e le teorie scientifiche più ardue.

martedì 12 settembre 2023

Tutti a teatro, tutti a teatro


Danzano sul sipario di un filo, danzano davanti agli occhi indossando la nostra maschera. Che fantastiche attrici sono, con quale leggerezza assumono la nostra stessa forma e noi cediamo loro un po' della nostra disgrazia pensandole animate solo dal vento in un teatro affacciato sul cielo, aggrappati a un filo che a malapena teniamo stretto tra le dita consumate dal sole e dagli anni. 

Se c'è una cosa che rappresenta, come in un teatro una commedia, la forma della vicenda umana, sono le mollette di legno del bucato. Le mollette ormai invecchiate di legno gonfio di umidità, deformi nella loro ostinata funzione di tenere fermo un lembo di tessuto con due dita storte aggrappate al filo di ferro. Non hanno più presa, il ferro arrugginito non ce la fa a tenere allineati i legni, per le imprevedibili fantasie del caso un braccio è più annerito e consumato dell'altro e quasi si accusano a vicenda di non essere più all'altezza del compito che un tempo assolvevano con tanta precisione, eppure sono sempre stati insieme, insieme hanno tenuto lenzuola sventolanti sui terrazzi, bandiere di nessuna terra conquistata, tenute da mollette che nulla potevano sapere del loro tragico mestiere. 🌾🌹

lunedì 4 settembre 2023

Itinerario salentino et al

 Qui si comincia dalla pietra!

Il sublime ha strade insospettabili.


A due passi dall'abisso.

 

I chiodi nei muri sono come i fusi del tombolo. Chi ricorda questa antica tecnica del ricamo? Le ricordo le donne sedute d'estate sulla soglia di casa a prendere il fresco intrecciando fili tra le dita che si passavano i fusi con il virtuosismo di Aracne e la responsabilità di Lachesi. Così i chiodi hanno fili invisibili e mani ignare del disegno li tolgono, li infiggono, intreccio da muro a muro, lento, con la pazienza di chi non sa cosa sia il tempo e lo lascia andare come si lascia andare un passante sconosciuto che si incrocia per strada. Non sappiamo chi sia ma dopo averlo incrociato non possiamo più toglierci dalla testa il chiodo fisso che lui ci conosca.
Ci sono chiodi cui è appesa una vita, anche quando la dicono finita.

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Vengono da lontano,
svegli di buon mattino,
salutano l'alba e la tramontana
che ancora dorme,
negli occhi hanno il mare,
in una mano smeraldi
da sciogliere nell'acqua
nell'altra polvere d'oro
da spargere nei campi.
Che il mare sia cristallo
e il grano zaffiro,
cuori di rubino
battono le ore
al ritmo dell'inganno
che continua a essere vero.


"Guardala, stasera è tra Ugento e Felline, non è tanto lontana. Una di queste sere dobbiamo andarci, non ci metteremo tanto." 

 

Si prevedono geometrie euclidee e temporali sparsi.


Nel mio paese la controra dura a lungo, il tempo è sospeso su una fune e le strade sono vuote, così sembrano a occhi distratti. Lo diresti disabitato non fosse per pochi anziani seduti al bar. Qualcuno si sofferma sugli annunci per informarsi degli ultimi saluti. Si gira per le strade pensando al povero diavolo che ci sta sognando, un po' temendo il suo risveglio.

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Il primo mojito di (e con) papà... non ha prezzo! 💞

Due tipologie di persone che non sopportano Barbie: quelli che sanno che una mela selvatica con un bruco è una mela buona da mangiare (evitando il bruco) e quelli che hanno dimenticato l'esistenza delle mele selvatiche e fanno finta di ricordarle.
Il resto quando vedrò il film, se lo vedrò. 😊

Due tipologie di persone a cui piace Barbie: quelli che hanno capito quali sono le tipologie di persone che non la sopportano (vedi post precedente) e quelli che non riescono proprio a capirlo.
Il resto quando vedrò il film, se lo vedrò. 🤗
 
 
Tutti vi ricordo,
tra le zolle di terra rossa
e gli spicchi di limone.
Siamo rimasti pochi a gustare
il sapore acido dei limoni,
memoria aspra che corrode i denti.
Tutti vi ricordo,
ognuno con una teca tra le mani,
gemme nella brace di San Lorenzo
perché il martirio sia vero.
A tavola dividiamo parole di pane
e di parti prematuri
dopo anni di gestazione.
Un filo di fumo, cresima contadina
di doverosi matrimoni e lividi negati,
unge il viso di lacrime non piante.
Salgono voci da sorgenti sepolte
nella terra che si fa succo di limone.

“Una delle stragi (nazifasciste) più sanguinose della Seconda guerra mondiale (i cui responsabili, va ricordato, non furono solo nazisti, furono anche quei connazionali che per vent'anni avevano instaurato e servito la dittatura fascista al seguito di Benito Mussolini). Una pagina vergognosa della nostra storia (, tragico e prevedibile epilogo di una scellerata alleanza tra regimi liberticidi e violenti,) che tutti gli italiani ricordano con lo stesso dolore e la stessa esecrazione. Onorare la memoria di quei bambini, di quelle donne e di quegli uomini (, riconoscere la connivenza fascista e antipatriottica di quella tragedia) è un nostro dovere affinché tali tragedie non si ripetano in futuro”. Il presidente del Senato della Repubblica, Ignazio Benito La Russa, in occasione del 79° anniversario dell’eccidio di Sant’Anna di Stazzema. (Tra parentesi integrazioni mie.)


I titoli di questa estate apriranno un nuovo filone del porno!

Il bello delle mie passeggiate campestri è che torno sempre con le gambe gri(a)ffate e un Magritte buttato lì per caso lo trovo sempre. #salentonocost
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Erano nascosti tra gli alberi d'ulivo, profumavano di capperi e uva. Sono rimasti scoperti come croste sulle ginocchia sbucciate tra i colori d'autunno che autunno non è. È terra rossa di ferro e di fuoco, è madre di figli che non dovevano nascere, cuore spinoso di fichidindia. Guardalo questo Salento, guarda questa terra bruciata, guardala dai miei occhi. Non fidarti di depliant e carta patinata, sono conati di pizzica e tamburello per un ragno che non vive più qui. Se vuoi veramente sentire questa terra devi provare una vertigine di fronte alla morente bellezza di un Galata fatto di pietre, di tempo, di nuvole. È questo il morso del ragno che ancora abita da queste parti. Chi viene morso non si illuda, la danza che un tempo curava oggi non serve più.
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#salento di pomodori ad asciugare al sole, tappeto rosso sulla battigia multicolore.

 
Il richiamo della cupeta, di Jack Salenton 🤗

 

Quest'anno in Salento non c'era un posto dove starsene in pace!
Seguitemi per altri consigli.


Non sono a Dover 🤗 #salento (Falesia di Sant'Andrea, Melendugno)

 

Si vede che ha lo sguardo sveglio dell'intellettuale di destra. 🥴

Qui è così, si va come pendoli spinti da scirocco e tramontana, si oscilla tra ionio e adriatico negandoci perdono e sosta perché il cuore non si fermi a metà strada, tra un'alba e un tramonto. Grazie a #RenataFonte perché per lei questo gioiello è area protetta, la mafia locale l'avrebbe edificato, l'hanno uccisa ma il suo porto è rimasto selvaggio. È doloroso non vedere qui tra i tanti cartelli lungo i viali della pineta qualcuno con il suo volto, la sua storia. Questo è un sacrario ma non tutti lo sanno.

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- Sentinella, cosa fai lassù?
- Sono di vedetta per scorgere l'arrivo degli invasori.
- Non ci sono più invasori.
- Sbagli figliolo. Da secoli non arrivano più dal mare. Nascono qui, parlano la mia e la tua lingua ma non mi vedono, non sanno più dirmi nulla.
- Cosa fai quando li vedi arrivare?
- Nulla possono più le mie armi. A nulla servirebbe il mio grido di allarme. Non ci sono più soldati che risponderebbero alla chiamata.
- Ma allora come sarà possibile fermare l'invasione?
- La loro stessa invasione basterebbe a fermarli. Le buste di rifiuti lungo le strade, gli oggetti gettati nelle campagne, la plastica ovunque. Tutto questo potrebbe bastare a sconfiggere l'orda.
- Sentinella, si fermeranno?
- Ho conosciuto i saraceni, li ho combattuti, sapevo prevedere quanto sarebbe durata una battaglia, quale sarebbe stato l'esito perché noi e i saraceni conoscevamo la differenza tra la vittoria e la sconfitta. I nuovi saraceni ignorano la differenza. Per loro c'è solo una vittoria ottusa per cui non sapranno riconoscere la sconfitta neanche se la vedranno.
- Tu da qui la vedi?
- Questo luogo è rifugio di serpi e fichidindia. Ai tuoi passi volano via i colombi che qui hanno il nido. Il nostro incontro non è che un alito di vento che soffia dal mare. Da qui si vede tutto.

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Poi ci sono loro, i santi sbiaditi in una diruta chiesa di una masseria in rovina che non sono testimoni del passato ma tristi profeti senza voce. Intorno hanno quello che resta degli antichi dèi che qui regnavano. 

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Il miracolo di oggi è la signora dei pasticciotti. Prenotati ieri sera, ritirati stamattina. Sul biglietto aveva scritto: 3 pasticciotti x Rosalba 🌹 

 

A palazzo Risolo di Specchia è in corso una personale di Annalisa Scarcia. Diverse le forme espressive, non tutte entusiasmanti. A mio avviso tra le più riuscite la fotografia, tra queste un fedele ritratto del Salento.

 

Doveva essere il palo a reggere il filo, invece... perdersi nella foresta di simboli è un gioco mortale.

 

Eppure mi tocca invidiare chi non vede la lebbra che consuma questa pietra, una lebbra che si porta dentro da quando era in mare, polvere intorno ai vermi che anche da morti avrebbero morso quel pane giallo di millenni (Cattedrale di Otranto).

 

Ci sono luoghi la cui potenza metaforica non consente parole di presentazione. A Patù cripta basiliana di Sant'Elia (XII-XIII secolo) all'ombra di uno stabilimento industriale ormai dismesso.

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Me ne andavo Soleto Soleto per le viuzze...

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La libertà è una cosa bellissima. Uno è persino libero di non capire un cazzo di agricoltura, alimentazione e spesa alimentare senza neanche essere ministro dell'agricoltura! #intelligenzaQIzero 


E il cielo si riversò nel mare perché era stanco di starsene solo lassù, le acque lo chiamavano con voce di sirena e scintille di luce liquida. Vieni, diceva il mare, il tempo di un abbraccio, poi il sole, geloso amante di entrambi, ci dividerà.

 

A Carpignano salentino si passa in pochi metri da una cripta bizantina del X secolo (cripta di Santa Cristina) a una cripta della civiltà dell'olio. Nella prima cripta ci sono affreschi datati fino al 959 e con testimonianze precedenti, alcuni esempi rari e unici nel bacino mediterraneo. Niente foto, imparate a godere con gli occhi, non tutto si può fotografare. Nella seconda cripta un trappitu, ovvero un frantoio ipogeo, dove una guida d'eccezione fa rivivere le fasi di lavorazione dell'olio che dal Salento partiva, tra le altre destinazioni, per alimentare le lucerne d'Europa e con un pensiero neanche troppo azzardato è facile pensare che alcune delle pagine immortali dell'illuminismo siano state scritte sotto la luce figlia dell'olio spremuto dalle bestemmie contadine della mia terra.

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A Serrano il custode del tempo se ne prende cura, il meccanismo è sempre quello dal 1881. Un grazie enorme a Lucia Russo per una giornata particolare di visite e momenti davvero speciali.

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Chi mangia le nostre resta soddisfatto e ne vorrebbe ancora, chi si sta ingozzando di quelle di Georgy & Salvy le vomiterà con gli interessi, salvo i morti di fame zeppi di soldi e quelli contenti di farsi raggirare.


 

Lo sa il cielo, meglio sarebbe lo sapessimo noi, quanta strada abbiamo da fare in Salento ma certamente il nostro modello non è quello di chi costruisce un divertimentificio attrezzato sulle coste per distrarre lo sguardo dei turisti dal mare.

 

E poi c'è lei, la perla barocca, dove il barocco si chiama così per provincialismo, per imitare quello che sta avvenendo o è già avvenuto a Roma. Non fosse per questa provinciale imitazione qui si sarebbe coniato un altro nome per quello stile nato dall'horror vacui, come scrisse Vittorio Bodini. Qui come in Sicilia orientale l'architettura barocca non è movimento, scenografia, spettacolo. Non solo. Qui è anche e soprattutto una invocazione, quasi una bestemmia: ehi tu, guarda cosa facciamo per te e tu cosa fai lassù? 

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Farsi prestare le parole dal mare non è gioco da ragazzi, tocca avere vene robuste per tenere insieme tutto quel vento che soffia dagli occhi. 


 

È davvero un peccato che la Terra sia piatta! Non fosse per il vento che spinge l'acqua a riva cadrebbe tutta dall'altra parte e il mare si svuoterebbe. 🥴

E non si pensi che si tratta di un miracolato. No, è uno che formando una famiglia tradizionale in relazione extraconiugale con il presidente del consiglio è "incorso in determinate problematiche" come quella di ritrovarsi opinionista senza gli strumenti per formulare opinioni. Del resto se eviti di ubriacarti di popolarità di riflesso eviti anche di considerarti un giornalista. 

 

Dulcis in fundo. E dopo questo che altro fare se non portarsi tutto negli occhi? Nella prima foto, sullo sfondo torre Ospina a Racale, poca distanza da dove sono nato e cresciuto, in primo piano un dolmen. Tra i tre lastroni laterali un menhir adagiato. Non posso escludere che i nonni dei miei nonni dei miei nonni... dei miei nonni... dei miei nonni abbiano toccato queste pietre. Farlo dà i brividi, si scende in un abisso di tempo e risalire non è facile. E poi non sono nemmeno così sicuro che prima ci sia una discesa e dopo una risalita, forse è il rovescio. Alle spalle del dolmen c'è il lastrone superiore, chissà quando è stato rimosso, chissà da chi e chissà perché è su quella lastra di ferro. Spero prima o poi non sparisca da qui per andare in qualche villa di campagna! 



 

Qualche suggerimento per Giambruni in fiore:
1. Se eviti di uscire di casa eviti anche che i ladri te la svaligino.
2. Se eviti di dare retta ai truffatori eviti anche di essere truffato.
3. Se eviti di votare sparaballe eviti anche che al governo ci vadano bugiardi incalliti.
4. Se eviti di guidare eviti anche di fare incidenti.
5. Se eviti di immergerti in mare eviti anche di annegare.
6. Se eviti di bere acqua eviti anche di pisciare.
6. Se eviti di .... eviti anche ...
Dai anche tu un suggerimento al Giambruno senza idee.


Tra le divinità più antiche della mitologia romana ci sono Abeona e Adeona, dee protettrici della partenza e del ritorno. Dei figli in particolare, da e verso la casa dei genitori. Da tempo le dee non ricevono più invocazioni. Solo il mare, con le sue onde, continua a rivolgere loro insistenti, costanti preghiere d'acqua. I figli del mare ascoltano a malincuore il canto, per non morire fanno finta che siano solo onde e vento.